La Conferenza internazionale di Hofstede Insights per la prima volta a Milano
Che conseguenze comportano le differenze culturali per il brand di un’azienda globale, e non solo?
Molte risposte interessanti sono scaturite dalla conferenza internazionale “The Power of Culture-Led Brands”, organizzata da Hofstede Insights, appena conclusasi a Milano, presso Mediobanca Conference Room.
Gli oltre cento partecipanti hanno seguito un programma molto intenso che ha esplorato l’impatto delle culture sui brand e come si possa integrare strategicamente il fattore cultura, a beneficio delle aziende e dei loro clienti.
Ma ancor prima di quello aziendale, esiste un brand personale: i presenti hanno sperimentato da subito come la prima impressione che si dà e riceve, quando s’incontra una persona di un’altra cultura, dipenda in gran misura dal fattore culturale. In questa esplorazione la bussola usata è stato il Modello a sei dimensioni di Hofstede, declinato nelle Immagini Mentali che caratterizzano ogni cultura.
Gli oratori hanno spaziato a 360° sul tema della conferenza, iniziando con l’importanza di educare i nostri giovani a investigare l’universo interculturale: obiettivo e missione che l’Università IULM persegue da dieci anni, grazie al Master in International Communication, frequentato da studenti di oltre trenta Paesi.
Una riflessione importante offerta dal secondo intervento e colta immediatamente dal pubblico: la reputazione di un’azienda globale subisce gli effetti di quello che potremmo chiamare il “brand nazionale”, elemento che può far virare in positivo o negativo l’ago della bilancia per il successo di un’organizzazione.
E ancora: perché diamo fiducia e siamo fedeli a un brand? Il segreto sta nell’evoluzione della specie umana, nel suo istinto più antico e nell’appartenenza culturale. La fiducia si crea quando il bisogno di sicurezza viene soddisfatto: sono quindi due componenti imprescindibili che ogni brand deve considerare, declinandoli secondo le aspettative delle diverse culture.
Subito dopo ne abbiamo avuto un interessante esempio: l’oratore ha illustrato con video e immagini pubblicitari come alcune aziende globali sappiano cogliere e integrare gli aspetti culturali nel diffondere i propri messaggi ai clienti.
Ma esiste un cliente nascosto che non sempre viene tenuto in considerazione, eppure importantissimo per la credibilità di un brand: le persone che lavorano in azienda. Sono loro che in prima persona incarnano i valori sottesi dal brand, e nel lavoro di ogni giorno possono essere eccellenti amplificatori dell’immagine aziendale. Disegnare con questo cliente nascosto l’esperienza lavorativa diventa strategico per qualsiasi brand.
Molto coinvolgenti, poi, gli esempi offerti da due oratori: tante esperienze personali nel confrontarsi con culture diverse dalla propria, quando comportamenti che ai nostri occhi appaiono normali, possono essere assolutamente incomprensibili e addirittura offensivi per chi proviene da una diversa cultura.
Abbiamo sorriso, ma il vero messaggio è stato molto serio: prima di giudicare o di ritenersi offesi, è fondamentale avvalersi della propria intelligenza culturale per esplorare l’accaduto, e le Dimensioni di Hofstede aiutano pragmaticamente a creare questa competenza.
L’intelligenza culturale è anche il primo ingrediente utile per colmare l’innegabile divario che esiste tra l’esigenza di porsi come brand globale e, contemporaneamente, come brand riconoscibile e riconosciuto localmente, per garantirne il successo. Dilemma non facile, ma le approfondite ricerche presentate al pubblico, coniugate con il fattore culturale, offrono uno strumento di grande precisione per narrare un brand in modo efficace, rispettando il perimetro dei valori che lo sostengono.
La discussione finale ha consentito di approfondire alcuni argomenti e di rispondere a numerose domande.
L’appuntamento è per il prossimo anno in Lussemburgo: un evento da non mancare!