Come creare un ponte con persone che non vogliono stabilire un contatto?
Come si fa a creare un ponte con persone che non vogliono stabilire un contatto, o che sono restie a parlare, oppure sospettose, sfiduciate, risentite? Bisogna avere un tocco particolare, pazienza e rivolgere domande-ponte mirate a stabilire un rapporto e a creare fiducia.
Occorre sapere:
Che cosa succede?
Che cosa pensa la persona?
C'è qualche problema?
Le persone hanno mille motivi per chiudersi. Magari nascondono qualcosa o si vergognano. O forse non si fidano dell'interlocutore per la posizione che occupa o per il rapporto che ha con loro. Possono essere ostili, addolorate o convinte che il mondo sia contro di loro. Oppure possono essere riservate per natura. O, ancora, possono avere cattive intenzioni.
Le domande-ponte si propongono di invitare le persone a parlare quando non sono disposte a farlo. Sollecitano informazioni, spigolano dettagli e sondano le intenzioni.
Immaginiamo il caso del direttore di un'agenzia assicurativa. Anna, una delle impiegate, va nel suo ufficio per la valutazione annuale del suo operato. Un paio di collaboratori si sono lamentati per le osservazioni dispregiative che Anna ha espresso alle spalle degli altri. Il direttore vuole che smetta, ma prima deve scoprire che cosa ha in mente, nel caso esistesse un problema più profondo. Anna è sul chi vive. Il direttore ricorda di aver visto un computer nuovo sulla sua scrivania.
"Come funziona il nuovo computer?", chiede il direttore.
"È veramente veloce", risponde Anna. "Non si incastra mai ed è aggiornato. Ce n'era proprio bisogno." Non è molto, ma almeno Anna ha parlato.
"Benissimo", dice il direttore. "Il touch screen non è male, vero?". Anna rilassa visibilmente le spalle che teneva curve, sulla difensiva. Non che sia felice di trovarsi con il direttore, il quale però è almeno riuscito a stabilire che il nuovo computer le piace.
Il direttore desidera portare Anna sull'argomento centrale della conversazione. Però deve essere cauto; non è ancora il momento di rivolgerle domande dirette. Meglio rimanere ancora un attimo sul computer.
"Che cosa ti ha convinta a comprarlo?"
Questa domanda è pensata per suscitare un tipo di risposta differente. Richiede una spiegazione e delle motivazioni. Invita a raccontare.
Il cervello umano è fatto per i racconti: tramite i racconti impariamo e ricordiamo, ci rapportiamo con gli altri, tramandiamo la nostra esperienza e la nostra storia.
Il direttore chiede: "Lo comprano in tanti? È di moda?"
Poi ascolta con la massima attenzione per cogliere degli "agganci" utili a dirigere la conversazione con Anna sul "racconto" che vuole sentire.
Lei risponde che sì, molta gente sceglie quel modello. Si è informata parecchio prima di sceglierlo. È il suo modo di lavorare, preciso e diligente.
"Lo adopero come si deve", dice. "È per questo che lavoro meglio. Meglio di Paolo, su in contabilità, che ha l'altro modello."
Anna ora sta "differenziando" se stessa. Paragonandosi a Paolo comunica un segnale che va colto e che è un buon aggancio per spostare la conversazione sull'oggetto dell'incontro.
"Veramente?... E come va la collaborazione con Paolo?", chiede il direttore.
Anna racconta del modo in cui il suo collega si è occupato di una certa situazione, del coinvolgimento di altri e di ciò che è accaduto. Narrando la sua storia fornisce altri agganci, altre occasioni per rivolgerle domande.
Per cogliere gli agganci occorre ascoltare attentamente in modo da poter elaborare le domande successive, utili per far procedere il racconto e sollecitare i dettagli. Un segnale di rabbia o un'espressione di risentimento sono possibili agganci, da utilizzare per orientare la conversazione. Questo significa porre domande in modo strategico. La qualità delle risposte dipende dalla qualità delle domande.
Elaborato dal testo di Frank Sesno, Il potere delle domande, Tecniche Nuove, pp 73-83 Foto: Eflon, Creative Commons CCC