La fantomatica Pusterla del Monforte a Milano: un piccolo viaggio storico, iconografico
Il ponte di San Damiano in direzione San Babila dove un tempo si ergeva la Pusterla del Monforte

La fantomatica Pusterla del Monforte a Milano: un piccolo viaggio storico, iconografico

Quello che segue è un breve viaggio nel tempo, diviso in due parti, che ci porterà dal medioevo fino ai giorni nostri dapprima con la Pusterla del Monforte e ,in seguito, con l'ottocentesca porta omonima. Buon divertimento.

In principio era Porta Argentea… O quasi. Ma così cominciano le storie; quelle così antiche e tanto perse ormai nelle nebbie del tempo da confondersi con la leggenda.

La Porta Monforte, difatti, nulla ebbe a che spartire con l'Argentea ma in un certo senso fu una delle sue due eredi: quella povera.

Per contrastare le sempre più numerose rivolte all'interno dell’Impero, Diocleziano lo suddivise in quattro grandi aree (tra il 290 d. C. e il 293 d. C.) dando vita a un nuovo sistema di governo, la Tetrarchia. Massimiano Erculeo fece di Milano (assieme ad Aquileia, l'altra sede imperiale in Italia), la propria capitale e decise di ampliare la cinta muraria del periodo Repubblicano. A est venne aperta la Porta Argentea e accanto ad essa sorsero le celeberrime Terme Erculee.

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Come si presentava la città al tempo delle mura Massimianee- Fonte: Immagini di Mediolanum

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Particolare delle mura e delle torri difensive-Fonte: Immagini di Mediolanum

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Ciò che rimane di esse all'interno del Museo Archeologico di Milano

La sua ubicazione era proprio all'imbocco di Piazza San Babila con Corso Vittorio Emanuele e sull'origine del nome esistono svariate teorie. Secondo Giovanni Pietro Puricelli era dovuto agli argentei raggi del sole nascente (…Ma non erano dorati quelli del sole e argentei quelli della luna? Mah!) Per Giorgio Giulini il nome deriva invece dal paese di Gorgonzola, ai tempi chiamato Argentia.

Per altri l'origine è da ricercarsi nelle miniere di elettro (lega di oro e argento) dell'Asia Minore, ad est della penisola italica. Per quanto poetica la prima ipotesi, la seconda e la terza sembrerebbero più plausibili dato che gli antichi romani, sempre e comunque pragmatici, erano soliti denominare i varchi cittadini con i nomi dei piccoli villaggi sulla traiettoria o per richiami squisitamente commerciali: la Porta Aurea (Porta Nova), era situata ad esempio in direzione del Passo dello Spluga ricco ai tempi di miniere d'oro.

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Ricostruzione della Porta Argentea-Fonte: Blogurbanlife

Senza divagare troppo si sappia solo che della gloriosa Porta Argentea nulla è sopravvissuto. Con tutte le probabilità subì, assieme alla cinta muraria, modifiche e danneggiamenti già a partire dal 452 d. C. con Attila che devastò la città. Poi sopraggiunsero i Burgundi nel 491 d. C. che la misero a ferro e fuoco e ancora nel 539 d. C. con il re Ostrogoto Uraia che la distrusse. Dulcis in fundo, nel 1162 ci pensò il nostro ben odiato Barbarossa a fare tabula rasa della povera Milano.  Nemmeno una pietra è rimasta a testimonianza dell'antico varco cittadino ma, in una certa misura e pur cambiando ubicazione nei secoli, il suo retaggio è giunto sino a noi. Porta Argentea divenne Porta Arienza; Porta Arienza divenne Porta Renza (Nessun rida!); quest'ultima, più nota col nome di Porta Orientale, oggigiorno è conosciuta da tutti come Porta Venezia.

Ma tornando al parente povero, protagonista di questo piccolo excursus storico, la Pusterla del Monforte può vantare comunque una storia di tutto riguardo anche se avvolta dal mistero. Le pusterle erano porte minori ricavate nelle mura medievali per poter garantire l'accesso e l'uscita dalla città senza dar nell'occhio in situazioni particolari: un assedio ad esempio. Secondo il Cherubini le pusterle meneghine erano caratterizzate generalmente, ma non sempre, da un unico fornice sotto una torre. La Pusterla del Monforte era ubicata un po' più a sud est rispetto alla porta Orientale di epoca medievale e si trovava all'incrocio tra la Via San Damiano e l'odierno Corso Monforte, un tempo denominato Contrada di San Romano. Di questa pusterla non ci sono pervenute descrizioni o raffigurazioni: poveretta. Anzi, pure sull'origine del suo nome e sulla sua demolizione si possono riscontrare parecchie contraddizioni storiche. Sappiamo che dopo le devastazioni causate dal Barbarossa, i Milanesi edificarono una nuova cinta muraria e un uovo fossato (la nostra Fossa Interna dei Navigli) tra il 1167 e il 1171 d. C. ma non v’è certezza se già in precedenza in quel punto esistesse o meno un varco. Dato che la precedente cinta del 1155, ricavata da un semplice terrapieno(terraggio) proveniente dai materiali di scavo del fossato perimetrale, aveva retto proprio male contro il germanico distruttore, si optò quindi per un'opera in muratura.

Durante la ricostruzione, sempre secondo il Giulini, “per non chiudere quella strada fu necessario il formare sopra di esso un ponte ed una pusterla nuova, la quale fu addomandata Pusterla di Monforte”; da sottolineare il fatto che candidamente aggiunga di non sapere perché la chiamarono così. E qui i dubbi storico/semantici sull'origine del nome abbondano. A quanto riferiscono alcuni dizionari di toponomastica meneghina (anche di qualche secolo addietro), il nome deriverebbe da un piccolo forte edificato su un promontorio derivante dai suddetti terraggi di scavo. Di questo fantomatico fortilizio non esistono prove o documentazione, tuttavia sappiamo che dopo la distruzione ad opera del Barbarossa tutte le porte cittadine divennero piccole roccaforti difensive, compresa qualche pusterla come quella della Chiusa o di S. Ambrogio ad esempio. La seconda ipotesi, riportata dai più, sostiene invece che attorno al 1033 d. C. (alcuni riportano il 1028) un gruppo di eretici, appartenenti alla dottrina catara, assediati presso la roccaforte di Monforte d'Alba (ai tempi sotto la giurisdizione meneghina) dalle truppe dell’arcivescovo Ariberto da Intimiano, furono catturati con un espediente e condotti a Milano. Per cinque anni furono trattenuti in prigione (forse il forte citato in precedenza) e quelli che infine non abiurarono il proprio credo vennero bruciati su un rogo proprio lì accanto. Dal luogo dell'esecuzione e dal carcere di quelli di Monforte, prese il nome la Pusterla omonima sorta poi in quel luogo.

Se sul nome vi sono dubbi, ancora di più ne esistono sulla sua demolizione: basta osservare qualche antica mappa per andare subito in confusione. In quella di Antonio Lafrery del 1573 non compare alcuna porta…Manco un ponticello e idem per quella di Matthau Marian del 1638.

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La mappa di Antonio Lafrery del 1573 dove non appaiono né pusterla né ponte

Mentre nella veduta prospettica di Milano di Galati Nunzio del 1578, compaiono sia la Pusterla del Monforte che il rispettivo ponte: almeno in questo caso non vi sono incertezze sulla sua identità perché la porta, (segnata in rosso) si trova a metà strada tra la Orientale e la Tosa, e la posizione dell'inconfondibile sagoma di San Pietro in Gessate (cerchiata in verde) ci fornisce un'ulteriore conferma.

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La Mappa di Galati Nunzio dove appaiono si la Pusterla del Monforte che il relativo ponte

Ma come asserito in precedenza una data, perlomeno vaga, sulla sua effettiva demolizione non ci è pervenuta anche se alcuni sostengono che venne demolita nel XVI secolo con la costruzione dei nuovi Bastioni Spagnoli. Ergo, o questa pusterla era talmente insignificante e misera da non meritare nemmeno di essere riportata su alcune piante antiche o un'ipotesi plausibile si potrebbe formulare. Sappiamo che molte pusterle vennero smantellate e/o modificate nei secoli cambiando la propria funzione originaria fino a confondersi tra le altre abitazioni per poi sparire quasi del tutto. E forse la nostra famigerata Pusterla del Monforte non vide la sua fine in un solo giorno ma svanì, pezzo dopo pezzo, sotto il peso di una rincorsa al futuro che a Milano non ha mai risparmiato il passato.

Cosa rimane oggi a ricordarcela? O meglio, cosa era rimasto fino a circa un secolo fa?

Il monastero di San Cosma e San Damiano in Monforte sorse di rimpetto alla pusterla omonima, appena oltrepassato il fossato, nel XIV secolo (probabilmente in seguito ai lavori di ampliamento del Naviglio da parte di Gian Galeazzo Visconti); dedicato in origine a San Giovanni Battista, dal 1485 fu intitolato ai primi due, appartenenti all’ordine di San Basilio. Soppresso l'ordine dei Basiliani nel 1657 e subentrati gli Eremitani Scalzi di Sant'Agostino, soppressi a loro volta nel 1798, ci pensò in seguito Napoleone a sopprimere del tutto il monastero nel 1810. Nel 1857 il convento tornò nelle mani di un ordine religioso con i Gesuiti ma dovette essere una breve permanenza perché sulle guide del 1889, il complesso viene segnalato come archivio giudiziario. Tutto ebbe fine nel 1921 con la demolizione di chiesa e convento.

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Cerchiata in rosso, la Chiesa di San Damiano in una mappa del 1894

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La Chiesa di San Damiano dipinta da Giannino Grossi nel 1919 e l'angolo attuale corrispondente...

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E come si presentava in fotografia

Il secondo superstite fu il Ponte di San Damiano.  Ora, per quanto in alcune vecchie mappe il ponte non sia riportato, va da sé che se c'era una Pusterla esisteva anche un attraversamento altrimenti la gente si sarebbe dovuta buttare nel fossato per passare oltre. Questo ponte e l'antico terraggio perpendicolare al Corso San Romano, quello che poi diventerà il proseguo di Corso Monforte fino a Piazza San Babila, presero il nome dalla vicina chiesa. Tra il Settecento e l'Ottocento suddetto terraggio era gremito di botteghe artigiane, una in particolare appartenuta ad un abilissimo calzolaio di nome Anselmo Ronchetti: talmente abile e famoso, riparò gli stivali a Napoleone stesso, da scalzare in seguito il nome San Damiano e farselo dedicare: l'odierna Via Ronchetti. Rimasero almeno il nome della strada che costeggiava il Naviglio (tuttora esistente anche se ribattezzata poi per il primo tratto Visconti di Modrone) e del ponte. Su di esso, durante le Nostre Cinque Giornate, venne eretta, in concomitanza a quella di Santa Maria della Passione, la prima barricata: per costruirla fu “preso in prestito” un carro carico di botti che proprio in quel momento stava transitando affianco al Naviglio. Non v'è spazio in questa sede per ricordare tutti i nostri concittadini che in quel luogo si adoperarono e si sacrificarono per la nostra libertà ma sarà mia premura ricordarli in un altro articolo; tanto per rinverdirne la memoria in un periodo dove di memoria non ne esiste più.

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Il Ponte di San Damiano agli inizi del '900,

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la veduta del Naviglio che si godeva da esso,

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cari e vecchi tram che vi transitavano sopra,

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una delle ultime fotografie prima della demolizione,

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la tragica copertura della Fossa Interna dalla sua prospettiva

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e, infine, l'impietoso paragone tra passato e presente.

Tornando al Ponte di San Damiano, esso subì la stessa sorte degli atri suoi 23 sventurati compagni, eccezion fatta per quello delle Sirenette trasferito al Parco Sempione: fu smantellato durante la copertura dei Navigli nel 1929. Assieme alla nostra meravigliosa Fossa Interna (gli unici a festeggiare furono quei megalomani dei futuristi), scomparve anche l'ultimo elemento architettonico a ricordarci che un tempo in quel luogo sorgeva una pusterla assai antica il cui nome riecheggia ormai solo nell'odierna toponomastica: la Pusterla del Monforte.

Un sentito ringraziamento all'Associazione Amici dei Navigli e a Guido Rosti Cesari che hanno messo gratuitamente a disposizione del pubblico I ponti della cerchia al Tempo della Fossa Interna.

Riccardo Rossetti-Viveremilano

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