La Cultura della Sicurezza e la Consapevolezza del Rischio

La Cultura della Sicurezza e la Consapevolezza del Rischio

Ho volutamente atteso che trascorressero alcune settimane dal tragico incidente di Bologna con un duplice obiettivo: tirarmi fuori dalla discussione a caldo fra “esperti” e riflettere il più possibile con la mente ed il cuore sgombro dalla emotività delle prime ore.

Le immagini televisive e il web non hanno concesso agli italiani alcuna possibile divagazione dal pensiero che tale incidente sarebbe potuto accadere anche vicino alle proprie case o mentre ci si fosse trovati in coda in autostrada. Quelle immedesimazioni spesso svaniscono nel giro di pochi giorni soprattutto se la quotidianità e, ancora di più, la cronaca non ci propongono altre valide ragioni di diversivo in positivo o in negativo. Purtroppo la immane tragedia di Genova rappresenta uno di questi casi.

Ebbene per chi come noi opera costantemente in tali contesti pericolosi la spinta emotiva esterna può rappresentare un ulteriore stimolo all’approfondimento. Del resto nelle ore e nei giorni immediatamente successive all’esplosione di Bologna mi sono trovato a ricevere richieste di informazioni sulla mia attività, sui rischi, sui dispositivi di prevenzione, sulla formazione degli autisti e sulle coperture assicurative da tipologie diverse di persone: conoscenti, amici, parenti, colleghi, consulenti, organi di controllo ma soprattutto clienti/committenti.

Se per gran parte di quelle categorie ho compreso le naturali ragioni di curiosità sospinta dall’emotività, per l’ultima, quella dei clienti (o dei potenziali clienti) dei nostri servizi di trasporto sono rimasto positivamente sorpreso dallo straordinario e spericolato approccio investigativo messo in campo nella circostanza. Non ho usato a caso i due aggettivi.

Infatti i dubbi e gli interrogativi sollevati sono apparsi in primo luogo assolutamente inusuali rispetto a gran parte dei normali temi sui quali ci si confronta nelle occasioni più o meno formali.

Peraltro il tema della sicurezza e dei rischi connessi al trasporto viene sempre da noi proposto pervicacemente per sottolineare l’esigenza di una valutazione del proprio fornitore che purtroppo raramente varca le “Colonne d’Ercole” della TARIFFA del servizio. La stessa proposizione del rischio di coinvolgimento e di Responsabilità Condivisa del Cliente (prevista da una Legge dello Stato Italiano mai abrogata) in caso di inadempienze del Vettore e di incidente grave, viene nella migliore delle ipotesi derubricata con la richiesta di massimali assicurativi APPARENTEMENTE capienti alvettore e dalla disponibilità da parte del cliente di una polizza per imprecisati rischi dell’attività.

Del resto la reazione dell’interlocutore, salvo pochi casi illuminati, può essere evidentemente giustificata dalla mancata ricezione di corretta informazione dalle organizzazioni a cui aderisce: spesso esse temono di essere additate dagli associati di non aver saputo difendere abbastanza gli interessi della categoria mostrando la valenza della norma. Ma grossa responsabilità alberga nei molti colleghi trasportatori che, pur di ottenere un servizio sottocosto, diffondono notizie confortanti sminuendo la portata del tema della Sicurezza in termini gestionali, patrimoniali e soprattutto etici.

Ovviamente il tutto avviene mentre qualche buon consulente della comunicazione del cliente predispone il sito aziendale e la brochure in cui lo slogan “safety first” campeggia in mezzo a sfumature verdi ad esaltare il carattere eco-frendly dell’azienda.

In questa circostanza la strategia dello struzzo che preferisce non guardare e affrontare il problema è stata sorprendentemente abbandonata da alcuni operatori che, sprezzanti del pericolo di perdere la soporifera tranquillità dell’inconsapevolezza, si sono posti (e mi hanno posto) quesiti sempre più approfonditi, andando a scavare fra i rischi più improbabili e simulando eventuali reazioni giudiziarie a catena che potessero andare a coinvolgere la propria azienda, il patrimonio e gli amministratori rispettivamente in sede civile e penale.

La discussione sulla tragedia di Bologna, se per i media è passata in secondo (ma forse settimo) piano per via della incredibile catastrofe di Genova e delle polemiche politiche conseguenti, è al contrario ancora viva nella quotidianità degli operatori del settore: autisti, vettori, depositi, compagnie petrolifere, retisti ed extraretisti e altri ancora.

Ha lasciato nel mondo del trasporto di merci pericolose in particolare, una ferita profonda di preoccupazione e di ansia che per diverse ragioni dobbiamo essere capaci di superare da uomini e da operatori professionali. In primis perché svolgiamo un servizio di rifornimento di beni di prima necessità pertanto non possiamo verosimilmente avere esitazioni. Ma soprattutto perché le tragedie che si sono verificate nel 2018 devono essere uno stimolo a formarci, rispettare TUTTE le indicazioni di sicurezza che già esistono (non solo quelle normative) e ricercare ulteriori pratiche di prevenzione e di autovalutazione del rischio. Altrimenti il sacrificio del povero collega Andrea Anzolin sarebbe solcato da un ulteriore vilipendio dopo quelli riservatigli pubblicamente dai tanti tuttologi che pochi giorni dopo hanno dovuto sfoggiare granitiche competenze oltre che nei trasporti anche in ponti e infrastrutture.

Ho evocato poco fa l’autovalutazione del rischio perché non operiamo in un ciclo di produzione statico nello spazio e nel tempo come in un’industria: la guida, il carico, lo scarico e tutte le attività connesse al nostro servizio sono diverse per ognuno di noi, in ogni istante e in ogni luogo in cui ci troviamo. Pertanto abbiamo il DOVERE di essere preparati a valutare immediatamente costantemente le nostre condizioni e quelle del contesto in cui operiamo: la VALUTAZIONE DEL RISCHIO. Questa definizione è ormai così inflazionata dagli adempimenti normativi delle aziende che forse non badiamo più al suo significato concreto. Ci si sente nella migliore delle ipotesi obbligati a predisporre DVR, DUVRI e DIVRI e magari se ne da incarico al primo consulente che passa o a quello che ci fa spendere meno (metodo “copia incolla”), senza cogliere la grande opportunità offerta da questi documenti: griglie, strumenti con cui VIVISEZIONARE le nostre attività, anche quelle appaltate a terzi, con la chiave di lettura della SICUREZZA e non del business o del tempo da risparmiare.

Spesso si assiste a dipendenti ed imprenditori che partecipano ai corsi di formazione con poco interesse e coinvolgimento magari nella convinzione che chi ha pensato quelle procedure non ne sappia nulla del nostro mestiere: al contrario esse sono la risposta preventiva (la lezione imparata) a qualche tragedia accaduta lontano da noi, di cui forse solo quelli che cercano eventi curiosi nei social hanno avuto notizia.

Ebbene tutti noi dobbiamo tornare ad alimentare la cultura della sicurezza affinchè ci fornisca le abilità immediate per valutare i rischi ed essere preparati a gestirli.

Non esiste organizzazione che possa reputare di aver raggiunto un soddisfacente livello di sicurezza nelle operazioni, non esiste un riferimento, un benchmark: vale esclusivamente l’imperativo di migliorarsi e se proprio devo chiudere permettendomi di offrirvi un aiuto concreto alla riflessione torno sul concetto di Valutazione del Rischio.

Prendo i prestito una definizione trovata nel web: tecnicamente “con il termine VALUTAZIONE DEL RISCHIO si fa riferimento alla determinazione quantitativa o qualitativa del rischio associato ad una situazione ben definita e ad una minaccia conosciuta (detta "pericolo"). Una valutazione del rischio quantitativa richiede la determinazione di due componenti del rischio: la gravità di una potenziale perdita (detta "magnitudo") e la probabilità che tale perdita si realizzi”. Ebbene l’incidente di Bologna, dove le cose potevano andare anche peggio, è sicuramente molto utile per cogliere la magnitudo di un incidente in cui è coinvolta un autobotte con decine di tonnellate di Benzina, GPL, GNL ecc.. Mentre per la probabilità basta verificare quanti incidenti simili sono accaduti in Italia negli ultimi 12 mesi in Italia con la stessa tipologia di automezzi.

A voi l’esercizio!!

Natalino Mori

Massimiliano Caposio

Motor Fleet Risk Prevention Prevenzione Rischi Flotte Aziendali . commerciale

6 anni

Purtroppo in Italia sussistono norme e regole scritte da persone autoreferenziali che generano nella testa dell'imprenditore la consapevolezza, spesso sbagliata, che siano fatte per complicare e drenare quel risicato margine che ancora c'è nel settore trasporti. Regole che in effetti spesso complicano la vita senza dare un valore aggiunto. Forse bisognerebbe premiare le aziende che possono dimostrare di aver fatto delle cose in termini di sicurezza oltre le Normali procedure richieste. La maggior parte degli incidenti, anche quelli dei mezzi pesanti, sono dovuti a distrazione è mancata osservanza della distanza di sicurezza. Esistono molti sistemi di sicurezza attiva, come per esempio i sistemi di frenatura automatica. E dato che bel giro di 4/5 anni le aziende sostituiranno i mezzi con euro 6, perché non rendeli obbligatori per tale data con sgravi fiscali per le aziende che nel frattempo si adeguano? Magari riducendo le aliquote per i nuovi mezzi se dotati di sistemi di sicurezza? Anche da un punto di vista tecnico assicurativo (Il mio campo) un mezzo dotato di sistemi di sicurezza viene valutato come minor rischio, quindi con un premio più basso rispetto a un mezzo più vecchio, a beneficio del cliente

Massimiliano Caposio

Motor Fleet Risk Prevention Prevenzione Rischi Flotte Aziendali . commerciale

6 anni

Giustissimo e puntuale il suo intervento

Michele Calleri

Lawyer and integrity enthusiast

6 anni

Caro sig. Mori, non posso che apprezzare il tono ed i contenuti del Suo intervento.  I fatti accaduti in questo caldo mese di agosto (l'incidente di Bologna, ma anche quelli ai furgoni che trasportavano lavoratori nelle campagne ed infine, ma non ultimo, il caso di Genova, evidenziano, ancora una volta, il limite culturale di imprese che non valutano adeguatamente la propria RESPONSABILITA' a prescindere dalla COLPA. In altre parole, ci si sente responsabili solo quando la propria colpa nella causazione dell'evento dannoso è chiara ed evidente, mentre il non aver fatto nulla per poterlo evitare, pur avendo i poteri e le capacità per farlo, viene scarsamente valutato, sia in sede di valorizzazione economica del servizio così (negligentemente) eseguito, sia in sede di risarcimento dei danni causati anche da una carente valutazione del rischio relativo all'attività svolta. Così è che, con riguardo agli incidenti dei furgoni, si sono andate subito a verificare le condizioni di lavoro degli extracomunitari deceduti, indagando le imprese loro committenti, mentre nel caso di Bologna non si hanno notizie in merito all'accertamento della condizioni di lavoro dell'autista-vettore deceduto, nonostante la presenza di una specifica norma speciale in materia (art. 7 Decr. Lgs. n. 286/2005, comma 7-bis: "Quando dalla violazione di disposizioni del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, derivino la morte di persone o lesioni personali gravi o gravissime e la violazione sia stata commessa alla guida di uno dei veicoli per i quali e' richiesta la patente di guida di categoria C o C+E, e' disposta la verifica, presso il vettore, il committente, nonché il caricatore e il proprietario della merce oggetto del trasporto, del rispetto delle norme sulla sicurezza della circolazione stradale previste dal presente articolo e dall'articolo 83-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni.") Per non parlare del caso di Genova, laddove la responsabilità dell'impresa che aveva il bene in custodia e manutenzione dovrebbe essere oggettiva e diretta, a prescindere dalle singole colpe dei singoli individui che venissero accertate in sede penale.  Il pericoloso andazzo di limitare il rischio di impresa (peraltro assicurabile) ai soli casi in cui emerga la "canna fumante" in mano al responsabile, appare concreto anche leggendo le recenti sentenze della Corte di Cassazione, in tema di confisca della merce trasportata da parte di un vettore abusivo (art. 26 legge n. 298/74): anche in questi casi (sentenze n. 24434/17 e 4866/18) sembra che basti affidarsi ad una società controllata, ovvero ad un qualsiasi "bagarino" per evitare che, fermato il disgraziato "vettore" senza o con documenti falsi a bordo, l'Organo procedente possa automaticamente procedere a danno del soggetto beneficiario del servizio, mittente o proprietario della merce trasportata.  Come sapete, queste sono le particolarità del nostro diritto e della nostra cultura, dove la colpa si espia anche tramite confessione o patteggiamento: come accaduto per il settore finanziario, occorrerebbe quindi rendere pubbliche e condivisibili le best practices, attraverso Regolamenti o Condizioni generali di contratto, che elenchino i singoli casi in cui i vari soggetti della catena logistica sono da presumersi responsabili anche senza essere direttamente colpevoli. Michele Calleri   

MARCELLO PROCOPIO

PROGITECH - OBIS srl

6 anni

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