CHE FARE QUANDO SI È IN BILICO TRA "VOLERE" E "NON RIUSCIRE"?
Questa è la storia di Luisa* e della sua difficoltà ad ottenere i risultati sperati.
Luisa è una donna molto ferita dalla vita. Si porta addosso tante cicatrici, un paio delle quali tendono a riaprirsi periodicamente, perché forse certe lesioni non si riparano mai del tutto. È una donna tutto nervo, che mette molto impegno in tutto ciò che fa e cerca costantemente l’approvazione di chi le sta intorno. Ha un bisogno disperato di sentirsi dire “Brava!”, ma pochi lo soddisfano.
Le persone a cui tiene di più la squalificano di continuo e le voci di chi la sostiene pesano meno, sono più flebili al suo sentire. Così, ha imparato a fare le cose di nascosto, a omettere fino a mentire, a essere furtiva, scaltra, diffidente, malpensante e ciò la fa risultare spesso antipatica e malvista. Il paradosso si compie: più lei cerca attenzione, affetto e approvazione, più ottiene disinteresse, fastidio, diniego.
Luisa è venuta da me chiedendo di essere aiutata nel suo lavoro, su alcuni aspetti organizzativi. Questioni pratiche, operative, procedurali. Voleva diventare molto brava, così forse qualcuno le avrebbe finalmente dato il riconoscimento che voleva. Abbiamo fatto tre o quattro incontri, molto pragmatici. In linea teorica avrebbero dovuto portare dei piccoli cambiamenti quasi immediati, invece ben presto ho realizzato che non stava accadendo nulla.
Com'era possibile questo immobilismo?
Quando glielo ho chiesto, ho scoperto che Luisa veniva da me di nascosto, senza aver condiviso la scelta con il suo socio e i suoi collaboratori, quindi quando rientrava in azienda non sapeva come proporre le nuove strategie individuate e concordate e finiva o con l’imporle in modo sgraziato (suscitando rifiuto) o con il non provarci nemmeno.
Nel nostro ultimo incontro le ho detto con molta chiarezza che così facendo non avrebbe mai ottenuto alcun risultato e che se non avesse cambiato modus operandi, mi sarebbe stato impossibile aiutarla. Con disperata rassegnazione mi ha confidato che lei ha sempre fatto così, tutto di nascosto, perché ogni volta che ha provato ad avere il coraggio delle proprie idee le hanno tarpato le ali.
Era evidente che Luisa aveva dei blocchi emotivi molto profondi e invalidanti e che serviva anche un diverso tipo di supporto. Così, da un po’ di mesi, stiamo lavorando in rete: prima ha iniziato il mio collega psicoterapeuta su aspetti personali e ora sto intervenendo di nuovo io sulle dinamiche professionali.
Luisa sta meglio, dice che “è tutta un’altra vita quella alla luce del sole” e sebbene la strada non sia ancora compiuta, le premesse sono molto incoraggianti.
*NB. il nome è di fantasia e alcuni dettagli dei fatti sono stati volutamente cambiati per renderli irriconoscibili.