A come Ascoltare
“L’incapacità dell’uomo di comunicare è il risultato della sua incapacità di ascoltare davvero ciò che gli viene detto” Carl Rogers
La scorsa settimana riaprendo un vecchio testo dell’università, mi sono imbattuta in questa frase di Carl Rogers, che all’epoca avevo vistosamente sottolineato con un pastello blu: se già allora mi aveva colpito, oggi rileggendola, mi spinge ad una riflessione sulle dinamiche all’interno delle organizzazioni, soprattutto in relazione alle competenze relazionali e alla capacità di dare e ricevere feedback: saper ascoltare e saper comunicare efficacemente sono tra le abilità che vengono più spesso date per scontate.
A livello di ascolto, soprattutto. Il nostro, sovente, è infatti un ascolto selettivo che si basa su convinzioni e pre-giudizi. È possibile ascoltare “davvero” quando innanzitutto si accetta la possibilità di non avere già compreso e pertanto ci si apre alla volontà di ricevere in maniera oggettiva tutte le informazioni contenute nel messaggio del proprio interlocutore. Quindi un ascolto che in psicologia viene definito “attivo” in quanto innesta un processo ricettivo che attiva appunto tutta la nostra attenzione.
Ascolto e feedback
Il concetto di ascolto è strettamente connesso a quello del feedback. Il feedback è tecnicamente un ritorno di informazioni teso all’individuazione oggettiva di un comportamento, per modificare o rinforzare il comportamento stesso. Nelle organizzazioni si chiedono e si danno in continuazione feedback. Ma quante volte le persone ascoltano e recepiscono veramente quello che gli viene detto? E quante volte il responsabile ascolta veramente le contro argomentazioni del collaboratore?
E ancora, quali sono le informazioni in campo? Forse la più importante è il valore che le persone coinvolte danno a quella informazione: quando una persona parla, crede che quello che sta dicendo abbia del valore, e vuole che venga riconosciuto ed ascoltato. Pertanto è fondamentale ascoltare senza fermarsi alle parole ma osservando il comportamento, le modalità utilizzate nell’esporre e le emozioni di chi abbiamo davanti.
Feedback e cambiamento
Parlavamo del valore del messaggio perché nessuno di noi apprende quello che non ha per sé un significato. Che non significa essere d’accordo, ma appunto comprenderne il valore. E questo succede soprattutto perché tutti abbiamo paura di cambiare e una delle principali motivazioni alla resistenza a comprendere, è proprio la paura del cambiamento: se veramente ascolto un'altra persona, potrei essere cambiato da quanto ho compreso e potrei dovere rielaborare la mia posizione.
Alcuni consigli o semplicemente riflessioni legate a parole chiave:
Tempo: Ascoltare necessita un investimento in tempo. Un bene sempre più prezioso ma che comunque ci appartiene. Il tempo dedicato è sinonimo di attenzione.
Attenzione: Se l’ascolto è attivo presuppone un interesse nell’altra persona per comprenderne gli stati emotivi e cognitivi.
Controllo: Sapere ascoltare esige esercitare controllo su se stessi, soprattutto per non intervenire (non interrompere) e implica la capacità di controllare anche il giudizio o l’interpretazione immediata.
Empatia: Ascoltare significa dirigere la propria intenzione verso l’altro, provare ad entrare e a capire il proprio sistema di riferimento. L’empatia è legata alla sospensione del giudizio e alla capacità di riportare la persona al centro della sua esperienza.
Autenticità: Essere spontanei e trasparenti nel dire ed esprimere solo ciò che corrisponde al proprio sentire. Questo dà all'altro la libertà di provare ed esprimere a sua volta il proprio punto di vista. Fare osservazioni, che è diverso dal dare interpretazioni. Oggettivare, descrivere il comportamento con esempi.
E infine la rielaborazione: chiudere il cerchio della comunicazione per verificare che siano passati i messaggi corretti da ambo le parti.
'Empathy is the listener's effort to hear the other person deeply, accurately, and non-judgmentally. Empathy involves skillful reflective listening that clarifies and amplifies the person’s own experiencing and meaning, without imposing the listener’s own material.'
Carl Rogers (1951)
Business Developer Manager | Finanza Agevolata | Bandi | International Grants | Innovation Investments
5 anniRiflessioni molto calzanti ed attuali. Temo che, però, sia difficilissimo insegnare alle persone che non ascoltano a farlo. Incontro costantemente persone che ascoltano i primi 30 secondi di quanto stai dicendo e poi è come se si disconnettessero. Manca completamente l'attenzione, l'ascolto attivo. Un'altra tendenza è questa: ascoltano aspettando il momento di poter iniziare loro a parlare. Purtroppo sono molti coloro che vogliono solo sfogare le proprie frustrazioni con monologhi-fiume. Non importa se non li stai davvero ascoltando.
Consulente Inutile • Negoziazione • Leadership • Self Management in Organizzazioni Complesse
5 anniParlare di ascolto è, effettivamente, piuttosto interessante. Spesso, infatti, ci si preoccupa principalmente di costruire le proprie argomentazioni, quando effettivamente una delle chiavi della buona comunicazione è proprio l'ascolto. Non mi trovo molto sul feedback così come lo descrivi, quasi fosse asincrono, ma perché mi rifaccio alla definizione di comunicazione di Watzlawick, che, in quanto comportamento che influenza, è sincrona. In pratica, mentre comunichiamo otteniamo costantemente feedback dal nostro interlocutore, che spesso ignoriamo (e questo crea un feedback per lui). Insomma, anche il "non ascoltare" è un atto comunicativo forte, che crea conseguenze altrettanto forti (chi non ascolta non viene ascoltato). Anche il concetto di "autenticità" non ha molto senso per me. Sempre Watzlawick, e quindi il costruttivismo, ci spiega che in ambito comunicativo il concetto di "verità" è relativo: ciascuno si comporta in funzione della propria verità. Un bugiardo dichiarato, come il sottoscritto, è banalmente a suo agio con la coesistenza di più verità, e sceglie ad hoc quale usare. E questa è, effettivamente, anche la chiave del buon ascolto: non innamorarsi della propria verità, ma scegliere quale "indossare" in una determinata occasione. In questo senso trovo che la scuola costruttivista sia una naturale evoluzione del lavoro di Rogers (da cui, effettivamente, attinge molto).
improvement consultant
5 anniUna qualità che viene perlopiù snobbata nel mondo HR. Quindi le fa onore proporlo qui partendo da Rogers, il cui messaggio è stato divulgato generalmente in modo molto superficiale. Per Rogers l'ascolto era la conseguenza di un presupposto fondamentale, ossia che nessuno può conoscere la sofferenza del cliente meglio del cliente stesso, quindi il counselor deve mettersi in ascolto del cliente per "imparare". Riguardo al giudizio, non si pretende di controllarlo ma di averne consapevolezza, per questo occorre prima un intenso training di ascolto verso se stessi per riconoscere il più possibile le proprie categorie mentali e pregiudizi con cui inevitabilente interpretiamo ciò che ascoltiamo dandogli un senso coerente con i nostri modelli. L'ascolto attivo è un ottimo esercizio per chi vuole imparare ad ascoltare, ma è solo un mezzo da oltrepassare per arrivare all'ascolto, senza altri aggettivi.
HR Director I Business Coach I AIDP Member I Advisory Board Member Osservatorio Smart Working | People Strategy I Digital & Innovation
5 anniGrazie Monica Magri per questo prezioso contributo! Credo anche io fortemente che questo sia un aspetto tanto delicato, quanto strategico. Mi permetto di integrare il tuo interessante articolo con due pensieri: l’ascolto trarrebbe davvero, come hai scritto, un grande vantaggio dall’osservazione. Essere in grado di “leggere” i segnali non verbali, ci aiuterebbe ad arricchire le informazioni a disposizione. Di fatto, con un’attenta osservazione, avremmo due orecchie in più. Inoltre, i suggerimenti che giustamente hai consigliato, credo abbiano molto, se non esclusivamente a che fare con le competenze legate all’intelligenza emotiva, ancora troppo poco esercitata e valorizzata nelle organizzazioni. L’ascolto è un’arte! Grazie!