Diritti & Doveri del leader. Da che parte pende il piatto della bilancia?
Ciao da Gianni Simonato, Business Mentor. Risolvere problemi aziendali per Amministratori Delegati e Direttori Generali è la mia missione. Eccoci a questa nuova puntata dedicata a diritti e doveri del leader. Da che parte pende il piatto della bilancia?
Giorni fa ero a pranzo con un imprenditore col quale lavoro da anni, un rapporto consolidato cresciuto nel tempo condividendo valori comuni. Solito piatto di pasta col profumo di basilico, un momento per fare due chiacchiere fuori dalla fabbrica. Cordiale dialogo su questi strani tempi, tra restrizioni personali e incredibile sviluppo del business. Tra aumenti delle materie prime, ripresa dell’inflazione e personale di fabbrica che non si trova. Abbiamo parlato del fine anno, fatidica domanda: con quanto usciamo quest’anno? Di solito intendiamo fatturato e margine, decisamente numeri importanti per questo 2021. Alla prima forchettata mi spara una domanda su un altro tipo di bilancio: quello dei diritti e doveri del leader. “Non credi siano sbilanciati”, mi chiede. “Troppi doveri e pochi diritti.”
I Leader hanno un sacco di doveri. Chi è a capo di una azienda sa bene cosa intendo. Doveri verso la società, verso il proprio personale, verso i clienti. Doveri fiscali, doveri ambientali, doveri sindacali. Stare al vertice comporta parecchie responsabilità, talvolta anche di natura penale. “Lo fai se hai una alta propensione al rischio o una grandissima incoscienza” mi dice l’amico imprenditore a pranzo.
L’avevo già sentita parecchie volte questa frase, da altri imprenditori, durante le nostre consuete sessioni di mentoring, non era una novità. La vera novità oggi è la spinta che viene impressa al business, amplificandone anche i doveri. Mi spiego: accelerare da zero a 100 Km/ora in 1 minuto o in 1 secondo non produce le stesse sensazioni: sai che botta sulla schiena nel secondo caso?
Oggi fare l’imprenditore è veramente diventata un’impresa “in corsa”
E cosa ne viene in cambio dell’essere leader? Libertà di azione, riconoscimento sociale, riconoscimento economico. Ognuno ha le sue motivazioni nell’accettare una sfida così importante.
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Ma ciò che spesso dimenticano i leader sono i loro diritti, principalmente due:
1. L’assoluta titolarità di decidere dove portare l’azienda, con quali traguardi, con quali tempi, con quali dimensioni qualitative e quantitative
2. Decidere chi deve salire a bordo per raggiungere la mèta stabilita.
Nel fare queste due attività il leader deve decidere. Per farlo servono informazioni, non tutte disponibili direttamente se non attraverso altre persone. Quali persone? Già questa è una decisione da prendere. Su chi può contare per avere queste informazioni? Molti leader ricorrono ai collaboratori, che però sono parte in causa. Come dipendenti quanto è facile assecondare il leader e quanto diventa delicato contraddirlo? E se ci sono passi da fare che portino a rotture degli schemi, saranno proprio i collaboratori i migliori consiglieri del cambiamento? Può essere, ma per decidere al meglio è utile il confronto con chi non è in conflitto di interessi, o parte in causa.
Il Leader rischia quindi di restare solo nel processo decisionale. E qui entra in gioco il mio lavoro, a fianco degli amministratori delegati. Il mentore porta la conoscenza di metodi e sistemi sempre aggiornati, perché trova il tempo di farlo. Porta poi una esperienza fatta su realtà diverse. Il Leader invece vede la sua di azienda, e su questa è sicuramente un leader, ma non basta. Un esempio per tutti: se il leader vive la complessità di una azienda da 10 milioni di euro, vuole crescere e arrivare a 50, come fa a conoscere le problematiche che ci saranno in una azienda più grande? Semplicemente non le ha mai vissute.
Quando affrontiamo temi di crescita, sviluppo, visione la mia esperienza che spazia dalle startup a corporate da 10 miliardi di dollari di fatturato è utile per un confronto con il leader.
Aver visto il film in anticipo, da parte del Mentor, non deve rovinare il finale al leader, anzi lo deve aiutare a non spaventarsi e ad aver fiducia sul percorso da fare. Diffidare invece del consenso per il consenso: quando due persone nel business la pensano esattamente nella stessa maniera, una delle due non serve. La cultura del confronto e lo scambio di opinioni diverse è il metodo oggi che aiuta a semplificare la complessità. E così facendo si arriva a creare relazioni di lunga durata tra Mentor e leader, misurandosi su sfide via via più impegnative e ogni tanto sedendosi a tavola a sentire il profumo di basilico.
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