Elezioni USA, economia e mercati

Elezioni USA, economia e mercati

Joseph V. Amato, Presidente e Chief Investment Officer—Equities

Tasse, dazi, regolamentazione e deficit: cosa sappiamo delle proposte economiche dei candidati alla presidenza degli Stati Uniti e delle potenziali implicazioni per gli investitori?

A due settimane alle elezioni presidenziali negli Stati Uniti, i sondaggi indicano una competizione serrata. Sebbene molti addetti ai lavori e in generale l’opinione pubblica possano essere stanchi, queste elezioni restano cruciali per tutta l'economia globale.

Ma queste elezioni sono rilevanti anche per i mercati finanziari, poiché le proposte politiche dei due candidati differiscono notevolmente su temi cruciali come le tasse, il commercio e la regolamentazione. Come possiamo interpretare le loro posizioni? Qual è la probabilità che si trasformino in politiche effettive e quale potrebbe essere l’impatto sui mercati?

Tasse

Nel contesto delle proposte fiscali è essenziale esaminare due aspetti: quello personale e quello societario. Per quanto riguarda le imposte personali, le differenze tra i due schieramenti assumono un'importanza notevole, poiché il consumatore statunitense, che rappresenta un motore centrale dell'economia, potrebbe risentirne in modo significativo.

Donald Trump ha dichiarato l'intenzione di prorogare i tagli fiscali personali approvati nel 2017, che scadranno alla fine del 2025, evitando così un significativo aumento delle tasse per tutti gli americani. Questi tagli comprendevano deduzioni standard più elevate, un'aliquota marginale massima ridotta, generosi crediti d'imposta per i figli e tasse di successione inferiori.

Sebbene la Vicepresidente Kamala Harris non sia stata esplicita, l'amministrazione Biden ha in passato suggerito di estendere molti dei tagli del 2017, ma solo per coloro che guadagnano meno di 400.000 dollari all'anno. Inoltre, Harris ha espresso l'intenzione di ampliare i crediti d'imposta sulle abitazioni. La differenza più sorprendente riguarda invece la "billionaire minimum tax" proposta da Harris sulle imposte per le persone fisiche — un piano di Biden per tassare i capital gain non realizzati su patrimoni superiori ai 100 milioni di dollari.

In ambito societario emergono differenze significative. Harris propone di innalzare l'aliquota dal 21% al 28%, una misura già suggerita in passato dal Presidente Biden. Al contrario, Trump ha proposto di ridurla al 15%, almeno per le imprese che operano negli Stati Uniti.

Un cambiamento di tale portata avrebbe un impatto notevole. Anche una variazione di un solo punto percentuale nell'aliquota fiscale potrebbe aumentare o diminuire i rendimenti dell'indice S&P 500 di quasi l’1%. Pertanto, una modifica di cinque punti percentuali potrebbe spostare la performance 2025 dell'indice S&P 500 dal consenso attuale del +15% a un intervallo compreso tra il +10 e il +20%, mantenendo costanti le altre condizioni.

Commercio e regolamentazione

Le differenze nel commercio e nella regolamentazione aziendale sono evidenti e, cosa fondamentale, sono guidate principalmente dalle azioni amministrative del potere esecutivo piuttosto che dalle approvazioni del Parlamento.

Sembra che Harris intenda mantenere gran parte dell'approccio dell'amministrazione Biden, focalizzandosi specificamente sul contrastare la crescente influenza della Cina sulle catene di approvvigionamento globali. Gli alleati degli Stati Uniti dovrebbero ricevere un trattamento più favorevole, sebbene vi siano barriere modeste in alcuni settori e tecnologie specifiche.

Le proposte di Trump, invece, sono più ampie e protezionistiche. La scorsa settimana erano già stati annunciati i piani per imporre dazi del 60% su tutti i beni provenienti dalla Cina e del 10% su tutte le altre importazioni; all’Economic Club di Chicago, martedì, Trump ha intensificato questa retorica, concentrandosi in particolare sul settore automobilistico.

Il concetto di sicurezza nazionale permette al presidente di imporre dazi senza l'approvazione del Congresso, come fece lo stesso Trump nel 2018 con l'alluminio e l'acciaio. Tuttavia, è probabile che le sue proposte commerciali più aggressive siano concepite come un punto di partenza per nuove negoziazioni. Sebbene la destinazione finale resti incerta, la direzione è chiara.

Gli economisti di Goldman Sachs hanno stimato che i dazi imposti tra il 2018 e il 2019 da Trump abbiano aumentato i prezzi di oltre il 3% su un paniere di beni interessati. La banca prevede che un dazio del 20% sui prodotti cinesi ritarderebbe il raggiungimento di un'inflazione del 2% di circa 18 mesi, mentre un dazio generalizzato del 10% potrebbe causare una nuova accelerazione verso il 3%, con un picco dell’inflazione previsto per l'estate del 2026.

Nel contesto della regolamentazione, due aspetti fondamentali per i mercati sono la politica antitrust e il processo di autorizzazione.

Si prevede che un'amministrazione guidata da Harris segua l'approccio di Biden in entrambi i settori. L'attuale strategia antitrust si caratterizza per sforzi innovativi volti a bloccare fusioni e, potenzialmente, a suddividere aziende, con un atteggiamento generale di opposizione ai monopoli. Per quanto riguarda il processo di autorizzazione, cruciale per incrementare la capacità nei settori manifatturiero, energetico e delle infrastrutture, non si prevedono grandi cambiamenti, nonostante le insoddisfazioni espresse dagli operatori privati.

Trump, invece, è percepito come più favorevole agli affari, meno contrario alle fusioni e più permissivo in termini di regolamentazione, soprattutto per i processi di autorizzazione federale nei progetti energetici e infrastrutturali.

Governo diviso?

Con l'avvicinarsi delle elezioni, i mercati tendono a diventare ansiosi, indipendentemente da chi sarà il prossimo Presidente della Casa Bianca. Tuttavia, riteniamo improbabile che le proposte più estreme di entrambi i candidati vengano applicate nel concreto.

È probabile che si configuri un governo diviso, con i Democratici che mantengono il controllo della Camera dei Rappresentanti e i Repubblicani che conquistano il Senato. Di conseguenza, è prevedibile che il Congresso eserciti un forte controllo su chiunque vinca la presidenza.

Debito e disavanzi

Nessuno dei candidati sembra voler affrontare la questione della sostenibilità del debito degli Stati Uniti. Non c'è molto interesse a ridurre la spesa per la difesa o i programmi di assistenza sociale, che costituiscono due delle tre componenti principali del bilancio federale, insieme agli interessi passivi sul debito.

Il modello di bilancio di Penn Wharton ha suscitato notevole interesse sull’impatto delle proposte fiscali e di spesa di Harris che aggiungerebbero altri 2.000 miliardi di dollari ai disavanzi primari nel prossimo decennio, mentre quelle di Trump ne aggiungerebbero più di 4.000 miliardi.

Le proiezioni degli economisti mostrano invece una differenza modesta nel deficit sotto ciascun candidato nei prossimi cinque anni. In generale, le proposte di Harris indicano una redistribuzione neutrale del deficit dai contribuenti aziendali e persone fisiche ad alto reddito a quelli a basso reddito; quelle di Trump evidenziano una lieve riduzione del deficit, supponendo che i ricavi derivanti dalle nuove tariffe compensino l’abbassamento delle aliquote fiscali. Si prevede, inoltre, che un governo diviso attenui l'impatto delle proposte di entrambi i presidenti e, in entrambi i casi, migliori leggermente la prospettiva del debito.

Incertezza e volatilità

L'interpretazione comune di queste posizioni politiche suggerisce che un'amministrazione Trump porterebbe ad una crescita economica più rapida ma accompagnata da un'inflazione maggiore. Al contrario, un'amministrazione guidata da Harris comporterebbe una crescita e un'inflazione più moderate. Un governo diviso, invece, rappresenterebbe una via di mezzo tra questi due scenari.

Per gli investitori, una vittoria di Trump potrebbe favorire le small cap, le mid cap e i settori più sensibili alla regolamentazione, come quelli energitico, industriale e finanziario. Tuttavia, potrebbe generare incertezze per l’obbligazionario, a seguito delle preoccupazioni inflazionistiche potrebbe aumentare la volatilità su questi mercati. Al contrario, una vittoria di Harris rappresenterebbe una continuità delle politiche attuali, spingendo gli investitori a focalizzarsi nuovamente sull'ambiente economico generale e su un ampliamento delle performance del mercato azionario.

In caso di risultati elettorali contestati o ritardati, è probabile un aumento generalizzato della volatilità. Tuttavia, la storia suggerisce che, una volta noto il risultato, si assisterà probabilmente ad un rally, indipendentemente da chi entrerà alla Casa Bianca. Prepariamoci ad un periodo turbolento nelle prossime settimane e forse anche mesi.

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