Diceva Ulisse a Dante, chi m’o ffafà? La strana idea che c’ho di libertà!

Diceva Ulisse a Dante, chi m’o ffafà? La strana idea che c’ho di libertà!

A 700 anni dalla morte, la figura di Dante resta un mito, si continua a pensarlo come un animo nobile ed esiliato, vestito di rosso con il suo naso importante. Io l’ho sempre creduto come un osservatore moderno, come colui che ha saputo cristallizzare la condizione umana in tutte le sue “facce laterali”

E per questo, il suo capolavoro: la Divina Commedia, continua a parlarmi dimostrando la sua attualità, la sua narrazione contemporanea., cosi come i suoi personaggi ed il loro trasmettere significato moderno.

Il canto XXVI dell’Inferno è quello che potrebbe rimandare il moderno vivere in maniera quasi profetica, attraverso il personaggio di Ulisse.

Nella visione classica Ulisse era celebrato come l’eroe paziente, capace di sopportare le prove e realizzare i suoi obiettivi, o meglio il suo obiettivo, vale a dire rientrare in patria.

Ulisse era l’eroe della nostalgia, non della conoscenza.

Ma Dante leggeva Cicerone, ne era fortemente appassionato, ed il filosofo in un suo breve passo si apre ad una riflessione: se Ulisse ha preferito le sirene alla patria, è perché promettevano conoscenza.

Senza dubbio questa immagine suggerì a Dante l’idea di un viaggio mosso dal desiderio di conoscere, e lo sottolinea con forza, proprio nel Canto XXVI dell’Inferno dove Ulisse brucia proprio dall’ardore di conoscere:

l’ardore/ ch’io ebbi a divenir del mondo esperto/ e delli vizi umani e del valore

Ma perché il desiderio di conoscere è così importante?

Noi siamo esseri razionali ed è quando usiamo la nostra ragione e la nostra intelligenza che realizziamo davvero la nostra natura. Noi siamo veramente noi stessi quando pensiamo, quando conosciamo. Quando cerchiamo di capire il senso della nostra esistenza e di ciò che ci circonda. E questo Dante lo concentra nei tre versi immortali:

Fatti non foste a viver come bruti,/ ma per seguir virtute e conoscenza

C’è però un dettaglio di cui si dovrebbe, forse, tener conto.

Il desiderio di conoscenza dell’Ulisse Dantesco era così intenso, che lo portò a trascurare la patria, il suo obiettivo. Non poteva che essere così, però: il desiderio di conoscenza è un desiderio totalizzante e non sempre è compatibile con le promesse morali.

 Mi domando, cosa c’è di più moderno di questo in quel che stiamo vivendo?

Abbiamo iniziano un viaggio allontanandoci dalle nostre certezze dalla nostra “casa culturale”, dal nostro vissuto morale fatto di legami e solide certezze e non desideriamo altro che tornare a quel che era il nostro punto di partenza. Ma allo stesso tempo ci troviamo a seguire proprio la nostra natura andando verso quelle conoscenze che stiamo acquisendo nelle nuove modalità, le “Sirene” di un nuovo futuro ci stanno richiamando.

Cosa può renderci liberi da questa nostalgia del ritorno se non la conoscenza, senza legarci al "nostro albero maestro", rendendoci sordi ai richiami di un cambiamento necessario.

Torneremo alle nostre promesse morali, ci torneremo ma cambiati, più abili e preparati, ora stiamo esaudendo quel desiderio di conoscere con una forza che non credevamo di possedere.

Dante ci ha restituito un Ulisse moderno, uomo che si è trovato a dover uscire dal suo mondo per andare incontro a nuovi mondi.

Una strana idea di libertà: che è il calmo dominio di se stessi verso la conoscenza, superando la nostalgia.

 

 

 

 

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