DEI in TECH: ma il tuo tech è davvero sostenibile?
Che vuol dire sostenibilità nel mondo TECH
Siamo d'accordo che per avere successo oggi non basta fatturare 3 volte di più dell'anno precedente e far mangiare polvere alla concorrenza. Il successo nel business non solo oggi, ma da sempre, è legato a 'quanto' (e più recentemente anche a 'come') continui nel tempo, sei longevo, ovvero sostenibile.
Mai come in questo momento storico, l’integrazione degli aspetti di Diversità, Equità e Inclusione (DEI) nelle strategie aziendali si è dimostrata così vantaggiosa. Oggi è fondamentale per le aziende che navigano nelle complessità dei mercati globali per promuovere progressi creativi, adattabili e resilienti.
Con l’architettura organizzativa affronto quotidianamente questi temi e ci sono dei punti ricorrenti sui quali vi propongo di riflettere insieme. La loro soluzione richiede velocità e adattabilità. Vedo negli ultimi 5-6 anni che le dimensioni DEI nel settore tecnologico si sono evolute da ‘aspirazioni’, ‘effetti desiderabili’ o ‘valore aggiunto’, a veri pilastri - essenziali per promuovere l’innovazione e il vantaggio competitivo.
Tuttavia, avviare il percorso verso un ambiente tecnologico veramente inclusivo presenta una serie di sfide uniche. Richiede un approccio strategico e articolato per incorporare profondamente il DEI nella frenetica cultura tecnologica e garantire eque opportunità per chiunque.
Tenendo presenti queste considerazioni, mi chiederai: come possiamo migliorare la nostra cultura inclusiva per guidare l’innovazione tecnologica e la competitività sul mercato?
Proviamo a rispondere a questa domanda insieme, esplorando le sfide critiche del DEI nel settore tecnologico e delineando soluzioni strategiche basate sui dati. Perché tutto ciò che non si basa sui dati resta sempre solo un’opinione.
Cos'è il DEI nel mondo TECH?
La costruzione di ambienti tecnologici vivaci, innovativi e resilienti esige una alta dose di
le quali rappresentano elementi strategici e spingono le aziende tecnologiche lungimiranti verso una maggiore innovazione, adattabilità e rilevanza per il mercato.
La diversità abbraccia lo spettro delle identità umane, tra cui razza, genere, età e oltre, arricchendo il settore tecnologico con una moltitudine di prospettive e idee. L’equità mira a livellare le condizioni di gioco, garantendo a chiunque l’accesso alle stesse opportunità, rettificando così gli squilibri e le ingiustizie storiche. L'inclusione promuove una cultura in cui ogni persona si sente apprezzata, rispettata e pienamente autorizzata a contribuire con il proprio migliore lavoro.
Nonostante la rapida evoluzione del settore tecnologico, esso è stato criticato per la sua omogeneità: una base ruoli tecnica a salire, passando dai ruoli gestionali, fino ai ruoli decisionali - scarsa varianza, poca tolleranza, bassa integrazione.
Seppur lentamente, la situazione sta cambiando, alimentata da insight basati sui dati, dalle nuove imposizioni di legge e dagli innegabili vantaggi aziendali di una forza lavoro diversificata (per chi ha avuto la lungimiranza di analizzarli e di promuoverli).
Lo stato attuale del DEI nel TECH
Il settore tecnologico, per garantire una continuativa innovazione, deve affrontare sfide significative nell’incorporare la diversità, l’equità e l’inclusione (DEI) nelle sue operazioni principali - a partire dalla definizione degli obiettivi.
Nonostante l’elevata posta in gioco del DEI per l’innovazione e la competitività del mercato, la leadership nel settore tecnologico incontra una serie di vincoli che ostacolano un’implementazione efficace:
1) Complessità nella gestione del DEI con strumenti inadeguati:
Seppur profondamente consapevole della necessità di un approccio strutturato al DEI, la leadership si trova vincolata da strumenti inadeguati per le molteplici esigenze del DEI.
Il settore è alle prese con piattaforme che offrono un’interattività minima, mancano di esperienza in tempo reale e dati sul coinvolgimento - non riuscendo a fornire informazioni approfondite, analizzate con gli adeguati criteri e utilizzabili.
Le aziende TECH che navigano nel DEI hanno quindi delle mappe obsolete: la destinazione spesso è segnata bene, ma sono prive di un chiaro percorso da seguire.
2) Sfide nella quantificazione degli sforzi del DEI:
È difficile misurare il ROI delle iniziative del DEI in termini sia finanziari che sociali.
L’assenza di KPI ben strutturati sull’impatto sociale positivo e di dati chiari e quantificabili complica la giustificazione di investimenti continui o maggiori nel DEI, rendendo difficile la costruzione di un business case convincente e misurabile in termini di output.
3) Personalizzazione e frequenza delle indagini sui dati di coinvolgimento:
Gli attuali strumenti di indagine sul coinvolgimento nelle azioni DEI sono troppo rigidi per soddisfare la cultura e le esigenze specifiche delle organizzazioni.
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L’incapacità di personalizzare i monitoraggi e di condurli con la frequenza desiderata ostacola la raccolta di informazioni tempestive e pertinenti, cruciali per monitorare il sentiment e il coinvolgimento delle persone in organizzazione.
4) Inefficienze generali e mancanza di insight:
Esiste un’ampia frustrazione sia da chi ne fruisce che da chi prende le decisioni e finanzia, per l’inefficienza degli sforzi sugli aspetti DEI, esacerbata dalla mancanza di dati approfonditi.
I metodi e gli strumenti esistenti sono ritenuti inadeguati, lasciando la leadership incerta su dove concentrare i propri sforzi per promuovere un progresso reale nella creazione di luoghi di lavoro inclusivi ed equi, progettare servizi e prodotti, conquistare investimenti e clientela.
5) Ostacoli all'implementazione e all'integrazione:
Le preoccupazioni circa la facilità di integrazione delle nuove soluzioni tecnologiche DEI con i sistemi esistenti e il processo di implementazione pongono sfide significative.
I potenziali problemi logistici e l’aumento del carico di lavoro scoraggiano l’adozione di nuove soluzioni, aggravati dalla mancanza di informazioni trasparenti sul processo di implementazione. Non è vero che aumenta il costo, ma aumenta invece la complessità della progettazione/adozione: a pari soldi si impegna di più i cervello e il change management.
6) Cultura di appartenenza e di competenze interculturali:
Promuovere una cultura dell’appartenenza e sviluppare competenze interculturali rappresenta una profonda trasformazione che richiede competenze forti sul change management.
Andare oltre le misure superficiali per influenzare un cambiamento reale, coinvolgere ogni persona in azienda negli sforzi del DEI e incorporare il DEI nel DNA dell’organizzazione rimane un ostacolo sostanziale.
I più grandi malintesi nell’adozione di iniziative DEI nel Tech
Ad aggravare questi problemi ci sono diverse idee sbagliate sul DEI nel settore tecnologico:
a) Il DEI è spesso visto semplicemente come uno sforzo di conformità laterale a quello finanziario, un valore ottenuto di riflesso o un vantaggio aggiuntivo piuttosto che come un obiettivo strategico.
b) Persiste la convinzione diffusa che approcci standard siano sufficienti negli sforzi del DEI - ma nello stesso modo in cui un approccio standard economico-finanziario al business deve essere personalizzato rispetto all’azienda, anche l’approccio standard DEI deve guardare alle specificità del contesto interno ed esterno per realizzare la missione dell’organizzazione.
Alla stregua degli scandali ambientali che nelle ultime decadi hanno forzato leggi e sanzioni, le banche e i finanziatori valutano bene se investire i propri soldi in un’azienda che rischia cause per discriminazione oppure danneggia le condizioni sociali del contesto sfruttando o impoverendo la società - quindi personalizzare la strategia è sempre la cosa migliore.
c) Misurare il successo delle iniziative DEI è spesso erroneamente considerato troppo impegnativo. Si continua a progettare e implementare iniziative DEI basate su sensazioni e opinioni (non su dati concreti) e questo finisce per vanificare gli sforzi implementativi, rafforzando la percezione che la leadership ha della ‘poca concretezza’ dei risultati DEI.
d) C’è un malinteso ereditato dal passato secondo cui le azioni DEI sono esclusivamente di responsabilità dei dipartimenti legati alle risorse umane. E in realtà la strategia e gli obbiettivi a monte dovrebbero essere stabiliti dal dipartimento strategico-finanziario che deve leggere ormai la sostenibilità come componente produttiva e di creazione di ricchezza, non più solo come ‘aspetti di benessere delle persone’.
e) I sondaggi fatti alle persone in organizzazione sono sottovalutati e spesso ritenuti inefficaci nel DEI. Continuano ad essere proposte ricerche sul ‘gradimento’ (copiate dal modelli di ricerche del marketing) invece che indagini strutturate per misurare il reale impatto delle azioni DEI. Le persone riconoscono questo schema e logicamente considerano la misurazione DEI non autorevole, accurata, affidabile come dovrebbe essere.
f) Le certificazioni esterne in ambito DEI sono talvolta viste come riconoscimenti superficiali senza valore sostanziale. Anche qui le aziende ancora non hanno compreso che vanno applicate le stesse modalità di valutazione dell’impatto del mondo economico-finanziario, e le certificazioni DEI ahinoi stanno seguendo la stessa strada di quelle della Qualità che dagli anni 80 ancora sono viste come una ‘tassa da pagare’ che non aggiunge vero valore al business. Chi ha lavorato in qualità come me sa di cosa parlo... queste dinamiche si riconoscono da lontano.
g) L’idea che gli sforzi del DEI possano essere gestiti senza supporto specialistico, sia da competenze interne che esterne, sottostima le complessità di un’efficace attuazione del DEI. L’idea che sia ‘semplice e facile’ è che chiunque lo possa fare di per sè toglie autorevolezza all’argomento e di nuovo si alimenta il ciclo “lo può fare chiunque, lo fa male, non lo sa misurare e rappresentare come valore di richieda e la leadership continua a percepirlo come una spesa senza ritorno”. Chi affiderebbe mai le proprie iniziative economico-finanziarie alla prima persona che passa?
Cambiare lo sguardo, l'intenzione e l'azione
Tutte queste idee, figlie di una cultura poco evoluta e retrograda, creano un panorama in cui la leadership tecnologica deve navigare con attenzione. Un DEI efficace nel TECH richiede non solo l’adozione di nuovi strumenti e strategie, ma un cambiamento fondamentale nella comprensione del valore e dell’attuazione dei principi del DEI.
Mentre andiamo avanti, la leadership deve riconoscere il DEI come una componente fondamentale della loro visione strategica, perché è ormai uno dei fattori produttivi del business - la progettazione di prodotti e servizi nuovi per un mercato che richiede tali caratteristiche e per stakeholder e shareholder sempre più attento ai rischi di impresa.
Questa componente di ricchezza per l’azienda necessita di approcci completi, personalizzati e approfonditi per sfruttare veramente i vantaggi di una forza lavoro diversificata, equa e inclusiva. Di fronte a questo scenario nudo e crudo, cosa faresti di concreto e misurabile per sfruttare al meglio l'enorme risorsa della Diversità nella tua azienda TECH?