Approcci vecchi e nuovi, dal generale prussiano al mago di Oz, per classificare le persone con cui si interagisce

Approcci vecchi e nuovi, dal generale prussiano al mago di Oz, per classificare le persone con cui si interagisce

A distanza di poche ore ho letto su linkedin in merito alla personalità degli individui diversi post, apparentemente scorrelati, ma che invece possono essere utilmente ricondotti a un ragionamento complessivo.

Menziono per primo un post che lamenta i danni (e le fatiche per rimediare) derivanti dall'iperattivismo di colleghi incapaci (Non dò il link, mi dispiace non riesco a ritrovarlo). Lo slogan potrebbe essere Quello che sei e quello che posso ricavare da te con un approccio basato sulla "etica dei risultati" allo stato puro. Teorico di questo approccio non poteva essere che un generale prussiano giustamente evocato in un commento del post:

I limiti di questo approccio sono evidenti. Sottolineo due aspetti non scontati: a. il leader massimo deve essere compassato o addirittura pigro ("mai troppo zelo" è un monito diffuso ancor oggi in Germania) b. tra gli stupidi genera più rischi un superattivo (che va marcato stretto per evitare danni, ma se deve solo eseguire ciecamente può essere utile) che un pigro (quest'ultimo è zavorra che conviene di fatto emarginare ma difficilmente fa danni, perché sarebbe per lui troppa fatica).

Osservo che non è molto diverso un approccio ben più recente (1976) di Carlo M. Cipolla un classico che si trova agevolmente esposto in rete, per esempio qui.

Qui si correlano le conseguenze generate - per sé e per altri - con le caratteristiche individuali; si può dire che rispetto all'approccio precedente la sequenza è invertita: il generale partiva da un giudizio e assegnava un ruolo; Cipolla parte dalla ricognizione di quel che accade e conseguentemente esprime un giudizio sulle qualità del soggetto (in altre parole riconosce il ruolo, mentre il generale lo assegnava).

Il secondo post letto oggi riguarda Cosa gli altri e in particolare i bambini apprendono da quello che sei (e secondo me soprattutto da quello che fai); viene da Naim Joseph Salem che cita una frase di W. E. Du Bois (a cavallo tra '800 e '900).

In merito a questo post ho dialogato con un simpatico giovane professore cinese Assist. Prof. I-Shuo Chen, PhD confrontando le opinioni su come si definisca l'essere di una persona. 

Alla fine ci siamo messi d'accordo che aveva senso fare riferimento non a "quello che una persona è" (indefinibile), ma a "quello che gli altri ritengono la persona sia" (opinione soggettiva di altri che si alimenta con quello che la persona dice e quello che la persona fa).

Il messaggio della frase di Du Bois ha altri limiti: suppone che una persona sia una realtà statica da comunicare  (non è una realtà, tanto meno è statica e quanto alle modalità di comunicare ci sarebbe molto da dire).

Sempre oggi ho letto un altro interessante post di Valbona Prifti: di gran lunga il più condivisibile soprattutto tenendo conto che è datato (siamo al 1900 anno di pubblicazione del libro Il mago di Oz).

E allora Oz disse: è stato facile dare un cervello allo spaventapasseri, un cuore all'uomo di latta e coraggio al leone codardo, perché quello che credevano di non avere in realtà era già dentro di loro, io li ho solo aiutati a capirlo. Da "Il mago di Oz" di Frank Baum.

Emerge un contributo più "ricco" degli altri in quanto è presente una lettura dinamica delle caratteristiche distintive di una persona. Dinamica per effetto di interazioni oltre che dinamica nel tempo. Lo slogan potrebbe essere "Come puoi essere aiutato a crescere in quello che sei e in quello che ci si aspetta da te". Mi è sembrato però utile aggiungere qualche caveat.

Un commento finale: trovo veramente ambiguo per non dire di peggio. il messaggio che va tanto di moda "Sii te stesso". Allora vuol dire che siamo statici, che non possiamo evolvere interagendo con gli altri, che non dobbiamo avere un progetto per assumere capacità nuove, valori nuovi, prospettive nuove. O, riflessione ancora più anticonformista, si intende negare a ciascuno di noi la possibilità di scegliere fra i diversi sé stessi che potremmo essere. Secondo me sarebbe meglio suggerire "Progetta e realizza te stesso".

Daniele Rizzo

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6 anni

...bellissima riflessione... siamo animali sociali e, entro certi limiti, la aspettative che gli altri hanno su di noi possono arrivare a farci migliorare ben oltre i limiti che poniamo a noi stessi... la vera leadership positiva consiste in questo... (entro certi limiti e qui sta la cinica considerazione di von Hammerstein-Equord che, da militare, sa che le sue scelte si pagano col sangue)...

WALTER NARDINI

Senior Operations Consultant - Co-Founder presso SCOPE4.0

8 anni

"Allegro ma non troppo" ... la parte riguardante la stupidità umana è un must senza limiti temporali e geografici !!!

Alessandra Vegro Amistani

Produco Fondante Integrale®️un vino fatto su ricetta antica con uve del territorio asolano nella piccola antica Cantina di Guarda, presente a Montebelluna da più di 150 anni.

8 anni

in effetti scegliere di essere se stessi presuppone una presa di coscienza di cosa si e' stati e si e', credo. Analizzàdo questo non si puo' non riconoscere che e' l'interazione con le persone e le cose che fa di noi degli individui dinamici. Quindi quello che si e' diventa un'intézione. Figuriamoci il giudizio ipotetico di altri sul chi siamo e cosa facciamo. Per non dire sul come possiamo sembrare, fatto talvolta incontrollabile.

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