Accettazione tacita: la denuncia di successione è inidonea a reppresentare la volontà di assumere la qualità di erede
Atteso che il caso trova incipit nell’azione monitoria promossa dal creditore procedente per l’adempimento dell’obbligazione già gravante sul de cuius, con il primo motivo di ricorso, il ricorrente lamentava che la Corte distrettuale non aveva tenuto in debita considerazione che sebbene il potenziale erede avesse rinunciato all'eredità in data 11 settembre 2003, tuttavia la successiva trascrizione della denuncia di successione, avvenuta in data 7 ottobre 2004, attestava l'avvenuta valutazione pro quota dell'immobile oggetto di successione facendo convergere, anche se tacitamente, verso un'accettazione della massa ereditaria.
La Suprema Corte, condividendo l'argomentazione giuridica esposta dalla Corte di Appello ne approvava l'operato e riportava uno stralcio significativo della pronuncia resa nella parte in cui recitava: "a fronte della rinuncia all'eredità di de cuius dell'11 settembre 2003 la trascrizione della denuncia della successione in data 7 ottobre 2004 non ha alcuna valenza contraria, trattandosi di mera trascrizione e non di diversa, e più pregnante ai fini dell'accettazione dell'eredità, richiesta di voltura". Sul punto, anch'esso disatteso dal Collegio giudicante, la difesa del creditore adducceva, in via del tutto presuntiva, che la voltura sarebbe emersa dalla medesima trascrizione della denuncia di successione, omettendo però di allegare necessaria prova documentale chiarificatrice del dove, del quando, del come e soprattutto del chi ne abbia fatto richiesta.
In tema di accettazione dell'eredità di cui agl'articoli 475 e seguenti codice civile, granitica giurisprudenza e dottrina, concordano nel ritenere che l'ipotesi di accettazione tacita di eredità si verifica quando la persona chiamata all’eredità compie un atto che implica, necessariamente, la volontà di accettare, e che tale soggetto non potrebbe compiere se non nella sua qualità di erede. Pertanto, sono indispensabili: la consapevolezza, da parte del chiamato, dell’esistenza di una delazione in suo favore; l'assunzione, da parte del chiamato, di un comportamento inequivoco, in cui si possa rintracciare sia l’elemento intenzionale di carattere soggettivo (c.d. animus), sia l’elemento oggettivo attinente all’atto, tale che solo chi si trovi nella qualità di erede avrebbe il diritto di compiere.
In forza di quanto detto, rigettando i motivi addotti da parte ricorrente, Cassazione Civile, con ordinanza del 19 febbraio 2019 numero 4843, fornendo un elenco, sebbene non esaustivo, di casi in cui è da escludersi l'accettazione tacita, ha statuito che: "ai fini dell’accettazione tacita dell’eredità, sono privi di rilevanza tutti quegli atti che, attese la loro natura e finalità, non sono idonei ad esprimere in modo certo l’intenzione univoca di assunzione della qualità di erede, quali la denuncia di successione, il pagamento delle relative imposte, la richiesta di registrazione del testamento e la sua trascrizione. Infatti, trattandosi di adempimenti di prevalente contenuto fiscale, caratterizzati da scopi conservativi, il giudice del merito, a cui compete il relativo accertamento, può legittimamente escludere, con riferimento ad essi, il proposito di accettare l’eredità; peraltro, siffatto accertamento non può limitarsi all’esecuzione di tali incombenze, ma deve estendersi al complessivo comportamento dell’erede potenziale ed all’eventuale possesso e gestione anche solo parziale dell’eredità".