Cambiare, si può!

Cambiare, si può!

Tutto attorno a noi cambia e si muove, noi stessi non possiamo impedirci di muoverci (provate solo a stare realmente immobili per un minuto e ve ne accorgerete in prima persona) e di cambiare col tempo ed in base alle esperienze che attraversiamo; la natura stessa dell’uomo ci parla di evoluzione, adattamento, cambiamento.

Eppure l’idea di cambiamento ci mette a disagio, soprattutto l’idea di quei cambiamenti di cui più avremmo bisogno ad un dato momento della nostra vita, perché?

L’Analisi Transazionale lo spiega pressappoco così:

Tutto risale a molto tempo fa… Eravamo appena nati, dopo nove mesi di relativa tranquillità e di immediato soddisfacimento di ogni nostro bisogno, siamo stati catapultati in un mondo caotico, complicato, di cui non conoscevamo nulla… Su cui non sentivamo di aver alcun potere, alcun controllo… A dire il vero non sapevamo neppure di essere una parte separata di quel mondo, di essere noi stessi! Abbiamo iniziato a imparare, a dare un senso a questo marasma, e più cose riuscivamo a conoscere più si placava quel terribile senso di ansia dentro di noi; da qui la decisione (inconsapevole) di catalogare tutto ciò che ci circondava, di dividere tutto in caselline ben ordinate, ciascuna delle quali ci ha permesso di sentirci un po’ più sicuri e padroni del nostro destino. Abbiamo scritto il nostro copione di vita, la nostra guida al mondo (com’è e come si usa), ci siamo fatti un’idea di chi siamo, abbiamo acquisito sicurezza constatando che la nostra teoria funzionava. Mettere in discussione qualcosa, ipotizzare un cambiamento (di opinione, di ruolo, di stile di vita) equivale a rinunciare alla tranquillità che una di queste caselle ci offre, significa tornare ad ammettere di non sapere (cosa pensare, come fare, su cosa o chi contare) e questo ci riporta a quello stato d’incertezza da cui tanto ci siamo impegnati per fuggire. Ecco perché a volte abbiamo delle resistenze a lasciare situazioni che di fatto ci fanno soffrire: preferiamo un male noto ad un’alternativa che non conosciamo. Arriviamo addirittura a chiuderci gli occhi da soli pur di non vedere i motivi che ci spingerebbero a cambiare, a lasciare ciò che non fa più per noi e a cercare ciò di cui abbiamo bisogno per stare bene; probabilmente sentiamo di essere a disagio, che qualcosa non va; magari ci sentiamo insoddisfatti… ma fatichiamo ad andare oltre.

Come fare allora a superare questo scoglio, a vincere la resistenza al cambiamento?

Un primo passo può consistere nel partire pensando in positivo: non chiediamoci cosa c’è che non va, bensì di cosa abbiamo bisogno perché vada ancor meglio! Certo, magari dovremo fare anche dei tagli, ma non è detto che dobbiamo necessariamente partire da lì…

Una seconda accortezza sta nel non tentare di rivoluzionare tutto in un istante, ma nel pianificare il cambiamento che vogliamo ottenere (come nel progettare un viaggio) identificando sia gli obiettivi intermedi i quali (essendo più vicini) ci sembreranno più raggiungibili, sia le risorse che abbiamo a nostra disposizione (sapere su cosa si può contare dà sicurezza!).

Un terzo passaggio, quando avremo chiarito i nostri obiettivi, il nostro percorso e le nostre risorse, quando ci sentiremo più sicuri, sarà quello di mettere a fuoco cosa ci ostacola nel raggiungimento della nostra meta (idee, timori, persone, ruoli…); a questo punto dovremo forse alleggerirci di alcune zavorre, ma avremo raccolto abbastanza sicurezza in noi stessi e nel nostro progetto per riuscire a farlo!

E se tutto questo non basta, se sentiamo che l’impasse che ci blocca è troppo gravosa, minacciosa, angosciante per riuscire a seguire i passi sopra riportati e raggiungere da soli il nostro cambiamento possiamo sempre chiedere aiuto: chi vede una situazione dall’esterno la vede, gioco forza, da un punto di vista diverso e ce lo può offrire.

A chi possiamo chiedere aiuto? A seconda del tipo di cambiamento che vogliamo raggiungere possiamo rivolgerci a persone diverse, in alcuni casi basterà confrontarci con chi ci sta attorno, in altri sarà opportuno rivolgersi ad uno specialista, magari iniziando una psicoterapia.

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