EUROPA: CUI PRODEST?

E’ difficile in questi giorni non pensare ai numeri, quei numeri che cambiando di ora in ora, un po’ come le dichiarazioni di presidenti e primi ministri vari, ci destabilizzano, ci fanno rendere conto della nostra piccolezza…. e ci fanno trovare il tempo per riflettere un po’ di più.In questo senso mi è balzata agli occhi una discromia cutanea di quello che, almeno sulla carta, sarebbe un corpo unico, l’Europa, che sta affrontando il problema del Covid-19 senza alcuna linea di condotta che dovrebbe essere comune e che invece presenta due approcci ben distinti; due diverse e contrapposte strategie di gestione del problema e che riflettono due diverse concezioni etiche, culturali e antropologiche.

Da una parte quelle adottate da Germania e Gran Bretagna (e Francia)e dall’altra quelle seguite da Italia e Spagna (e Cina) dall’altra. La prima non cambia il modo di vivere, la seconda si.

 La prima intende non contrastare il contagio concentrandosi solo sulla cura dei malati. Sceglie di sacrificare una certa quota della popolazione in anticipo, con un calcolo di costi/benefici rapportato alla capacità delle proprie strutture sanitarie, specialmente quelle di terapia intensiva. Sia Angela Merkel che Boris Johnson hanno stimato che circa un 10% dei contagiati, sul 60% della popolazione, dovrà ricorrere alla terapia intensiva; ma nessuna sanità può essere in grado di sopportare e curare milioni di pazienti. Così il numero dei “sacrificabili” varierà in base alla disponibilità di posti in terapia intensiva (5000 in Gran Bretagna e 29000 in Germania) e dell’età (i più anziani sono i più esposti al rischio). Oltre a concetti di “etica” protestante,  non credo siano estranei a questa scelta anche e soprattutto freddi calcoli economici e politici.La seconda combatte l’emergenza del contagio con strette misure di contenimento e isolamento sociale a cui corrispondono costi esorbitanti ed effetti economici devastanti.

Nella prima, con chiaro riferimento a Darwin, i “sacrificabili” sono per la stragrande maggioranza persone anziane (o improduttive) che alleggeriranno i pesi per i sistemi pensionistici e sanitari. Inoltre, come accaduto in passato, le eredità in denaro andranno a classi più giovani, perciò più inclini alla spesa, al consumo e agli investimenti. Questa strategia permette quindi, nell’immediato, di aumentare la potenza economica dei Paesi che la adottano fornendo un grosso vantaggio concorrenziale per poter acquisire significative quote a scapito degli altri Paesi che, per effetto della seconda strategia, saranno messi in ginocchio.

Se si considera questa pandemia come una guerra, allora siamo di fronte ad una situazione che rappresenta “un po’ di igiene dell’umanità e fonte d’occasioni” (cfr. Bush junior in Iraq). Per liberarsi della parte più debole della popolazione è necessaria, però, una volontà politica ed etica basata su un forte interesse nazionale e spirito nazionalista. E’ dunque una strategia fondata su un desiderio di potenza nell’immediato (vantaggio economico e politico sui concorrenti) e nel medi o termine (accrescere la domanda interna e diminuire la dipendenza dagli altri Paesi). Sembra di essere di fronte ad un nuovo pangermanesimo, stavolta non puramente linguistico ma economico e politico, cui si aggiunge il conforto della spalla transalpina che non vedrebbe certo con dispiacere un’Italia alla Corte dei miracoli. 

Nella seconda, soprattutto per Italia e Spagna, la strategia di contenere il contagio trova un fondamento culturale nel rispetto per vecchi e antenati, per i numi tutelari del focolare domestico,i Lari; nella pietas e in una sensibilità precristiana verso il nucleo familiare; nella sensibilità maggiore verso il compromesso, l’idea che è sempre meglio provare a contenere, prendere tempo.

Perché noi italiani non abbiamo mai accettato la concezione tragica e cinica della “sofferenza utile”, delle persone “sacrificabili” cadute a causa di questa pandemia. Il nostro retaggio culturale, più umano, e la nostra storia, anche politica, ci faranno pagare un altissimo costo economico e sociale; saremo costretti a risalire, con estrema fatica, una china molto lunga e ripida. Ma proprio per il nostro comune sentire, non potrebbe essere altrimenti perché per noi è giusto sacrificare beni economici, materiali e libertà personali per salvare tutti quelli che possono essere salvati.Senza fare troppi calcoli, con l’amore che sentiamo e dobbiamo ai nostri padri e alle nostre madri: quindi a tutti noi… senza distinzioni.

Se si esclude l’Inghilterra,  governata da un acrobata che prima propaganda la teoria selettiva sull’immunità di gregge e poi fa una brusca retromarcia, tutti gli altri Paesi di un’Europa inesistente come “stati uniti” si sta accodando, seppure con grave ritardo, alla procedura di emergenza italiana che, se ha destato ammirazione nei cinesi stessi, è stata isolata e denigrata da chi avrebbe dovuto far fronte comune con noi… “mon Dieu, les italiens”… la pizza-virus. Infatti, prima la Spagna, poi la Germania ed infine la stessa Francia, dopo aver avere la baguette-virus,  stanno stabilendo le linee guida già in atto nel nostro Paese.

Ricordiamocelo e ricordiamolo a tutti, sempre: noi siamo gli Italiani. Noi siamo quelli che nei momenti di difficoltà riescono a tirare fuori il meglio da sé stessi; siamo quelli che riescono ad essere uniti e solidali come nessun altro Paese al mondo, siamo quelli che si alzano la mattina con il sorriso nel cuore, siamo quelli capaci sempre e comunque di rialzarsi dopo ogni caduta, siamo quelli che hanno ereditato la civiltà in grado di sconfiggere, conquistare, civilizzare e governare il mondo; siamo quelli che, proprio per questo, tutto il mondo ammira, invidia… e teme. Nonostante la nostra classe politica.

Come scriveva De Filippo…. ha da passà ‘a nuttata e, se è vero che quello che non uccide fortifica, ci rialzeremo, ancora più ammirati, invidiati e temuti di prima; in una parola: più forti.

A quelli convinti che “Deutschland über alles” ricordiamo il nostro monito”… l’Italia s’è desta, dell’elmo di Scipio s’è cinta la testa”. E allora, come il Piave il 24 Maggio 1915, tutti uniti e con il cuore pieno di fierezza guarderemo negli occhi chi vorrebbe approfittare di questo periodo per saccheggiarci urlandogli in faccia….. non passa lo straniero!!!

E con profonda ammirazione e gratitudine verso i nostri nuovi eroi che combattono in prima linea, medici, infermieri, paramedici, operatori sanitari e volontari che con turni ormai divenuti insostenibili, anteponendo la loro missione verso chi ha bisogno ai loro stessi affetti, anche a rischio della propria vita, dedichiamo tutti insieme un unico e lunghissimo GRAZIE!!!!!!!!!!!!!!!!!

Oggi più che mai, orgoglioso di essere uno dei tanti “les italiens”.  

 

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