I comportamenti autosabotanti: una trappola invisibile

I comportamenti autosabotanti: una trappola invisibile

I comportamenti autosabotanti sono una trappola in cui molte persone cadono senza nemmeno accorgersene.

Procrastinare, sminuirsi, temere il successo o il fallimento, evitare le opportunità: sono solo alcune delle forme nelle quali questi atteggiamenti distruttivi si manifestano.

Nonostante la consapevolezza del loro impatto negativo, spesso ci ritroviamo a ripetere gli stessi schemi.

Perché continuiamo allora ad attuare comportamenti deleteri?

La risposta risiede nel funzionamento del nostro cervello.

Il cervello è un sistema complesso e di fronte a una decisione o a un’azione, valuta in modo preferenziale ciò che percepisce come sicuro, piacevole e vantaggioso.

Queste valutazioni a volte generano reazioni interne che ci impediscono di agire, dando origine ai comportamenti autosabotanti.

Questi comportamenti sono tentativi maldestri della mente di proteggerci, mantenendoci in una zona di comfort che pur non essendo soddisfacente, è percepita come sicura.

Di fronte a una nuova sfida, la nostra mente può reagire con timore.

Non tanto perché la sfida sia insormontabile, ma perché è ignota; l’incertezza del risultato innesca una reazione di difesa.

Il cervello, infatti, è programmato per diffidare dell’ignoto e spesso preferisce mantenersi in situazioni conosciute, anche se non ideali. Questo può spiegare perché tendiamo a rimandare decisioni importanti o perché, al momento di agire, cerchiamo scuse per evitare di farlo.

Non è pigrizia, ma un meccanismo di protezione che ci fa percepire il cambiamento come un possibile rischio.

Allo stesso tempo, siamo attratti dal piacere immediato.

Di fronte a un compito difficile, il nostro cervello può suggerirci, per comodità, attività meno prioritarie, portandoci a rimandare ciò che è realmente importante.

Spesso lo fa in favore di un piacere effimero, immediato, legato alle abitudini che anziché avvicinarci agli obiettivi, ci allontana da essi.

In queste condizioni, il divario tra chi siamo e chi desideriamo diventare cresce sempre più.

Nel libro “La montagna sei tu”, Brianna Wiest scrive: “Quando senti un divario tra la persona che sei e quella che vorresti essere, ma ogni tentativo di colmarlo genera resistenza, significa solo una cosa: ti stai autosabotando.” Per uscire da questo circolo vizioso: “Il più grande atto d’amore verso noi stessi è non accontentarsi di vivere una vita che non ci soddisfa. Ammettere di avere un problema, senza continuare a girarci intorno.”

In fondo, l’autosabotaggio ha l’obiettivo di proteggerci.

Si attiva quando dentro di noi lottano due desideri contrastanti: uno consapevole e uno inconscio. Da una parte vogliamo andare avanti, dall’altra restiamo bloccati dove siamo.

L’autosabotaggio più comune è la persistenza in abitudini che ci impediscono di raggiungere i nostri obiettivi.

Ma perché ci comportiamo così?

Perché in noi convivono sia il desiderio di evolverci che la paura di farlo.

Il bisogno di appartenenza ci porta a temere il giudizio o la critica, spingendoci a evitare scelte che potrebbero mettere in discussione il nostro ruolo all’interno di un gruppo. Così, ci adattiamo alle aspettative, senza esprimere pienamente chi siamo e cosa desideriamo.

Da non sottovalutare la paura del fallimento e la paura del successo entrambe giocano un ruolo cruciale.

Spesso non agiamo per timore di non essere all’altezza delle aspettative, e così finiamo per autosabotarci.

Questo blocco è una forma di protezione da un potenziale fallimento.

Il paradosso è che proprio non agendo, ci garantiamo il mancato raggiungimento dei nostri obiettivi, quindi il fallimento assicurato.

Il nostro cervello è naturalmente curioso, ma quando la novità appare troppo rischiosa o sfugge al nostro controllo, scattano le resistenze.

Questi meccanismi sono legati anche al bisogno di controllo. Ci autosabotiamo quando sentiamo di perdere il controllo su una situazione o quando il percorso sembra non dipendere interamente da noi e il risultato appare incerto.

Ma come possiamo uscire da questi schemi?

Un percorso di coaching può aiutarti a sviluppare consapevolezza verso questi meccanismi, che agiscono a livello inconscio, portandoli alla luce.

Il coaching non si limita a fornire soltanto strumenti pratici; lavora in profondità per aiutarti a riconoscere e affrontare questi schemi limitanti.

Attraverso una maggiore consapevolezza dei tuoi pensieri e comportamenti, è possibile riprogrammare la mente per rispondere in modo più produttivo alle sfide e alle opportunità.

Il coaching ti aiuta a disinnescare la paura del cambiamento, aiutandoti a percepirlo non come una minaccia, ma come un’opportunità di crescita.

Ti permette di comprendere come funziona il tuo cervello, sostituendo la ricerca del piacere immediato con obiettivi a lungo termine più gratificanti.

Inoltre, rafforza la fiducia nelle tue risorse interne, sganciandoti dal bisogno di approvazione e riconoscimento esterno.

Attraverso il coaching, impari a confrontarti con il tuo potenziale, lasciando andare la paura del fallimento e sviluppando un senso di controllo basato sulla tua consapevolezza e centratura.

Questo percorso ti porta a vivere il cambiamento come un alleato, a vedere le difficoltà come opportunità di evoluzione personale.

Uscire dai comportamenti autosabotanti è possibile.

Comprendere come funziona il nostro cervello e le motivazioni di questi atteggiamenti è il primo passo.

Con l’aiuto del coaching, possiamo riscrivere i nostri schemi mentali e vivere una vita più appagante, raggiungendo il benessere a cui aspiriamo.

Ilcambiamento non arriva aspettando qualcosa dall’esterno; inizia dentro di noi.

Questa è la testimonianza di Marzio Merlini, Private Banker:

Anche se poi è passato del tempo, probabilmente ho deciso di lavorare con Maria Grazia Rinaldi il giorno stesso in cui l’ho conosciuta. Anzi, direi che l’ho inconsciamente deciso ascoltando i primi minuti della sua presentazione. Già, perché quella presentazione, così autentica, è arrivata chiara e limpida, prima all’uomo e poi al professionista. Ho sposato in pieno la sua visione, l’importanza assoluta dell’intelligenza emotiva e della centralità della Persona. Per questo, non ho esitato a intraprendere un percorso di formazione che mi ha aiutato ad approfondire i valori più profondi che mi guidano nella vita privata e personale e che contribuisce ad un mio grande obiettivo, quello di sentirmi utile.”

Per iniziare un percorso di coaching scrivimi a: mariagraziarinaldi79@gmail.com

Ricordati che nel ruolo porti chi sei.

Ti abbraccio

Maria Grazia


Analisi corretta Maria Grazia! È proprio così….a volte è un “marchio” familiare che ci si porta dietro inconsapevolmente; l’influenza di un genitore che a sua volta è vittima di comportamenti autosabotanti ricade sui figli in un modo asfissiante. Poi da adulti si fa una fatica immane per uscirne…ma è comunque doveroso farlo. Dobbiamo volerci bene ed uscire da questa trappola!

Anna Maria Girolami

"Pronta ancora una volta a viaggiare verso nuove destinazioni".

1 mese

Ogni scelta, ogni decisione parte da noi stessi. Dalla nostra conoscenza, dal nostro sentire, dalle emozioni che proviamo in quel momento ed in quella situazione, dalle persone che sono coinvolte o che pensiamo debbano esserlo. Ed è allora, in quella confusione che può durare una frazione di secondo o anni che dobbiamo cercare una risposta che ci spinga oltre. Fuori da quella zona di sicurezza che seppur deputata a proteggerci non sempre lo fa come dovrebbe, ovvero facendoci sentire così al sicuro da provare nuove strade superando i nostri limiti, ma ci trattiene riducendo le nostre aspettative ad un compromesso altamente instabile e frustrante.

Antonio Lanotte

Dirigente azienda area manager

1 mese

" il piacere di leggerti "👏👏🙏

Luigi Imperlino

avvocato at amministrativo commerciale tributario

1 mese

Una riflessione certamente molto significativa. Grazie per lo spunto.

Alfredo Del Giudice

Area Manager Campania Financial Advisor presso Mediobanca Premier S.p.A.

2 mesi

Argomento alquanto ostico, non di facile soluzione. Penso che la volontà di mettersi in discussione sia fondamentale se alimentata dal desiderio di apprendere dalla curiosità di capire e trovare risposte ….. insomma non bisogna mai sentirsi appagati delle proprie conoscenze

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