COP27: Alla fine, cosa è stato deciso?
Fonti: sphera.com; bbc news; climate partner report

COP27: Alla fine, cosa è stato deciso?

Per chi non se lo fosse ancora chiesto, la sigla COP sta per “United Nations Climate Change Conference of the Parties”, in breve Conference of the Parties, e si riferisce agli incontri che si tengono ogni anno per fare in modo che i governi di tutto il mondo accordino soluzioni per limitare il cambiamento climatico, nello specifico l’aumento delle temperature. Vi partecipano tutti i Paesi che nel 1992 hanno firmato il primo accordo sul clima a Rio. 

Quest’anno siamo alla 27^ conferenza, conclusa il 20 novembre scorso a Sharm El-Sheikh in Egitto. Ma prima di arrivare alle conclusioni della COP 27 facciamo un attimo il punto: il pianeta si sta surriscaldando a causa delle emissioni prodotte dall’uomo, soprattutto dalla combustione di sostanze fossili come il petrolio, il gas e il carbone. Le temperature sulla Terra sono già aumentate di 1.1° e si stanno avvicinando velocemente a 1.5° (secondo quanto rilevato dagli scienziati sul clima delle nazioni unite (IPCC – Intergovernmental Panel on Climate Change). Se le temperature superano i 1.7°-1.8° rispetto ai livelli del 1850, il IPCC stima che circa metà della popolazione mondiale potrebbe essere esposta a una minaccia per la propria vita a causa di temperature e umidità incompatibili con la vita. 

Per evitare questo, 194 Paesi al mondo firmarono nel 2015 l’Accordo di Parigi, impegnandosi a fare ogni sforzo possibile per limitare l’aumento della temperatura sopra i 1.5°. Fa pensare che ad oggi, nella migliore delle ipotesi l’aumento può essere contenuto a 1.8°, ma se tutti continuano a vivere ed a emettere come facciamo oggi, le temperature entro la fine del secolo aumenteranno a +2.6 – 2.9° rendendo il pianeta inabitabile. 

Quest'anno a Sharm El-Sheikh erano presenti: 198 governi, oltre a associazioni impegnate sul clima, ONG, attivisti, indigeni, aziende e gruppi di fedeli. 

L’agenda discussa riguarda i seguenti temi: 

  • ridurre le emissioni
  • aiutare i Paesi a prepararsi e a gestire la crisi climatica 
  • assicurare supporto tecnico e sovvenzioni ai Paesi in via di sviluppo coinvolti nella crisi crimatica 

Oltre a riprendere alcuni temi non risolti o comunque non trattati in maniera esaustiva alla COP26: 

  • Fondo “Loss and damage”: soldi destinati ad aiutare i Paesi che hanno già subito gli effetti del cambiamento climatico, piuttosto che finanziare la preparazione al cambiamento*
  • Stabilire un mercato globale del carbonio: dare un prezzo agli effetti delle emissioni nei prodotti e nei servizi su scala globale
  • Rafforzare gli impegni a ridurre l’uso del carbone

*Il tema dei finanziamenti è da tempo un nodo cruciale nei dibattiti sul clima. Nel 2009 i Paesi sviluppati si impegnarono a dare $100 billioni/anno entro il 2020 ai Paesi in via di sviluppo per aiutarli a ridurre le emissioni e a prepararsi per il cambiamento climatico, ma l’obiettivo non fu raggiunto e la questione rimandata al 2023.  


Alla fine dei lavori, è possibile riassumere i risultati della COP27 in questi punti: 

Si è deciso che è indispensabile restare uniti e fare di tutto per contenere il riscaldamento globale al di sotto dei 2° e lavorare sodo per tenere viva la possibilità di non superare gli 1.8°. 

Le misure sono soprattutto rivolte alle energie rinnovabili. Inoltre, 24 Paesi hanno sottoscritto nuovi obiettivi di riduzione delle emissioni e sono stati firmati gli NDC (Nationally determined contributions) ovvero gli impegni economici che gli Stati si prendono per riprendere il percorso stilato per il contenimento dell’aumento delle temperature di 1.5°.


--> Tutti gli stati devono impegnarsi verso gli obiettivi prioritari già evidenziati e assicurare impegno e volontà a livello politico per fare in modo che le comunità più vulnerabili siano supportate e che siano attivate politiche e pratiche di resilienza attiva.  Si stima che entro il 2030 ben 4 miliardi di persone dovranno modificare il loro modo di vivere a causa del cambiamento climatico. Le attività di supporto riguarderanno quindi l’agricoltura, la bonifica, la preservazione della flora naturale, ecc.


--> I governi, la società civile e il settore privato devono collaborare per modificare il modo in cui tutti noi interagiamo con il Pianeta. È necessario introdurre nuove soluzioni e innovazioni per gestire e alleviare i cambiamenti dovuti al clima.  Ad esempio, la più nota piattaforma globale di divulgazione ambientale per le aziende, la CDP, ha deciso di utilizzare lo standard IFRS S2 per la rendicontazione in modo da richiedere a tutte le imprese che utilizzano la piattaforma di rendere pubblica la loro esposizione ai rischi legati al clima, inclusi i rischi fisici e i rischi di transizione. 

La rendicontazione non finanziaria diventa quindi sempre più importante, come anticipato già dal Parlamento Europeo che ha imposto l’obbligo di redigere il Bilancio di Sostenibilità alle grandi aziende a partire dal 2023. 

L’americana EPA (enviromental protection agency) ha annunciato l’impegno ad attuare una serie di controlli ed efficientamenti nella catena di estrazione del gas naturale e del petrolio tale da riuscire a ridurre le emissioni di metano dell’87% rispetto ai livelli del 2005 nelle fonti che copre, aumentando di conseguenza anche la quantità di gas metano a disposizione per il riscaldamento. Si stima infatti che dal 2023 al 2035 sarà recuperata una quantità di gas naturale tale da poter riscaldare circa 3,5 milioni di case.

L’ISO (organizzazione Internazionale per la standardizzazione) ha introdotto alla COP27 le sue nuove linee guida per ottenere la qualifica di Net Zero, cercando di dare uniformità a una regolamentazione attuale molto frammentata. Oltre a definire i termini chiave relativi all’azione per il clima, ai gas effetto serra (GHG) e alla mitigazione delle emissioni di gas serra, le linee guida includono 10 principi progettati per creare una base comune a cui ispirarsi per il raggiungimento di emissioni nette pari a zero (includono ad esempio: l'urgenza, la definizione delle priorità, la credibilità, la giustizia, l'equità, ecc.). Le linee guida offrono pertanto dei suggerimenti su come poter agire nel rispetto dei principi di base e sono state sviluppate in accordo con gli obiettivi della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) e del gruppo di esperti sugli impegni netti a zero emissioni delle entità non statali.

--> Sono stati fatti passi avanti in merito ai fondi e ai finanziamenti dedicati a tutte le questioni inerenti il cambiamento climatico. 

In particolare, è stato firmato un accordo per istituire un fondo “Loss and damage” (perdite e danni) per i Paesi più vulnerabili e che subiscono in misura più violenta le conseguenze del cambiamento climatico. 

Si può quindi dire che la COP27 abbia mostrato dei progressi, ma ancora non sufficienti e soprattutto incompleti, pensando che una verifica sulla decarbonizzazione degli Stati non è avvenuta, così come una pianificazione dell’abbandono dei combustibili fossili non è nemmeno stata menzionata nel testo finale, dove il problema energetico è stato affrontato molto sommariamente. 

Ma se i Governi sembrano ancora remare verso la giusta direzione con una mano bloccata dietro alla schiena, il settore privato delle aziende sembra aver recepito con maggior vigore il dramma che si sta palesando nel prossimo futuro e proprio per questo stanno attivando meccanismo di misurazione, rendicontazione e riduzione per dare ognuno il proprio contributo verso una limitazione dell'innalzamento delle temperature. I numero non mentiscono mai e infatti fa pensare il resoconto del rapporto di "Swiss Re", un fornitore di assicurazioni e altre forme di trasferimento del rischio basato sull'assicurazione, in cui si dichiara come il cambiamento climatico rappresenta la più grande minaccia a lungo termine per l'economia globale. Swiss Re ha calcolato che se entro il 2050 gli obiettivi climatici di riduzione delle emissioni di gas serra (net-zero, o emissioni il più vicino possibile allo zero) non vengono raggiunti, il mondo rischia di perdere 23 trilioni di dollari di produzione economica globale.

Gli eventi meteorologici estremi si intensificano con l'aumentare delle temperature globali, causando conseguenze sempre più disastrose e implicando costi di recupero sempre più alti. L'ente di beneficenza britannico “Christian Aid” ha rilevato che i 10 eventi meteorologici più distruttivi nel 2021 sono costati complessivamente 170 miliardi di dollari di danni.

Swiss Re stima inoltre, che attorno al 2050 le perdite economiche derivanti dal cambiamento climatico saranno aggravate da un rallentamento del PIL soprattutto in riferimento alle regioni più vulnerabili.

Come ribadito alla COP27, non è ancora troppo tardi, ma è necessario agire subito e con convinzione. In un rapporto sull'impatto economico della mitigazione dei cambiamenti climatici, “Deloitte” ha rilevato che il raggiungimento degli obiettivi climatici potrebbe aumentare le dimensioni dell'economia mondiale di 43 trilioni di dollari entro il 2070.

Le aziende possono e devono essere una forza per un cambiamento positivo nella transizione verso la nuova net-zero economy. Misurare e porre degli obiettivi di riduzioni è il modo migliore per iniziare a gestire le proprie emissioni e intraprendere un percorso di decarbonizzazione. Gli strumenti ci sono già, e come i numeri hanno dimostrato non ha senso parlare di "costi" verso la riduzione, perchè il prezzo più grande, oltre il danno economico, è la sopravvivenza stessa dell'uomo su questo pianeta. o comunque una sua esistenza libera da drammi e da eventi catastrofici.

Julia Faccin

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