Argento vivo? Alle Olimpiadi meglio una faccia di bronzo!

Argento vivo? Alle Olimpiadi meglio una faccia di bronzo!

A Parigi 2024 sono in gara 10.500 atleti. Molti di loro sognano il gradino più alto del podio, una medaglia d'oro al collo e l'inno nazionale. Ma cosa succede se si scende di un solo gradino?

"Una medaglia è sempre una medaglia, però non è quella che volevo. C'è comunque tanta soddisfazione per aver lottato contro un fenomeno, ma anche un po' di rabbia"

Così Filippo Ganna commenta il suo secondo posto nella cronometro individuale di ciclismo su strada ai Giochi di Parigi 2024 vinta dal fuoriclasse belga Remco Evenepoel. Chi vince una medaglia d'argento ai Giochi olimpici è spesso infelice sul podio. Del resto si dice spesso che "il secondo arrivato è il primo dei perdenti". Troppo cinica come considerazione? No, come esseri umani siamo in competizione anche se le risorse del mondo abbondano. C'è il desiderio di prevalere nello sport, ma anche in altri ambiti della vita. Il motto "l'importante non è vincere ma partecipare" è il fondamento dell'olimpismo. Ma è proprio e ancora così?

Metalli di un certo peso. I vincitori delle gare nei Giochi olimpici dell'era antica ricevevano in dono una corona fatta con rami di ulivo. Nell'era moderna si riparte da Atene 1896, dove le medaglie sono solo per i primi due classificati (argento e bronzo). A Parigi 1900 ci sono coppe e coccarde anziché medaglie. Da Saint Louis 1904 si iniziano a premiare i primi tre classificati con medaglie d'oro, argento e bronzo. Da questa edizione si iniziano a contare le medaglie per ogni nazione e nasce il concetto di "medagliere", cioè la somma di tutti i metalli vinti da ogni paese.

Ipse dixit. Il motto attribuito a Pierre De Coubertin (1863-1937) è stato detto in realtà dal vescovo anglicano Ethelbert Talbot (1848-1928) in occasione dei Giochi di Londra del 1908. Il religioso disse: "I Giochi stessi sono più importanti della gara e sono il vero premio. San Paolo ci dice quanto sia insignificante il premio in sé, il nostro premio invece non è corruttibile e sebbene solo uno può cingersi della corona d'alloro, tutti possono provare la gioia di partecipare alla competizione. Pertanto, ogni incoraggiamento deve essere dato all'interesse gioioso, potrei anche dire salvifico, che deriva dagli sport partecipati, equi e puliti". Da questo sermone De Coubertin sintetizzò: "L'importante non è vincere, ma partecipare". La frase “second place is just the first loser” è del pilota automobilistico Dale Earnhardt (1951-2001), il più vincente della formula Nascar e noto con il nickname "The Intimidator".

"Chi vince festeggia, chi perde spiega". Questa frase è di Julio Velasco (1952), allenatore di pallavolo e ct delle Nazionali azzurre (maschile e femminile, con queste ultime è in gara a Parigi 2024) in varie occasioni. Dalla panchina ha battezzato la generazione dei Fenomeni che, tra il 1989 e il 2000, ha vinto 3 mondiali consecutivi e 4 europei oltre a vittorie in altre competizioni. Tra i tanti festeggiamenti c'è una medaglia d'argento ai Giochi di Atlanta 1996: da favorita la nazionale ha perso al tie-break contro l'Olanda. Sul podio sorrisi di circostanza e volti tirati. Quattro anni dopo, a Sydney, arriva un bronzo con facce più distese. Ma la medaglia d'oro si insegue ancora a Parigi.

Sorriso fake. Uno studio del 2021 dei professori Andrea Luangrath dell'Università dell'Iowa e William Hedgcock dell'Università del Minnesota ha analizzato le foto di 413 atleti olimpici di 67 paesi scattate sui podi tra il Sydney 2000 e Rio 2016. Ad ogni podio è stato incrociato il pronostico di Sports Illustrated sui favoriti per l'assegnazione delle medaglie. Le foto sono state analizzate da una IA per rilevare le espressioni facciali identificando le forme e le posizioni della bocca, degli occhi, delle sopracciglia, del naso e di altre parti del viso degli atleti che indicano un sorriso. Risultato? Anche se i secondi classificati avevano ottenuto risultati oggettivamente migliori dei terzi classificati, l'intelligenza artificiale ha scoperto che i vincitori della medaglia di bronzo, in media, sembravano più felici dei vincitori della medaglia d'argento. I ricercatori avvertono che questi risultati non riflettono le reali sensazioni provate dagli atleti dopo aver vinto il bronzo o l'argento, perché spesso i sorrisi possono essere falsi per le telecamere o per timore dell'ambiente circostante. Ma sono un'indicazione.

Buoni vs cattivi. Lo spot di Nike per le Olimpiadi di Parigi 2024 sbatte il "demone" in prima pagina. "Am I a bad person?": sono una cattiva persona, perché voglio vincere? La campagna accende i riflettori sulla tensione degli atleti verso la vittoria, il loro spirito competitivo, la grinta, la determinazione e il sacrificio con cui affrontano le gare per arrivare al top nel loro sport.

Punti di vista. I vincitori della medaglia d'argento spesso fanno un paragone verso l'alto: "Ho quasi vinto l'oro". E immaginano un risultato diverso con loro stessi sul gradino più alto. I vincitori della medaglia di bronzo invece fanno un paragone verso il basso: "Almeno ho vinto una medaglia o poteva andare peggio, potevo arrivare quarto". Per la psicologia abbiamo a che fare con un pensiero controfattuale. Cioè la tendenza a creare possibili alternative a eventi che si sono già verificati. Il pensiero controfattuale è "contrario ai fatti" e si verifica quando si riflette su come certi eventi sarebbero potuti andare diversamente. Chiaramente a svantaggio di chi è arrivato secondo rispetto al terzo.

Allora è un vizio. Uno studio del 1995 pubblicato sul Journal of Personality and Social Psychology, gli scienziati hanno studiato le reazioni emotive dei vincitori delle medaglie d’argento e di bronzo dei Giochi estivi del 1992 a Barcellona, sia immediatamente dopo la gara sia più tardi sul podio della premiazione. Hanno scoperto che i vincitori delle medaglie di bronzo sembravano in media molto più felici dei vincitori delle medaglie d’argento.

Prendi un bronzo e campa sereno. Uno studio del 2018 pubblicato sulla rivista Economics & Human Biology ha tracciato la longevità media degli atleti che hanno rappresentato gli Stati Uniti nelle Olimpiadi dal 1904 al 1935: chi ha vinto l’argento ha vissuto fino a 72 anni, chi l'oro è arrivato a 76 anni, chi ha vinto il bronzo è arrivato a 78 anni. La morale sembra semplice: ci vuole una faccia di bronzo per campare più a lungo.

Take it easy and... enjoy! Arthur C. Brooks (1964), giornalista e collaboratore del mensile The Atlantic, scrive nel suo articolo di un anno fa "The Triumph of Coming in Third" che è meglio vivere pensando come un vincitore della medaglia di bronzo: "La strategia di gareggiare per l’oro ogni giorno, per raggiungere la felicità, è alquanto sciocca e si passerà la maggior parte del tempo a sentirsi come la medaglia d’argento".

Tre suggerimenti per uno stile di vita felice da medaglia di bronzo: pensare localmente, non globalmente; non fare che la competizione sia “una volta nella vita”; fare a gara con se stessi invece che con gli altri. E così torniamo al motto "l'importante è partecipare". Ma è meglio non arrivare al secondo posto.



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