Il Rapporto di Mario Draghi: il futuro della competitività europea
In questi giorni si fa un gran parlare del Rapporto Draghi e del suo contenuto e io desidero fare alcune considerazioni al riguardo.
Innanzitutto partiamo da una premessa obbligatoria: il mandato a Draghi di predisporre un documento sul tema della concorrenza in UE è stato affidato personalmente lo scorso anno dalla Presidente Ursula von der Leyen in virtù di una stima e un'ammirazione sulle capacità del nostro ex Presidente del Consiglio.
Ammetto di essere sempre stato un grande estimatore di Draghi e vedere che fuori dall'Italia la stima di cui gode è infinitamente superiore a quella che gli viene riconosciuta non tanto dagli italiani quanto dalla classe politica che mal ne sopportava (e credo ancora sopporta) la personalità e il prestigio internazionale, ne ho la riprova.
Nel leggere con la dovuta attenzione tutte le pagine del documento ho avuto conferma della sua lucidità e della sua lungimiranza pur leggendo dei commenti non lusinghieri da parte di una classe politica attenta allo status quo senza interpretare e capire la visione per il futuro su cui Draghi ha incentrato il proprio lavoro.
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Io però desidero soffermarmi sulle sue considerazioni e soprattutto sulle sue "ricette" esclusivamente sul tema innovazione, tralasciando gli altri due (decarbonizzazione e sicurezza) perché estranei alla mia cultura ed esperienza anche se assolutamente condivisibili e provare a confrontarle con la nostra situazione italiana.
Il cosa fare? di Draghi si basa su alcuni suggerimenti che, a mio modo di vedere, sono assolutamente sovrapponibili, in particolare:
Se, come ho detto prima, proviamo a confrontare queste sollecitazioni contenute nel documento Draghi con la nostra situazione italiana, ci dobbiamo rendere conto di quanto si adattino alla nostra realtà, per non mantenere posizioni, ma per una crescita possibile e auspicabile: un lavoro e un impegno che dovrà vedere assieme tutti gli attori protagonisti, imprese, governo, istituzioni e cittadini e senza il quale, come ha paventato Draghi, rischiamo come Europa e ovviamente come Italia, di perdere gran parte delle posizioni e dei successi ottenuti fino ad ora e di diventare marginali nel contesto mondiale.