Disinformazione, mon amour?
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Disinformazione, mon amour?

Informarsi richiede almeno un po' d'impegno, e pare proprio che gli italiani non ne vogliano più sapere. Lo spiega bene Annamaria Testa su nuovoeutile.it: non solo non leggiamo più i giornali, ma non utilizziamo nemmeno le fonti digitali. E meno di un italiano su due è classificabile come lettore, ovvero apre (non necessariamente legge fino in fondo) almeno un libro all'anno.

Ovviamente questo rende sempre più difficile accostarsi a dati e fatti, e sempre più facile pensare ed esprimersi per mezzo di slogan, o assumere e spacciare per vere le fake news.

Di questi tempi, perciò, a regnare è la disinformazione. Che è un fenomeno molto articolato, come descrive un interessante post di Valigia Blu, che si rifà a sua volta a un articolo americano.

L'articolo identifica sette modi diversi di disinformare:

  • Collegamento ingannevole: titoli e didascalie non corrispondono al contenuto.
  • Contesto ingannevole: il contenuto reale è accompagnato da informazioni contestuali false.
  • Contenuto manipolato: l'informazione o l'immagine reale vengono manipolate per ingannare deliberatamente.
  • Manipolazione della satira: pur senza l'intenzione di procurare un danno, il contenuto satirico è manipolato e utilizzato per trarre in inganno
  • Contenuto fuorviante: si fa un uso ingannevole dell'informazione per incastrare una persona o enfatizzare un problema.
  • Contenuto ingannatore: il contenuto viene spacciato come proveniente da fonti reali, quando invece non lo è.
  • Contenuto completamente falso: contenuto non veritiero, costruito esclusivamente per ingannare.

E quali sarebbero le motivazioni che spingono a creare disinformazione? Valigia Blu le riassume in uno schema molto interessante:

Come se ne esce?

Con un po' di senso critico. Anche se oggi ho letto un post Facebook che diceva più o meno:

"Quando un uomo con un ragionamento incontra un uomo con uno slogan, l'uomo con un ragionamento è un uomo morto".

Voglio sperare che sia un'esagerazione.

Dovremmo ricominciare a fare quello sforzo che, come descrive Annamaria Testa, a quanto pare abbiamo smesso di fare, e cercare di attingere le nostre informazioni da più fonti.

Sarebbe bello, poi, che verificassimo l'autenticità di un contenuto prima di divulgarlo, soprattutto sui social. Possibilmente, perciò, invertendo il ragionamento corrente "Nel dubbio, io inoltro": ecco, no.

La frase corretta è: "Nel dubbio io non inoltro". Altrimenti è un po' come dire: "Non sono sicuro che questo cibo sia commestibile. Nel dubbio, lo metto in tavola".


[#30dayschallenge, giorno 18: se non sai di cosa sto parlando, leggi questo post]

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