INTOLLERANZA
Mesi fa ho tenuto una lezione in una scuola privata. Saltuariamente mi capita di essere chiamato e altrettanto saltuariamente mi presto, per considerare da vicino situazioni e contenuti. Fare il formatore implica anche questo tipo di curiosità.
Devo dire che sono rimasto scioccato, ferito e seccato insieme dall'atteggiamento indisponente e irrispettoso che alcuni alunni hanno avuto nei confronti di altri compagni e, nascostamente, verso alcuni docenti e operatori ATA. Non voglio riportare i singoli episodi.
La cosa mi ha condotto a interrogarmi una volta di più su tematiche che reputo cogenti.
Da dove nasce l'offesa dell'altrui dignità? Da dove nasce il rifiuto dell'altro?
Da dove nascono i bulli? Da dove nasce la violenza?
In particolare, da dove nasce l'intolleranza?
Possibile che nessuno, tra adulti e ragazzi, ne sia immune?
Argomenti capitali, lo so bene, sui quali si sono pronunciati fior di filosofi, psicologi, scienziati e altre figure, dall'antichità ad oggi e sui quali non c'è una risposta univoca.
Ritengo, in ogni caso, manifesto che la nostra società, italiana e non solo, stia producendo violenti trogloditi in serie. Per violenti non intendo solamente coloro che usano la forza fisica come mezzo prevaricatore, ma anche coloro che più subdolamente adottano pensieri, parole, atteggiamenti mortificanti il prossimo pur senza toccarlo fisicamente.
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Tali individui hanno già stabilito che tu non vai bene, chiunque tu sia, a priori. Quel 'tu’ varia a seconda dei soggetti e delle situazioni: può essere la persona diversamente abile, il povero, la persona sensibile, la donna (uno dei bersagli preferiti), la persona con determinate caratteristiche e passioni, la persona con un orientamento sessuale, politico o religioso diverso dal loro e così via all’infinito.
Essi vanno sempre bene, tu no. E’ questo l’inizio dell’intolleranza patologica la quale, se non trattata, sfocia nella violenza. Se poi questi soggetti si uniscono, ecco che diventano massa, non più popolo e questo diventa un problema pericolosissimo.
Perché non sappiamo più andare oltre alle apparenze, per quanto urticanti possano sembrarci all'inizio e cogliere il senso vero, profondo, dell'altro, il senso che E’ l'altro, invece di demolirlo?
Perché non sappiamo più "comprendere" l'altro entro il nostro orizzonte di vita? Perché non ci percepiamo come un bene, ma come un insopportabile peso e problema, un limite alla nostra realizzazione?
Personalmente sono convinto che questa devianza, questa stortura abbia sempre alla base una profonda insicurezza unita ad una ancor più profonda difficoltà o incapacità di comprensione della realtà e del prossimo, direi un rifiuto coatto a comprendere le situazioni e gli esseri umani oltre al proprio immediato interesse o bisogno. Infatti, pensare, comprendere costa sforzo e non tutti sono pronti a farlo. E’ più facile essere tranchant, è più facile giudicare che cercare di affrontare una questione. Questo rifiuto produce per conseguenza pensieri distorti, del tipo ‘io sono forte, tu sei debole’, 'io sono adeguato, tu no’, ‘io merito, tu no’, ‘io sono er meio, tu avanzi’, ‘io sono io e voi non siete un c…’, ‘io valgo, tu no' eccetera, fino, in alcuni casi, al delirio paranoide.
La storia, locale e sovralocale, ha ampiamente mostrato i risultati di questo nefasto modo di pensare e di agire.
Tali persone vanno curate. Sul come lascio dire agli specialisti.
Ma solo dopo andrebbero inserite nella società che diventerebbe, in questo modo, davvero civile.
Progettista Bandi PMI e Formazione | Master in Human Resource Management | Scienze e Tecniche Psicologiche.
2 mesiQuanta verità nelle tue parole...Oggi viviamo in una società che ci spinge costantemente ad accumulare beni e a inseguire il successo personale. Questo ci rende più egoisti e meno attenti agli altri. I ragazzi, cresciuti in questo contesto, tendono a vedere gli altri come semplici strumenti per raggiungere i propri obiettivi, senza riconoscere il valore di ogni individuo. La scuola, spesso focalizzata sulla competizione e sulla conformità, non sempre aiuta a sviluppare l'apertura mentale e il rispetto per le differenze. È quindi fondamentale insegnare ai giovani a pensare in modo critico, a riflettere sulle proprie azioni e a capire che ognuno di noi è unico e ha il diritto di essere se stesso. Dobbiamo aiutarli a superare i pregiudizi e a riconoscere la ricchezza che deriva dalla diversità, come suggeriva E. Fromm:"L'essere umano è capace di amare, di essere creativo, di percepire la bellezza, di gioire e di soffrire. Ma queste capacità non si sviluppano automaticamente; esse devono essere coltivate." Solo così potremo contribuire ad una società più giusta e solidale.