Chi vuol esser Media Company?
Pochi giorni orsono, dalle colonne del Sole 24 Ore, il fondatore di Technogym Nerio Alessandri dichiarava che la sua azienda è entrata nella sua quarta era, quella di media company. Dopo la fase meccanica, cui è seguita quella elettronica, cui è seguita quella informatica- ha spiegato Alessandri - oggi la multinazionale di Cesena punta tutto su connettività e cloud. Come a dire, la stagione della vendita delle attrezzature è finita, oggi vendiamo esperienze, emozioni sotto forma di servizi interattivi on demand e ultra personalizzati. Una media company, appunto.
Una rivoluzione annunciata? Il caso di Technogym non è certo isolato. Nell’era della iperconnettività continua, del brand storytelling e dei Big Data le aziende si trovano davanti a nuove e inattese possibilità, quella di elaborare i flussi informativi in entrata per restituirli sotto forma di contenuti multimediali di qualità. Con quali benefici? Una profilazione utente quasi millimetrica, la diffusione di servizi che disegnano un lifestyle, un engagement costante ai limiti della creazione di dipendenza.
Se diventare media company è il sogno di molti, ciò richiede al tempo stesso una notevole quantità di energie e di business intelligence. Occorre cioè saper sviluppare una complessa offerta esperienziale tra servizi innovativi, contenuti e branding. Una sfida che investe anche le agenzie di comunicazione marketing e i produttori di contenuti.