GO WEST

GO WEST

Go West, young man. Era questa l’esortazione ai giovani americani di ritorno dalla Guerra di Secessione. Andate ad Ovest, alla scoperta della nuova frontiera, rischiate, cogliete le opportunità e, lavorando sodo, realizzerete i vostri sogni e ricostruirete un Paese in ginocchio. E così fu.  

La mobilità dei popoli è sempre stata un importante motore del progresso. Economico, anzitutto. I flussi migratori riequilibrano il divario tra domanda e offerta di lavoro, riducono i differenziali di reddito tra le regioni, e garantiscono un’allocazione più efficiente delle risorse sul territorio. Basti pensare alla grande ondata migratoria Sud-Nord degli anni 50 e 60 che permise all’industria italiana, allora quasi esclusivamente nelle città del Settentrione, di crescere rapidamente e diventare volano per lo sviluppo economico del Paese.  

Quale sarebbe stato, senza la manodopera emigrata dal Sud, il destino della Fiat dove, in quegli anni, in alcuni reparti degli stabilimenti torinesi oltre l’80% dei lavoratori era di origine meridionale? Anche il progresso culturale e sociale è legato ai flussi migratori. Restando all’esempio dell’Italia del boom economico, l’incontro, spesso traumatico, tra chi aveva vissuto nelle campagne del Sud e chi, abitando nelle grandi città del Nord conosceva già bene la modernità, ma male il resto degli italiani, aiutò a superare i luoghi comuni e a diffondere modelli di vita consoni ai tempi. Se, quindi, muoversi alla ricerca di nuove opportunità equivale a una società più capace di crescere e trasformarsi, forse dovremmo iniziare a preoccuparci: le statistiche più recenti sulla mobilità geografica interna degli italiani dipingono un ritratto inquietante.

Solo cinque italiani su 1000 lasciano, ogni anno, la provincia in cui sono nati e cresciuti. In altre parole, il 90% degli italiani rimane tutta la vita nella provincia di nascita. Rispetto agli Usa, in Italia la mobilità interna è quasi 10 volte inferiore. D’altra parte, l’America è il popolo del Born to Run, l’inno a chi si lascia tutto alle spalle per cambiare vita. Noi siamo quelli del Ragazzo della via Gluck che quando parte già immagina il giorno in cui farà ritorno a casa.

Le motivazioni sono tante, sia strutturali ma soprattutto culturali. Personalmente non credo che gli Stati Uniti siano un paese da prendere come riferimento, ci sono comunque molti aspetti affascinanti e che lo rendono un paese efficiente.

Tutti noi ci ricordiamo cosa successe l’11 Settembre del 2001. Dopo ca. una settimana il quartiere delle torri gemelle, a pochi passi da wall street era già operativo. Nel frattempo le principali borse europee perdevano oltre il 30 %.

Per molte cose la vecchia Europa sarebbe surclassata a confronto con gli Stati Uniti ma non penso sia giusto elencare parallelismi in maniera sterile. Come dicevo le differenze oltre che strutturali sono di natura culturale e che a mio parere pongono comunque il vecchio continente su un piano superiore.

Personalmente, almeno per ora, sono tra quelle persone che sono nate, hanno studiato e stanno vivendo nello stesso posto.

La mia sfortuna/fortuna è che sono sempre stato molto bene.

Ora incomincio a pensare che comunque questo non sia un buon motivo per non cominciare da un’altra parte.

E allora GO WEST YOUNGH MAN!!!

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