Esiste il marketing femminista?
Fearless Girl: la statua di bronzo che sfida Wall Street (solo a parole)

Esiste il marketing femminista?

Negli ultimi anni, ha preso piede una nuova tendenza, un nuovo neologismo nell'ambito del marketing. Il #femvertising è una strategia di comunicazione che vuole combinare il femminismo all'advertising, per rappresentare modelli femminili forti, propositivi e positivi anche nell'ambito pubblicitario.

I core elements di questo tipo di comunicazione sono l'abbattimento degli stereotipi e il women empowerment. In generale, il femvertising è un passo in avanti: rappresentare donne forti, emancipate e non focalizzate solo sulla propria bellezza può avere un forte impatto sulla vita delle persone. Se è vero come sostengo che il mondo si possa cambiare una pubblicità alla volta, forse il femvertising nasconde molte opportunità per il brand e per le consumatrici.

Bisogna però prestare molta attenzione. Il più grande problema del femvertising è che spesso le dichiarazioni di un brand si rivelano vuote. L’attenzione alle politiche di genere deve essere reale, perché usare messaggi femministi solo di facciata, senza impegnarsi nel concreto per migliorare la vita delle donne non fa bene a nessuno: né al brand né tantomeno alle donne.

Bisogna evitare il femminismo “falso”, di facciata, dove alle parole non seguono fatti. In superficie i marchi sono molto bravi a indossare ideali femministi, ma spesso incarnano qualcosa di molto diverso e assolutamente contrario al movimento. 🧐⠀

Il caso studio dell'opera "Fearless Girl" voluta dalla società di investimenti State Street Global Advisor è emblematico.

L’iniziativa voleva invitare più imprese ad affidare cariche manageriali e importanti alle donne. La reazione però non è stata quella sperata. Le donne che lavoravano per la Street Global Advisor hanno "smascherato" l'azienda, denunciando le difficoltà riscontrate nell’accedere a promozioni e gratifiche lavorative. Una statua non avrebbe e non ha, di fatto, risolto questo problema.

Questo esempio dimostra come i brand devono sì appoggiare e farsi portatori di cause sociali, anche le più nobili, ma solo se sono in grado di mettere in pratica quanto pubblicizzato. Il femvertising vuoto e fine a se stesso non è vantaggioso per nessuno, tantomeno per l'azienda.

Credo anche però che in alcuni casi le imprese possano essere parte della soluzione. Esistono casi positivi di brand che si sono distinti (realmente) per la loro attenzione alle questioni di genere e hanno avuto un impatto positivo.

Il femvertising ha un grande potenziale, ma solo se accompagnato da azioni reali e concrete.


Grazie della menzione Ginevra! E bell’articolo, starebbe bene sul blog di smarTalks.😁

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