Il cervello è il tuo nemico e il marketing l’arma per sconfiggerlo #CreaBrand-6

Il cervello è il tuo nemico e il marketing l’arma per sconfiggerlo #CreaBrand-6

Marketing Brunch: #500Parole per chiacchierare di 1. Branding 2. Comunicazione 3. Vendita e pubblicità.

Settimana scorsa abbiamo introdotto il tema di Brand e Posizionamento.

Il brand è posizionato nel mio cervello in rapporto a determinate idee. Mi sovviene un bisogno, penso a un brand. Penso a un brand, lo associo a un’idea. Lo associo a un’idea, mi vengono in mente una serie di significati che susciteranno in me emozioni e voglia di acquistarlo/ottenerlo.

Ma il nostro cervellino perché necessità di queste associazioni?

La realtà è fatta di una grande complessità di situazioni per sopravvivere, per gestire le relazioni interpersonali, per trovare risposta ad ambizioni e frustrazioni, nel porre rimediato all’irrisolvibile lotta tra mente (con le sue idealizzazioni) e corpo (con le pulsioni).

Noi tentiamo ogni giorno di trovare soluzioni a questa complessità. Il nostro cervello è infatti sostanzialmente quello di un animale. E il cervello animale nei suoi bisogni primari si muove in modo molto lineare e prevedibile:

  • Passato: predilige i ricordi piacevoli e osteggia ciò che gli ha procurato traumi, così da poter ricreare scenari utili alla sua sopravvivenza (fisica e/o psicologica);
  • Presente: ama la gratificazione immediata, osteggia il dolore e tenta di evitare la fatica e la dissipazione di forze, in quanto ha l’istinto di conservare le energie per periodi di carestia;
  • Futuro: predilige scenari che già conosce, capaci di evitargli preoccupazioni e paure, in quanto trova appagamento nel sapere di poterle affrontare tramite schemi già acquisiti, non rischiando così di alterare i suoi equilibri quotidiani ed esistenziali.

In questo dannato casino ansiogeno e destabilizzante, il brand dona un po’ di SEMPLICITÀ.

Le persone amano i brand perché adorano — consciamente o inconsciamente — i concetti semplici e semplificati.

Spazio? Mobili > Ikea. Fame veloce? Pizza > Domino. Stanchezza? Energy Drink > Red Bull. Dubbio? Ricerca > Google. Paura della morte? Paradiso ultraterreno > Cristianesimo.

Possiamo quindi definire per creare un brand, bisogna tenere conto dei 2 fattori che il cervello (e la persona) non sopporta, perché vanno contro scenari di semplificazione e causano disagio (… e il perché il brand risolve queste problematiche):

Cosa odia il cervello?

  • Odia troppe quantità e scelte

Fatto 1: Il cervello ha una memoria limitata. Fa fatica a tenere a mente troppi ricordi legati a un solo concetto.

Esempio 1: Ho bisogno di una bevanda dissetante? Assocerò con : “Appagante”: Coca Cola. “Sportiva”: Gatorade. “Energizzante”: Red Bull. Pochissime altre;

Fatto 2: Al contempo di fronte a una tra queste scelta, non amerà troppe offerte, ma preferirà avere a mente solo poche proposte per ognuna di esse, così da differenziarle solo in base a poche variabili.

Esempio 2: Voglio una bevanda energizzante (in Italia…)? La risposta a quel bisogno è Red bull per sicurezza nella scelta, Monster per grandezza e … forse Burn per prezzo? Pochissime altre. Questo schema di “limitatezza” si ripete in tutti i campi, pensateci!

Dimostrazione: Nella psicologia cognitiva questo è chiamate “Effetto Priming”, un sistema mnemonico inconsapevole che permette nel cervello di legare a determinati stimoli, delle risposte univoche e determinate;

Conseguenze: Il brand deve associare a un determinato problema o desiderio solo una singola e precisa risposta.
  • Odia troppe qualità e cambiamenti

Fatto 1: Il cervello ha limitate sfumature di significato e tiene a mente poche caratteristiche legate a un singolo concetto. Dopo aver sedimentato una idea, farà fatica a cambiarla;

Esempio 1: il Mc Donald vende cibo veloce e appagante. Se vende slow insalate e mingherlini panini gourmet, il mio cervello associerà all’idea di “veloce” e “appagante, anche quella di “slowfood” e “sano”. Non ne vedrà una correlazione col significato primario e cercherà un altro brand;

Fatto 2: Il cervello etichetta “come verità” determinate situazioni nella realtà, senza la necessità di dimostrarle, così da semplificare il quotidiano. Alcuni li chiamano preconcetti, alcuni luoghi comuni, ma è una prassi fisiologicamente “normale”, per non dover approfondire tutto ciò che ci capita davanti.

Però se si presenta un fattore che nega determinate premesse del concetto che hanno reso accettabile tale un’idea, si avrà difficoltà a giustificare tutto il resto.

Esempio 2: l’iPhone è un cellulare d’alta fascia che permette al consumatore di distinguersi dalla massa. Darò quindi per accettabile un prezzo alto, a prescindere dal reale vantaggio pratico che esso mi fornisce. Se creo l’iPhone economy, il cervello negherà il significato di “esclusività” e lo legherà a “risparmio”, creando un corto circuito irrisolvibile e cercando così un altro brand;

Dimostrazione: Questi nella psicologia sono chiamati “Effetto Alone” (Halo effect). Essendosi fatto un’idea su un determinato fatto, manterrò quella idea e farò fatica a cambiarla;

Conseguenze: Il brand deve associare a una determinata risposta e promessa che fa al target solo alcune funzionalità che ad essa rispondono.

Proprio per dissipare queste paure e assecondare le necessità del cervello, ci sono 8 passaggi che permettono di creare un brand in modo razionale, scientifico e coerente con le necessità fisiologiche del cervello.

Essa vanno da creare una domanda, a dare una risposta, a motivarla, a trovare una ragione che la dimostra, e a… le vedremo la prossima settimana.

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