Intervento su STARThubTorino

Si avvicina a grandi passi una data che avrà un’importanza chiave per il futuro del nostro Paese, il 4 marzo, giorno in cui andremo alle urne per le elezioni politiche.

Il nuovo governo avrà il compito di mettere in campo politiche efficaci per la crescita e lo sviluppo, in modo da cercare di invertire la tendenza dell’ultimo decennio, caratterizzata da impoverimento, disoccupazione e scarse risorse destinate agli investimenti in ricerca, tecnologia e innovazione.

Purtroppo le dichiarazioni formulate in campagna elettorale sino ad ora, non tracciano indicazioni precise di quali potrebbero essere le attuabili strategie politiche dei diversi schieramenti su queste tematiche, a nostro giudizio fondamentali.

La sensazione è che parole come “Innovazione” e “Start up” vengano utilizzate più che altro come slogan ad effetto per affascinare l’elettorato, ma che dietro manchino una visione d’insieme e una logica di lungo periodo.

Al momento nessuno dei candidati in corsa per le più alte cariche del nostro futuro governo si è espresso in maniera chiara in proposito, spiegando approfonditamente la sua ricetta per stimolare la nascita ed il sostentamento di start up innovative, dedite alla ricerca ed allo studio e approntamento di tecnologie nuove; nessuno si è sino ad ora spinto a dare contezza di quali saranno le risorse e quali gli strumenti che saranno messi in campo.

Come Federformazione, in quanto rappresentanti del comparto della formazione professionale, non possiamo che auspicarci che venga dato spazio, in questo ambito, ad importanti investimenti in termini di risorse economiche ed intellettuali, poiché la R&S rappresenta senza dubbio una delle principali vie, se non la maggiore, percorribile per rilanciare la crescita del Paese.

La formazione, va da sé, dovrebbe rappresentare un elemento cardine in tutti i progetti di sviluppo che prevedano attività ad alta specializzazione e innovazione, e siamo convinti che le professionalità del nostro settore, messe “a sistema”, potranno garantire trasversalmente opportunità di crescita a tutte le fasce della popolazione attiva, attraverso un piano nazionale di politiche del lavoro che sia il più possibile coerente con i bisogni del mercato, specifico e mirato.

Formare o riqualificare lavoratori ad alta specializzazione e competenza è a nostro avviso fondamentale per implementare e conservare competitività alle imprese nazionali, in un contesto socio-economico in preda ad una evoluzione talmente frenetica da portarci ragionevolmente a stimare che gran parte dei bambini che in questo momento frequentano la scuola primaria, in futuro svolgerà lavori che ancora non esistono. In quest’ottica è facile comprendere come la formazione, continua e di qualità, possa rappresentare lo strumento principale per sostenere imprese al passo col mercato.

Non possiamo accontentarci di sentir mettere la parola innovazione un po’ ovunque, “come il prezzemolo”, senza che ne venga data una reale contestualizzazione e senza che venga minimamente palesata la volontà progettuale di costruire una regia di fondo che sovraintenda a tutti i processi che da essa ed in essa trovano ragione di esistere.

Altri Paesi si stanno muovendo da anni in questa direzione: in Olanda ad esempio, da un paio d’anni è stato creato un organismo unico che raccoglie e mette in connessione tutte le start up innovative con i cluster tecnologici, allo scopo di garantire un coordinamento razionale e moltiplicare le potenzialità dell’intero sistema. L’Ente preposto al coordinamento, che si chiama StartupDelta, figlio di un partenariato al 50% fra pubblico e privato, ha il compito di spingere i Paesi Bassi a scalare le classifiche internazionali in fatto di innovazione.

Nella stessa direzione si sta muovendo, ad esempio, anche la Francia, con il governo Macron che sta lavorando alla creazione di un fondo da 10 miliardi di euro per l’innovazione e la ricerca.

E come questi esempi, molti altri Paesi stanno applicando politiche di sviluppo in questo senso.

E in Italia che si farà? Questa è la domanda a cui vorremmo avere risposta. Oggi dalla politica, domani da chi sarà chiamato a governarci. Vogliamo davvero rischiare di perdere anche i prossimi treni lasciando le nostre imprese in attesa sulla banchina?

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