Essere maschio oggi (#24)
Quando si tratta di competere sulle cose importanti, noi italiani non siamo secondi a nessuno: è vero, non siamo la prima nazione al mondo ad aver avuto un premier donna, ok, ma siamo credo la prima al mondo ad aver visto finire la relazione tra la premier e il suo compagno in diretta nazionale/social.
Se non fosse tragico quello che è successo questa settimana tra la Premier Meloni e il suo (ex) compagno, sarebbe quasi comico: quei momenti fuori onda e quelle espressioni volgari, gratuitamente offensive e irragionevoli, non sono altro che il riflesso di un tipo di mascolinità che non può essere accettata, specie in contesti lavorativi, e che nella sua deriva più violenta porta ai femminicidi e alle violenze domestiche di cui sempre più spesso sentiamo parlare.
Numeri e riflessioni
In Italia (sono dati Istat), il 31,5% delle donne dai 16 ai 70 anni ha subito nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale, il 20,2% ha subìto violenza fisica, il 21% violenza sessuale. Nel 2022 solo da noi si sono registrati 319 omicidi di cui 125 con vittime di sesso femminile (circa il 39%). Un totale di 140 episodi hanno avuto luogo in un contesto domestico e in questo caso 103 hanno colpito donne (quasi il 74%). Sono stati 67 i delitti commessi da partner o ex partner, 61 con vittime donne, ovvero il 91%. Lo ripeto perché la tastiera me lo chiede; 91%.
I giornali e i commenti di questa che è una vera e propria emergenza sociale parlano sempre di più di “mascolinità tossica” ed è vero, ma la domanda che mi faccio è … possibile che non ci sia altro?
Davvero non riusciamo a contrapporre alla versione “tossica” una visione positiva di mascolinità? Voglio dire davvero non esiste un modo per far si che essere maschio oggi non debba per forza essere sinonimo di “tossico” o peggio “violento”. Il tema è davvero largo, ma da qualche parte bisogna partire. Io inizio con le maschere…
Le maschere
Fino a qualche anno fa la visione che avevo di cosa volesse dire essere un uomo mi era molto chiara; virile, forte, coraggioso, razionale, con un forte controllo delle emozioni e, certo, pieno di donne (o ancora meglio, “conquiste”). Gli uomini non piangono, non condividono pensieri con i propri amici, tantomeno tenerezze (quelle son robe da donne). Ma attenzione: quando l'unico sfogo che ci sembra accettabile, veramente maschile, diventa la rabbia, è li che ci troviamo di fronte a comportamenti aggressivi, pericolosi, e che però rappresentano il grido di un profondo disagio. È ora di svegliarsi.
Come spesso capita, per me è stato un libro a suonare la sveglia; un libro che mi è stato regalato e che consiglio, "The Mask of Masculinity" di Lewis Howes. Alla base un’idea semplice ovvero che spesso gli uomini indossano delle maschere per conformarsi agli stereotipi che ci sono imposti. Maschere che rassicurano per certi versi, se stessi e gli altri, ma che portano anche solitudine e mancanza di connessione.
La ricerca ossessiva di conferme e status per mascherare le proprie debolezze porta a relazioni superficiali e vite insoddisfacenti. Questo a sua volta crea un circolo vizioso per cui gli uomini ignorano i sentimenti confusi e li reprimono, cercando di compensare le insicurezze con la ricerca continua di successi e realizzazioni (o relazioni…) e questa rincorsa ci rende ancora più soli.
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Gli effetti di questa situazione non sono meno drammatici di quelli descritti sopra parlando di “mascolinità tossica”. Il 78,8% dei morti per suicidio in Italia sono uomini e sempre gli uomini hanno un incidenza doppia rispetto alla popolazione femminile quando si parla di alcolismo e, ancora, il 77% dei morti per overdose in Europa è di sesso maschile.
E’ necessario fare qualcosa; se l’espressione “benessere mentale” è davvero qualcosa che un uomo non si sente di poter dire ad alta voce, allora è il momento di abbassare il volume e provare ad ascoltare. Abbiamo bisogno di chiarezza e sensibilizzazione sul tema. Ne abbiamo bisogno ora.
“L’è tutto da rifare”
Ammettere la propria vulnerabilità non dovrebbe essere percepito come un segno di debolezza o, peggio ancora, una 'cosa da donne'. Se non cambiamo questo modo di vedere costringeremo ancora gli uomini in difficoltà a subire una doppia mazzata: sentirsi male e poi sentirsi in colpa per il fatto di sentirsi male.
Abbracciare la propria vulnerabilità e togliersi le maschere richiede coraggio, certo, ma è essenziale per la propria felicità e per garantire quella di quelli che ci sono intorno. Riconoscere le proprie paure e accettare i propri sentimenti crea legami emotivi profondi. La vera forza risiede nell'essere sé stessi.
Come uomini allora dobbiamo imparare ad aprirci, a chiedere aiuto, a condividere le nostre lotte e le nostre debolezze. Dobbiamo respingere gli stereotipi di mascolinità tossica e coltivare la nostra umanità. Solo così potremo costruire relazioni appaganti e vivere in modo autentico. Solo così potremo fare qualcosa di davvero utile per contrastare la “mascolinità tossica” e le sue drammatiche conseguenze.
Abbiamo il potere di definire una nuova mascolinità positiva. E’ il momento di farlo!
Sempre avanti, condannati all’ottimismo!
Giuseppe
Operations & Facility Manager | Startup Mentor | MBA
1 annoCi vorrebbe una nuova versione della canzone di "Elio e le storie tese"!
Senior Consultant, Skippers Project
1 annoMio marito sa stirare le camicie. Lo fa molto bene e anche velocemente: 12 camicie all'ora, perfette. Questo non vuol dire che debba rinunciare alla sua mascolinità: significa condividere una fetta di vita, magari scherzandoci sopra e guardando i video di extreme ironing, canalizzando la competitività in una gara con se stessi. Mio marito si auto-sfida col numero di camicie, e questo probabilmente annulla il senso di "sfiga" associato, nel sentir comune, di fronte a un uomo che stira. A volte basta cambiare punto di vista per superare barriere e pregiudizi. Non conosco nessuno che abbia perso la sua virilità passando l'aspirapolvere o cambiando un pannolino.
Passionate about Technology and People | Innovation | Business Development
1 annoGiuseppe, ovviamente sono d’accordo su tutta la linea. Poi però dobbiamo fare i conti con la società in cui viviamo, che è rimasta molto ancorata al patriarcato di un secolo fa. Ancora oggi se in una serata tra amici dici che sei tu a fare il bucato, che magari stiri, che cambi il pannolino a tuo figlio, qualcuno che ti guarda con sguardo misto tra compatimento e ironia lo trovi. Viviamo in una società in cui ancora oggi non è chiara la differenza, soprattutto ai maschi direi, tra leadership e autoritarismo, sia sul lavoro sia fuori. Ma è pur vero che la società siamo noi. Iniziamo a smetterla di regalare bambole e mini-cucine alle bambine e camion dei pompieri e Lego ai bambini. Iniziamo ad insegnare ai figli maschi che possono farsi il letto, piegare le calze e passare l’aspirapolvere. Di certo non risolveremo il problema, ma intanto avremo iniziato a fare le nostra parte.