IL VIAGGIO DELL'EROE•15 All in

IL VIAGGIO DELL'EROE•15 All in

«Ti amo quando hai freddo e fuori ci sono 30 gradi. Ti amo quando ci metti un'ora a ordinare un sandwich. Amo la ruga che ti viene qui quando mi guardi come se fossi pazzo. Mi piace che dopo una giornata passata con te sento ancora il tuo profumo sui miei golf, e sono felice che tu sia l'ultima persona con cui chiacchiero prima di addormentarmi la sera. E non è perché mi sento solo, e non è perché è la notte di capodanno. Sono venuto stasera perché quando ti accorgi che vuoi passare il resto della vita con qualcuno, vuoi che il resto della vita cominci il più presto possibile»

– Harry ti presento Sally


«Sì è magnifico vivere di solo spirito, e giorno dopo giorno testimoniare alla gente, per l'eternità, soltanto ciò che è spirituale. Ma a volte la mia eterna esistenza spirituale mi pesa. […] Vorrei poter dire: "ora", "ora", e "ora". E non più "da sempre", "in eterno". Per esempio... non so... sedersi al tavolo da gioco, ed essere salutato... Anche solo con un cenno... Ogni volta che noi abbiamo fatto qualcosa, era solo per finta. Ci siamo lussati l'anca facendo la lotta, di notte, con uno di quelli: sempre per finta. E ancora per finta abbiamo preso un pesce, per finta ci siamo seduti a un tavolo, abbiamo bevuto, mangiato. […] Non che io voglia generare subito un bambino, o piantare un albero. Ma in fondo sarebbe già qualcosa ritornare a casa dopo un lungo giorno, dar da mangiare al gatto come Philip Marlowe, avere la febbre, le dita nere per aver letto il giornale; entusiasmarsi […] finalmente anche per un pranzo, per la linea di una nuca, per un orecchio; mentire, e spudoratamente; e camminando sentire che le ossa camminano con te; supporre, magari, invece di sapere sempre tutto... "Ah!", "oh!", "ahi!": poterlo dire, finalmente, invece di "sì" e "amen"»

Il Cielo sopra Berlino


Nel precedente capitolo abbiamo visto che l'unità della storia si inscrive nell'unità di un'azione, che è il congiungimento con – o preservarsi di – un oggetto di valore. Ma che cos'è esattamente un oggetto di valore? Cioè: cosa definisce che un oggetto abbia valore e un altro no? Uno di più e l'altro di meno?

Questa è una domanda alla quale è impossibile rispondere.

È come cercar di dire cosa sia l'amore, cosa la verità. Ne intuiamo la sostanza, ma ci è celata la loro ontologia. Per assurdo, sono proprio essi i principi dai quali definiamo l'ontologia delle altre cose. Ma perché amiamo? Perché l'amore è il motore delle cose? A questa domanda possiamo solo rispondere: "perché l'amore è".

Possiamo esprimere la corrispondenza dell'amore solo nell'esperienza del vuoto che la sua assenza genera. È la scoperta del vuoto che ci dice la grandezza di ciò che prima lo riempiva e che ora manca. Perché il vuoto lo si scopre; come dopo un amore tradito, dopo un'amicizia spezzata, dopo una gioia infranta. Il vuoto che si genera ci racconta della pienezza vissuta. Da quel giorno faremo i conti con quel vuoto lì; e domani potrà essere diventato solo più grande.

Solo l'esperienza può dire il valore delle cose. E per questo raccontiamo storie: condividiamo esperienze. Cerchiamo di ritrovare nei sintomi della nostra quotidianità i segni che possano dirci del significato di queste cose, che possano almeno indicare dove è plausibile che risieda la loro ontologia. Per questo per conoscere il valore delle cose dobbiamo metterlo in relazione con quella forza dinamica della realtà che si chiama Posta in gioco.

La posta in gioco è la scommessa che ci richiede il vivere. La vita volendo è un gioco, come una partita a poker. Ritirarsi vuol dire essere fuori dal gioco; e chi rimane al tavolo, può tentare di risparmiarsi, ma a ogni giro dovrà puntare. E se non investiamo per guadagnare, lentamente le nostre fiches diminuiscono, e tremiamo; perché gli unici altri che devono abbandonare il tavolo sono i nullatenenti.

La posta in gioco è la risposta alla domanda: quanto perdo se perdo?

Forse vi state già domandando – o altrimenti lo farete presto – se possiamo davvero calcolare una quantità nel valore delle cose. Quanto vale la vita? Quanto un'amicizia? "Sono in-quantificabili" direte, il loro valore è incommensurabile.

S-nì. Questo può valere per il problema di dare un prezzo alla vita, all'arte. Ma prendete un uomo che sposa una donna a vent'anni; hanno cinque figli, una casa e tre cani, festeggiano sessantacinque anni di matrimonio; poi lei si spegne nel sonno. Ora invece prendete un uomo che da dieci anni desidera l'amore di una donna, e per tutto quel tempo l'ha attesa. Finalmente lo sposa; ma quella sera stessa la donna muore inaspettatamente.

Chi dei due ha perso di più?

L'esperienza è tanto più grande quanto più alta è la posta in gioco. Per questo le grandi storie hanno alte – altissime! – poste in gioco.

Ne I Miserabili, Valjean sconta diciannove anni di galera … per aver rubato un tozzo di pane! E quel pane non era per lui, ma per i figli della sorella che non poteva sfamare col salario di potatore. Cinque anni per il furto, gli altri per l'aggravante di aver cercato di fuggire tre volte. Valjean fa un esame di coscienza e ammette le sue colpe, ma riconosce l'ingiustizia della punizione che gli è stata inflitta. In questo giudizio egli cova vendetta. Ben diverso sarebbe stato se, affamato, avesse rubato le provviste di una macelleria e poi fosse stato arrestato per il tempo consono. Ma i fattori in gioco delineano il valore, il tempo rubato, la partita sleale, e il bisogno di giustizia.

Prendiamo ora la scena che segue, quando in libertà condizionata, Valjean deruba il vescovo. È importante però vedere che il vescovo è stato l'unico ad averlo accolto, gli ha dato da mangiare, gli ha dato un letto. Ascoltato il suo racconto, Myriel ha riconosciuto l'ingiustizia che Valjean vive e gli ha promesso un buon lavoro. Eppure Valjean lo deruba! Questo è un atto di grande valore negativo! Eppure la storia non finisce qui.

Acciuffato dai gendarmi viene portato dal vescovo. "Monsignore, quest'uomo ha avuto il coraggio di dire che gli avete regalato l'argenteria". Ed ecco le parole terribili del vescovo: "ha detto il vero! Ma amico mio, avete dimenticato questi due candelabri, che da soli valgono più di tutte le posate", e gli rende i candelabri. Perché "parole terribili"? Perché Valjean è scosso nel profondo da quel perdono; perché la posta in gioco era altissima! Ha tradito l'unico uomo che l'abbia soccorso, un uomo potente per di più, e con una parola soltanto poteva rispedirlo nell'inferno da cui è appena uscito. Ma non è tutto! Il vescovo gli si avvicina e gli sussurra all'orecchio: "ecco, ricordate amico mio, che con questo argento ho comprato la vostra anima per Dio".

Siamo ancora convinti che la vita non abbia prezzo? Myriel ha addirittura la pretesa di comprare un'anima. Ma ancora una volta, la storia non è finita.

I più pensano che a questo punto Valjean si converta, ma c'è ancora un episodio chiave. Caricato il sacco in spalla, Valjean si allontana, quindi corre e poi fugge, fin nel cuore della campagna. Lì, senza fiato, sosta, da solo di fronte alle montagne. Ecco che arriva un piccolo savoiardo, tal Gervasino, che fa saltare contento la sua moneta guadagnata alla fine della giornata. Ma la moneta gli sfugge e rotola fino al piede di Valjean che gli si poggia sopra. Gervasino la chiede indietro, ma Valjean lo scaccia minacciandolo col bastone. Il bimbo terrorizzato corre via in lacrime.

Passano le ore, Valjean è sempre fermo sul posto; è il freddo che lo ridesta. E quasi "si accorge" della moneta. La prende in mano … e boccheggia. Comincia a gridare il nome di Gervasino ai quattro venti, ma del ragazzo non c'è traccia. Passa un curato a cavallo e chiede a lui, ma il curato non sa dire; Valjean gli dà molti soldi per la sua chiesa. L'ex galeotto insiste, ma il curato, pavido si ritrae; Valjean gli dà molti soldi ancora per i suoi poveri. Disperato gli grida: "mi arresti padre! Sono un ladro". Il curato fugge via al trotto, lasciando lì Valjean a singhiozzare. Quella notte Valjean dovrà decidere quale strada seguire: se quella sua della vendetta, consegnando così l'anima al diavolo, oppure quella del perdono di Myriel, deponendo però il rancore per l'ingiustizia subita.

L'indomani all'alba il giardiniere vede un uomo in ginocchio di fronte alla porta del vescovo.

E tutto per una moneta!

Ma quale moneta! Quella moneta vale tutto. Perché anche il denaro accresce e perde il suo valore. In confronto a quella moneta non valgono nulla i candelabri, i molti soldi dati al curato. In che senso "non valgono nulla"? Nel senso che non sono in grado – da soli – di salvare l'anima di Valjean; eppure quella sola moneta è in grado di condannarla. Quella moneta è la sua corruzione, è il tradimento della grazia ricevuta. Valjean passerà molti anni a fermare i piccoli savoiardi e dar loro una moneta chiedendone il nome; non riuscirà mai a trovare il piccolo Gervasino.

E così quei candelabri li avrà con sé fino alla morte, che anche nelle ore più buie del suo cuore lo ammoniranno: "ho comprato la tua anima per Dio".

Questa è una conversione. Togliete uno solo di questi fattori, e l'esperienza ne esce più povera. Tutto concorre all'accrescere il valore di quella rivelazione di fede. Tutto concorre sulla tavola ad alzare la posta in gioco.


Un'ultima nota prima di concludere; un espediente forse, ma in esso un modo per avere più famigliarità con il concetto:

Se volete alzare la posta in gioco, giocate con il tempo.

Il tempo è un principio di valore universalmente accettato. È per il tempo che l'antiquariato assume valore crescente; è nel tempo che si formano i diamanti. Il tempo definisce il valore di ciò che dura.

Ma anche di ciò che dura poco! Come negare il valore di un istante? Delle primule che aprono la primavera? Dei fugaci ciliegi in fiore? Un anno li attendiamo. E poi una settimana o poco più e già non sono. Cosa vale di più: la sfuggente bellezza femminea, che fiorisce e poi appassisce, oppure il sudato governo mascolino, che con tenacia e lavoro acquista sempre più smalto? Valgono più i fiori di campo o le querce secolari? Cosa è più temibile: ciò che fragile o ciò che è fossile?

L'uomo vive tra questi due poli: il dolore dell'attesa e il dolore della fine. E il tempo determina il primo e l'ultimo. Attendiamo di poterci riscattare nella nostra partita a poker, e temiamo quell'azzardo che può sottrarci tutto in un soffio.


Soltanto nella posta in gioco si gioca l'esperienza. La verità, che risiede nell'esperienza, si impara per necessità, non per scelta. La verità ci si impone, nella realtà, attraverso la realtà. il valore delle cose è imposto dall'oggetto: le cose valgono perché ci costano care.

Quando raccontiamo, alziamo la posta in gioco e accresceremo il valore: accresceremo l'esperienza.




Imparare lo  Storytelling non serve solo a saper scrivere, ma anche a saper leggere, e a saper interpretare. Per questo  stiamo organizzando corsi di formazione per i docenti in storytelling. Desideriamo formare professori e insegnanti che siano in grado di guidare i loro allievi nel mare magnum delle storie.          
Dall' Odissea a  Il Padrino, dalla  Divina Commedia a  Game of Thrones: esiste un solo racconto che si ripete nelle più svariate e mirabili forme, eppure rimane lo stesso viaggio. È il viaggio dell'eroe.          
Stay tuned.

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