Il significato di ricostruzione
" bisogna ricostruire tutto com’era e dov’era. Sradicare le persone dai loro luoghi è un atto crudele. Vuol dire aggiungere sofferenza alla sofferenza"
Questo è un brano dell'intervista di Giangiacomo Schiavi per il Corriere della sera a Renzo Piano sul tema della ricostruzione dopo il terremoto. Terremoto, Renzo Piano: «Incentivi e bonus casa per mettere in sicurezza l’Italia fragile»
Sono convinto che una figura come Renzo Piano debba essere ascoltata, indipendentemente dalla condivisibilità o meno delle sue proposte.
Certamente la sua presa di posizione da' la possibilità di ampliare il dibattito, l'ennesimo, sul post-terremoto. Piano riprende le inascoltate mozioni di geologi, ingegneri, architetti e costruttori sul tema, ahimè diffuso in tutto il territorio nazionale, della prevenzione dei rischi sismici e sulla necessità di svolgere sul patrimonio edilizio esistente un'analisi diagnostica seria ed approfondita. Propone di intervenire, dove possibile, con strumenti tecnici simili alla microchirurgia con il "cantiere leggero". Propone anche di utilizzare i bonus fiscali incentivanti per la mesa in sicurezza sismica delle abitazioni.
Ermete Realacci, presidente della VIII Commissione Ambiente della Camera, e Giuseppe Marinello, presidente della XIII Commissione Ambiente del Senato hanno dichiarato: “Primi passi sono stati mossi anche per favorire la messa in sicurezza in chiave antisismica delle abitazioni: l’ecobonus, la detrazione fiscale del 65% dei costi dei lavori, è stato esteso anche a questa tipologia di interventi. Adesso bisogna rafforzarlo ed estenderlo agli interi edifici, alle strutture pubbliche e alle imprese”. http://www.ediltecnico.it/adeguamento-sismico-detrazione-65-mappa-comuni-italiani/
Fin qui, nulla da obiettare. Come non essere d'accordo. L'affermazione di Renzo Piano poi, sui tempi della ricostruzione "Non si fa in un paio d’anni. Servono due generazioni. O anche più. D’altra parte la natura ragiona su tempi molto più lunghi." coincide con le affermazioni del vituperato Guido Bertolaso che parlava di un minimo di dieci anni per la ricostruzione del centro storico a L'Aquila.
Sono passati già oltre sette anni dal terremoto a L'Aquila e la ricostruzione, tranne che per diversi interventi privati, è, per molti edifici pubblici, ferma ancora alla dignostica ed alla progettazione.
Ho ascoltato con attenzione, in questi giorni, innumerevoli prese di posizione sull'argomento della ricostruzione. La stragrande maggioranza degli interventi suggerivano di prendere le distanze dal modello delle new town aquilane voluto dall'allora governo Berlusconi. Le motivazioni di questa opposizione si divide principalmente in due flussi di pensiero: il primo relativo alla pessima qualità delle case costruite dopo il terremoto ed il secondo relativo allo sradicamento degli abitanti dai luoghi della propria vita sociale e relazionale.
Dirò più avanti il mio pensiero sulla qualità delle nuove case a L'Aquila. Credo che però il tema del mantenimento dei sopravvissuti al terremoto nei luoghi della loro esistenza debba avere la priorità.
"I residenti dicono che le case sono abbastanza comode, ma è venuto a mancare il senso di comunità: non esistono bar, negozi o ristoranti, solo case circondate dal nulla. E ormai hanno perso la speranza di tornare un giorno nelle loro vecchie abitazioni." http://www.tpi.it/mondo/italia/errori-ricostruzione-aquila-terremoto-amatrce
Ho provato a documentarmi per quanto era possibile sulle devastazione nei luoghi dell'ultimo sisma.
Oltre ai crolli provocati dal sisma, sarà necessario procedere ad ulteriori demolizioni e messa in sicurezza del patrimonio edilizio recuperabile. Dice Piano: "Servono due generazioni. O anche più."
Il tema dunque è cosa ricostruire e cosa fare nel frattempo.
Siamo davvero sicuri che tutti gli edifici colpiti dall'ultimo sisma debbano essere ricostruiti? La ricostruzione deriva da una necessità storica e culturale o da una pulsione di affezione alla propria casa ed al contesto? Il dibattito sul recupero dell'esistente si è spostato già da qualche secolo dal singolo edificio (o monumento) al centro storico. Anche i più disattenti non possono che cogliere la valenza del contesto storico edificato, rappresentato non solo dagli edifici, ma anche dai vuoti, strade e piazze, e dalla vita sociale che in esso si svolge.
Dunque il tema non è solo ricostruire gli edifici, ma ridare ai centri colpiti la dignità di centro della vita relazionale e sociale precedente.
Tento una provocazione: nell'autunno del 1776 una località, ora frazione del comune in cui risiedo, venne completamente spazzata via da un'inondazione del Po, che addirittura spostò il proprio alveo sommergendo definitivamente le abitazioni. Vennero rifatti gli argini e il paese ricostruito all'interno della zona protetta dall'argine, a cominciare da una nuova chiesa parrochiale. Sono passati più di duecento anni e nessuno, storici a parte, ha più memoria di quell'inondazione. La vita è ricominciata al di qua dell'argine con tutte le sue valenze sociali e di relazione.
Lasciamo lavorare geologi e strutturisti capaci per censire ciò che è possibile recuperare. Lavoriamo nel frattempo su un tema che oserei definire "urbanistico". Se le new town aquilane sono carenti, lo sono soprattutto perchè furono realizzate come città dormitorio, in attesa di un recupero degli edifici esistenti. Serve un nuovo progetto di riqualificazione urbanistica che valuti come riprendere i connotati sociali ed esistenziali dei centri distrutti per lenire le sofferenze di cui parla Piano. Potrebbe servire un piccolo ripasso di un saggio, forse datato, come Genius loci, paesaggio ambiente architettura di Christian Norberg Schulz.
Non credo ci sarà qualcuno che si assumerà l'onere e la responsabilità di decidere quali parti dei centi abitati andate completamente distrutte non saranno più tecnicamente ed economicamente recuperabili. Sarebbe però un primo segno di civiltà. E' certamente difficile mantenere parti di un centro storico e ricostruire un differente luogo di interazione sociale ed economica, ma è la strada meno impervia rispetto a proporre di ricostruire tout court, devolvendo inarrivabili illusioni.
Dunque veniamo al secondo punto a sfavore degli interventi aquilani: la pessima qualità delle costruzioni, le imprese fallite e le interazioni mafiose.
Dice Piano: "Si possono fare in poco tempo case di legno, a 600 euro al metro quadrato. Come a Onna, in Abruzzo. Finita la ricostruzione si ricicla tutto: il terreno occupato poi torna a essere campo di grano o pascolo."
Posso solo consigliare prudenza sulle cifre, perchè oltre al possibile costo indicato per le costruzioni in legno provvisorie, devono essere realizzate comunque opere di urbanizzazione e reti tecnologiche (strade, parcheggi, fognature, reti di acqua, gas e elettricità). Vista anche la condivisa certezza sull'incapacità di indicare tempi per la ricostruzione, valuterei con attenzione l'investimento e il successivo ritorno bucolico.
Detto della pessima qualità urbanistica delle cosiddette new town, è da considerare il ben differente numero di alloggi necessari per l'ultimo evento sismico di Amatrice e dintorni, rispetto ai terribili numeri a L'Aquila.
A nessuno sfugge la problematica relativa alle vicende giudiziarie che hanno coinvolto alcuni interventi realizzati: per esempio la vicenda relativa alle costruzioni con legname fornito dalla piacentina Safewood e con appalti in odore, secondo i magistrati, di camorra. Per intenderci sono le case dei balconi crollati: L’Aquila, case antisismiche con legno “scadente”. Procura sequestra 800 balconi
Per fortuna non sono pochi gli interventi ben realizzati e portati a compimento nei tempi programmati. Cito, senza ovviamente alcun scopo propagandistico, ma solo per fornire una documentazione, due esempi sotto riportati: Wolf Haus - Emergenza Sismica: L'Aquila e Wood Beton - Ricostruzione a L'Aquila dopo il terremoto
Un'ultima obiezione dei detrattori delle case aquilane è che per la realizzazione degli interventi non è stata utilizzata mano d'opera locale, ma solo operai e tecnici provenienti in gran parte dal nord Italia. Mi permetto di segnalare che la costruzione di strutture prefabbricate in legno richiede mano d'opera altamente specializzata che difficilmente si sarebbe potuta formare data la ristrettezza dei tempi.
Il significato di ricostruzione. Anche a tale proposito, se nella sofferenza per il disastro si può individuare un aspetto di speranza per il futuro, consiglio la lettura di un documento molto interessante: il Progetto di Territorio Amatriciano nell'ambito del Piano territoriale provinciale generale di Rieti. Qui si trovano molte indicazioni utili se si vuole approfondire l'argomento del futuro per Amatrice e dintorni, ma soprattutto una indicazione a mio avviso illuminante.
Negli obiettivi e criteri progettuali si parla di prospettive sul tema dello sviluppo delle produzioni locali e di integrazione con l'ambiente. Cito: - riattivazione del ciclo del legno attraverso interventi di forestazione naturalistica, reintroduzione di essenze di qualità che qui possono trovare buone condizioni di sviluppo (quercia, rovere, ciliegio, noce, ecc.) e che possono collegarsi e riorientare microfiliere della lavorazione artigianale e industriale del legno, anche per la creazione di prodotti finiti ad alto valore creativo e tecnologico (arredamento) legati ad una specifica tradizione locale del reatino che va però decisamente innovata.
Perchè non puntare su questa, come su altre realtà economiche (ricordo che la principale risorsa di Amatrice e dintorni è il turismo) per ridare speranza e dignità alle popolazioni colpite. Voglio citare ad esempio l'esperienza della Rete di Imprese 12-to-Many ed i suoi Nodi operanti in Alta Carnia (UD), "la prima rete di imprese in Italia della filiera foresta-legno".
Il significato di ricostruzione è avere la forza di guardare avanti.
Operatore Termografico di II° livello, Tecnico CND, Ispettore Ponti e Infrastrutture, Operatore/Pilota RPAS - Referente Fotografia del Comitato Regionale Emilia Romagna della Croce Rossa Italiana
8 anniGrazie Giorgio , tutto molto interessante .