Il nostro punto di vista sui mercati
[Inflazione e rischio geopolitico in Europa: siamo tornati negli anni ’80?]
L’inizio del 2022 sui mercati finanziari è stato caratterizzato da un notevole incremento della volatilità, che nelle fasi più acute ha comportato ondate di vendite generalizzate sulle principali Borse mondiali.
La tabella sotto riassume l’andamento dei principali mercati azionari da inizio anno ad oggi (%YTD – year to date – sia in valuta locale che in euro, vedi ultima colonna).
Movimenti di notevole entità hanno interessato i mercati obbligazionari, sui timori che le pressioni inflazionistiche possano portare le banche centrali a rimuovere le misure straordinarie a sostegno dell’economia in maniera più repentina del previsto, compromettendo le prospettive di crescita.
Il perdurare dell’inflazione: che negli USA è ai massimi dagli anni ‘80
L’inflazione negli USA è cresciuta del +7,5% a gennaio (base gennaio 2021), il livello più elevato da 40 anni a questa parte, spinta non solo dalle tensioni lungo le catene di fornitura, ma anche dalla forza dei consumi (in particolare di beni) e dagli aumenti salariali.
In Europa invece il quadro pare ancora ancorato alla narrativa che vede l’inflazione dipendere esclusivamente da fattori riconducibili alla rigidità dell’offerta, come le difficoltà di approvvigionamento del settore manifatturiero e i rincari delle commodities.
La diversa natura delle pressioni inflazionistiche ha portato la Banca Centrale Europea a dichiarazioni più accomodanti rispetto all’omologa statunitense (FED), ma le turbolenze hanno interessato anche i mercati obbligazionari europei.
Il rialzo dei rendimenti che ne è seguito si è manifestato sulle scadenze a breve termine dei titoli di Stato USA (più sensibili ad un eventuale rialzo dei tassi operato dalla FED), dove rendimento del titolo a 2 anni si è riportato oltre l’1,6%.
La tabella riassume i rendimenti dei titoli di Stato per le scadenze a 2 e 10 anni.
Come detto, le tensioni sui mercati obbligazionari si sono poi estese anche all’Eurozona, penalizzando maggiormente i titoli di Stato dei Paesi periferici (fra cui l’Italia) e portando ad un allargamento degli spread oltre che ad un rialzo dei rendimenti sulle scadenze a lungo termine.
Rivolgiamo particolare attenzione ai movimenti osservati sui mercati obbligazionari dei titoli di Stato in quanto è (anche) in funzione di questi rendimenti (i cosiddetti RISK FREE) che le altre attività finanziarie (asset class) più rischiose, dalle obbligazioni societarie alle azioni speculative, vengano prezzate. È ragionevole però ritenere che l’aumento di volatilità osservato sia stato dovuto più alla rapidità di questo rialzo dei rendimenti che non ai livelli raggiunti in termini assoluti.
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Contestualmente è stata osservata una netta sottoperformance dei titoli di società small e mid cap (a piccola e media capitalizzazione di mercato) e growth (con un alto potenziale di crescita): come, ad esempio, le tematiche innovative legate ai settori technology, biotechnology, clean energy ecc. - rispetto a quelli di società o settori caratterizzati da valutazioni più contenute e in grado di offrire maggiore visibilità su quelli che saranno i flussi di cassa futuri (energy, real estate, ecc.).
Questo è meno evidente se si guarda ai principali indici di Borsa, ma la dispersione dei rendimenti fra i diversi settori componenti il mercato nel suo insieme risulta molto marcata.
Il ritorno del rischio geopolitico: le tensioni fra NATO e Russia sull’Ucraina
Gli ultimi giorni hanno infine visto crescere i timori che un’escalation delle tensioni fra Russia e Paesi Nato possa portare ad un conflitto armato nel cuore dell’Europa.
Per quanto un’invasione dell’Ucraina da parte della Russia sia da ritenersi improbabile, resta alto il rischio di incidenti. Il cosiddetto rischio geopolitico è per definizione fra i più complessi da valutare, per i modi e i tempi nei quali si può venire a manifestare, ma nelle ultime ore è diventato il principale driver dei mercati finanziari.
Questo si è tradotto in vendite generalizzate sui principali indici azionari e in acquisti di titoli di Stato USA, anche a lungo termine, materie prime (oro e petrolio) e valute difensive (franco svizzero e yen).
La concomitanza fra questi eventi e la prospettiva di rimozione delle misure a sostegno dell’economia, che per l’ammontare delle risorse coinvolte non trova termini di paragone nella storia dei mercati finanziari, ha rappresentato una cornice ideale per una fase di cosiddetto RISK OFF.
Strategie di investimento: qualche consiglio per i vostri portafogli
La crescita economica si è confermata solida anche nel IV trimestre del 2021 e i risultati delle società quotate sono stati migliori delle aspettative. In questa fase di mercato, rivolgiamo maggiore attenzione alla capacità delle società di continuare a generare utili, ancora meglio se da ricavi in crescita che non dal taglio di costi.
I timori che un rallentamento dell’attività economica possa coincidere con un inasprimento delle politiche monetarie potranno caratterizzare tutto il 2022. Allo stesso modo, l’andamento dell’inflazione rimarrà al centro dell’attenzione ed è probabile che, nonostante i fattori alla base dei rincari osservati mostrino perlopiù natura transitoria, alcuni prezzi non rientreranno ai livelli pre-pandemia.
L’attuale fase di mercato è caratterizzata da una certa fragilità, ma un graduale rialzo dei tassi da parte delle banche centrali non necessariamente deve coincidere con una fase di calo per le Borse – a meno che non sia così repentino da compromettere la crescita economica, ma storicamente non è stato così. Allo stesso tempo, nonostante le banche centrali siano oggi inclini nel tollerare un’inflazione più elevata che in passato (con l’obiettivo di ridurre il valore reale dello stock di debito accumulato), è chiaro come il rischio di una fuga dai titoli di Stato sia uno scenario che vogliano evitare.
Per quanto sia nostra convinzione che alcune tipologie di investimento vadano in questa fase evitate, come le obbligazioni ad alto rendimento (high yield) o quelle denominate in valute locali di Paesi che presentino un quadro politico compromesso (come la Turchia o la Russia), altre sono tornate a presentare un quadro valutativo interessante. Riteniamo che nei portafogli di investimento possano trovare maggiore spazio le strategie con focus sull’Asia, sulla qualità dei dividendi (che non è necessariamente sinonimo del cosiddetto stile value), come anche sui settori health care, biotechnology (che continuiamo a prediligere), clean energy o agribusiness.
Sul fronte del reddito fisso riteniamo invece opportuno incrementare la porzione di portafoglio dedicata alle asset class cosiddette ibride (preferred shares, convertible bond, ecc.), come anche quello delle obbligazioni emesse da emittenti dei Paesi emergenti (per le quali può essere considerata anche la selezione di un fondo comune a gestione attiva). Suggeriamo invece maggiore cautela nei confronti di asset class che potrebbero intuitivamente venire percepite come difensive, ad esempio le obbligazioni inflation-linked, in quanto non premianti in fasi di rialzo dei tassi reali (con eccezione di alcuni emittenti, fra i quali l’Italia). Si conferma invece come asset difensivo il dollaro statunitense.
Milano, 16 febbraio 2022
Senior Partner - La Compagnia Holding SpA
2 anniNon mischiamo mele con pere. L'inflazione americana è dovuta a moneta di ritorno (stampata ed esposrtata). L'inflazione Europea è di natura geopolitica e non di mercato (tolti gli energetico dal panel istat l'inflazione si attesta attorno al 2%). Middle e Far East stanno bypassando il Swift ergo le banche allegeriscono le roserve in dollari che tornano in patria. La Fed alza i tassa per proteggere il potere di acquisto e la supremazia monetaria Dolla Stamdard. Ma non sarà sufficiente se Rissia, Cina e altri Paesi adotta o un proprio sistema di regolamentazione delle transazioni internazionali... perche inondano il di USD che espandono la moneta in circolazione in USA provocando uno Tsunami inflazionistico un rialzo dei tassi e il crollo dei loroercati azionari (quotati a multipli da fantascienza). Cosa avevano in testa i gestori di portafoglio? Pensavano che le Banche Centrali continuassero a sostenere sovraproduzione irreale pompa do inflazione direttamente negli asset per sempre? Come si fa ad avere in portafoglio azioni Ev/Ebitda x 20 o EPS x 30 e meravigliarsi della "turbolenza" con la rottura del wto? Stupisce che si stupiscano