Amarsi tra serenità e conflitto

Amarsi tra serenità e conflitto

San Valentino è considerato il patrono degli innamorati. La leggenda narra che, Valentino, Vescovo nell’antica Roma, per primo celebrò l’unione fra un legionario pagano e una giovane cristiana.Un’unione, evidentemente difficile ed, al tempo improbabile. Si dice che un giorno San Valentino sentì litigare due giovani fidanzati, mosso nel cuore, gli andò incontro per farli riconciliare e benedisse il loro amore che in seguito fu consacrato in un matrimonio felice.

Quando si seppe la storia, in molti decisero di andare in pellegrinaggio dal Vescovo per chiedere la sua potente benedizione, viatico della riconciliazione e di un amore prosperante.

Valentino morì il 14 febbraio, da allora la sua commemorazione in questa data e la celebrazione dell’amore condiviso.

Siamo all’incirca nel 270 D.C., insomma, più di qualche anno fa, e quello che mi fa sorridere è che, passa il tempo, si susseguono epoche diverse, antiche e lontane, ma il bisogno di amore, e la difficoltà a viverlo serenamente, restano sempre uguali.

Ieri una signora sulla mia pagina facebook mi chiedeva come mai fosse cosi difficile la condivisone e la comprensione reciproca. Questa richiesta mi ha fatto venir voglia di rispondere, scrivendo la mia riflessione, ma lasciando a ciascuno la possibilità di essere protagonista della risposta.

Ogni essere umano desidera amare ed essere amato e questo amore a cui ciascuno di noi aspira può essere contemporaneamente motivo sia di entusiasmo, che di profonda sofferenza, in base alla modalità con la quale ci rapportiamo ad esso e lo esperiamo nella nostra vita.

Anselm Grun nel suo “Cantico dell’amore”, parlando dell’amore, si riferisce ad esso considerandolo una “sorgente” interna a ciascun uomo, in grado di guarire ma allo stesso tempo di far ammalare.

La mia cara professoressa Grazia Attili, studiosa contemporanea dell’attaccamento, sostiene che esistano tanti modi di amare, tante maniere di esprimere l’attaccamento ad una persona specifica. Modi contorti, modi complicati, che possono persino creare disagio in chi è l’oggetto di questo affetto. Modi che producono dolore anzichè felicità in chi ama.

L’amore pertanto non sempre ottiene ciò che persegue.

Le motivazioni per cui questo accade, possono essere tante e molto diverse tra di loro, certo è che in buona parte dipendono dalle esigenze personali e dal proprio vissuto.

Nei bisogni ancestrali di ogni persona risiede quello di essere amato.

E’ la nostra storia personale, “l’imprinting” che riceviamo dai nostri genitori, che ci insegna sia il significato che le modalità dell’amore e non sempre, come ci spiega la teoria dell’attaccamento, queste sono modalità sane e funzionali, pertanto, al posto di vivere un amore sereno verso noi stessi ed il nostro partener, lo viviamo in maniera conflittuale ed altalenante.

Come si può risolvere questo problema che affligge molti, che rovina le relazioni e che non permette di sentirsi realizzati?

Come si può smettere di soffrire per amore?

La ricetta esatta purtroppo manca ancora e non so se mai ci sarà, tuttavia un percorso psicologico individuale, di conoscenza personale, o un percorso di coppia potrebbero rappresentare una valida possibilità di miglioramento e soluzione della conflittualità personali e condivise.

Da sempre si è cercato di spiegare e di comprendere al meglio il concetto dell’amore.

Ci hanno provato la filosofia, la teologia, la sociologia, la chimica e non da ultima la psicologia, arrivando a formulare valide teorie, scrivere parole bellissime ma dare solo risposte parziali.

Credo che questo dipenda dall’incapacità umana di contenere un mistero così ampio.

I miei studi, la mia esperienza personale e professionale, senza alcuna pretesa di esaustività, mi hanno portato a legare il concetto dell’amore ad una serie di azioni e aggettivi che in qualche modo ne facilitano la comprensione: condivisione, reciprocità, comprensione, disponibilità, accettazione, fiducia, sincerità, libertà, apertura al perdono di se stessi e dell’altro, altruismo, amor proprio, equilibrio, rinuncia e responsabilità.

In un articolo precedente ho parlato della “reciprocità” come perno della coppia, oggi invece non vorrei scrivere altro, e lasciare che ciascuno di voi si interroghi su quale senso dà, nella propria vita e all’interno della propria relazione, alle parole sopra elencate.

Vorrei che ciascuno si chiedesse, tenendo presenti le componenti elencate, quale manchi o debba essere potenziata nella propria coppia, quale di queste possa rappresentare la possibile soluzione per uscire da un momento difficile, quale tra queste possa essere la strada da seguire per ritrovare se stessi e la propria dimensione nella coppia, nonché la coppia stessa.

E vorrei che ciascuno, prima di interpellare l’altro, facesse da solo un momento di riflessone personale interrogandosi in prima persona per poi condividere con il partener e cercare di camminare insieme verso un’unica direzione.

Buona ricerca e buon cammino sulla via dell’amore.

 

Dottoressa Antonella Petrella, Psicologa e Psicoterapeuta

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