Indicazione di origine in etichetta: come nasce il "fake food"

Indicazione di origine in etichetta: come nasce il "fake food"

Di 1/3 dei prodotti alimentari commercializzati in Italia non si conosce la provenienza delle materie prime e molti alimenti vengono venduti come “made in Italy” anche quando in Italia vengono unicamente lavorati. È il caso di molte farine prodotte con grano straniero macinato in stabilimenti italiani o di salumi “made in Italy” lavorati e stagionati in Italia, da suini europei o extracomunitari.

È in questo modo che nasce il "fake food": prodotti indicati come “made in Italy” ma che di italiano hanno poco o nulla.

Questo sistema, oltre ad essere ingannevole per il consumatore, è anche controproducente per le aziende 100% made in Italy e per i produttori di materie prime nazionali, penalizzando l’intero commercio del settore primario.

Se è vero che una buona parte di prodotti alimentari, soprattutto quelli freschi, sono già soggetti ad obblighi di tracciabilità in etichetta, è anche vero che molti alimenti di largo consumo continuano a non essere controllati in modo opportuno e soddisfacente per i consumatori o per i produttori. Sembra poi paradossale che legislazioni sull’indicazione di origine in etichetta siano approvate e consolidate per prodotti come carne di pollo (e derivati) o carne bovina, ma non per i salumi o per le carni trasformate. Oppure per la passata di pomodoro, ma non per i sughi pronti…



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