La felicità negata - 1^ parte
In questa newsletter si richiama il contenuto della prima parte del libro di Domenico De Masi La felicità negata, in cui sono messe a confronto la Scuola di Francoforte con quella di Vienna. Nel prossimo numero sarà esaminata la seconda parte del libro, in cui si mette in relazione il lavoro con l'ozio.
La struttura del testo è molto semplice: nella prima parte sono messe a confronto la storia, le idee, il metodo dei due gruppi di pensatori che tuttora si confrontano sui massimi problemi del nostro tempo: la Scuola sociologica e marxista di Francoforte che ha perseguito come scopo la felicità degli esseri umani; la Scuola economica e neoliberista di Vienna, che ha perseguito come scopo la ricchezza. Nella seconda parte del libro è analizzato un terreno di scontro particolarmente conteso dalle due Scuole: quello rappresentato dal ruolo, dal valore e dall’organizzazione della vita attiva nelle sue espressioni del lavoro e dell’ozio.
La tesi del libro è che non c’è progresso senza felicità e non si può essere felici in un mondo segnato dalla distribuzione iniqua della ricchezza, del lavoro, del potere, del sapere, delle opportunità e delle tutele. Quest’inumana disuguaglianza non avviene a caso ma è lo scopo intenzionale e l’esito raggiunto di una politica economica neoliberista che ha come base l’egoismo, come metodo la concorrenza e come obiettivo l’infelicità. Lo aveva già capito molto bene Karl Marx: “Siccome una società, secondo Smith, non è felice dove la maggioranza soffre, bisogna concludere che l’infelicità della società è lo scopo dell’economia politica. Gli unici ingranaggi che essa mette in moto sono l’avidità di denaro e la guerra tra coloro che ne sono affetti, la concorrenza”.
La "teoria critica" della società
Quella che viene correntemente chiamata “Scuola di Francoforte” in effetti fu – secondo la definizione di Walter Benjamin – una “costellazione” interdisciplinare di prestigiosi intellettuali che ha ruotato dal 1923 ai giorni nostri intorno all’Istituto per la Ricerca Sociale, incardinato, senza farne parte, nell’Università Goethe di Francoforte. Oltre a Horkheimer, Adorno e Marcuse, vi hanno partecipato anche altri sociologi come Erich Fromm, Friedrich Pollock e Walter Bejamin.
Sotto la direzione di Max Horkheimer, la Scuola ha elaborato un suo paradigma - la cosiddetta "Teoria critica" - che rappresenta il tentativo più compiuto di riscrivere il marxismo alla luce dei grandi mutamenti del ventesimo secolo, come scienza socio-economica centrata sull’analisi non più della struttura ma della sovrastruttura.
E' in base a questo suo paradigma che la Scuola, con l’apporto della sociologia e della psicanalisi freudiana, ha condotto una critica radicale allo sviluppo della società capitalistica borghese analizzandone una serie di aspetti: la sua possibile crisi; il rapporto tra capitalismo, stato e politica; l’avvento dell’autoritarismo al potere; la sorte delle interazioni umane nel passaggio al capitalismo monopolistico e al collettivismo socialista; l’individuo come prodotto delle forze oggettive che governano la società di massa; gli effetti socio-economici dell’automazione; la disumanizzazione e la mercificazione dei rapporti sociali; la sfera individuale nel suo restringersi all’ambito effimero del consumo; l’accecamento sociale come risultato dell’alienazione; la scienza che, asservita al profitto, diventa strumento di dominio sulle cose e sugli uomini; la critica al neopositivismo come asservimento della filosofia alla tecnica; l’industria culturale collocata, come fa notare Giacomo Marramao, “nel punto di intersezione tra economia e politica, mercificazione dei rapporti sociali e nuove forme di dominio”.
La società di massa
I francofortesi non solo presero atto che la loro epoca era diversa da quella in cui aveva vissuto e scritto Marx ma, anche con l'aiuto della psicanalisi, seppero comprendere a fondo le nuove tecniche di dominio della classe dirigente e quale altra classe, dato l’imborghesimento e l’omologazione del proletariato operaio, fosse in grado di prendere il suo posto nella conduzione della lotta antagonista. Nel 1947 Adorno e Horkheimer firmarono insieme Dialettica dell’illuminismo, un testo fondamentale per comprendere la modernità. Questo capolavoro e tutta la produzione scientifica della Scuola di Francoforte denunziano la degenerazione della ragione occidentale ormai ridotta, nella società di massa, a mera razionalità strumentale, cioè a tecnica. Così il dominio dell’umanità sulla natura per mezzo della tecnica consente ai detentori dell’apparato tecnico un dominio assoluto sul singolo, che ne viene schiacciato e nutrito al tempo stesso. Non solo nutrimento di cibo ma anche e soprattutto nutrimento di informazioni e di loisir: “La valanga di informazioni minute e di divertimenti addomesticati scaltrisce e istupidisce nello stesso tempo”. Soprattutto mercifica. Reifica e mercifica la terra, le cose, gli uomini, i rapporti umani, i sentimenti, gli affetti, le idee, la cultura, i comportamenti, le anime. Così facendo, decreta il primato delle merci, rende tutto pianificabile e conformista.
L'uomo a una dimensione
Nel libro Eros e civiltà (1955) Herbert Marcuse sostiene che il progresso economico e tecnologico ottenuto con i metodi attuali, lungi dal mirare allo sviluppo della personalità, è fondato sulla repressione dell’eros per cui la civiltà esige il disagio della nevrosi e la rinunzia alla felicità. Nello stadio cui essa è pervenuta, “la felicità va subordinata a un lavoro che occupa tutta la giornata, alla disciplina della riproduzione monogamica, al sistema costituito delle leggi e dell’ordine”. Siamo operosi fino allo stordimento, alla stupidità e alla repressione di ogni pulsione vitale. La cultura dominante è basata sul sacrificio metodico della libido, sulla sua inesorabile deviazione verso attività ed espressioni preoccupate solo dell’utilità.
Promettendo un aumento continuo della produttività e del benessere, il sistema riesce a nascondere i danni che esso stesso produce: meccanizzazione e standardizzazione della vita, impoverimento psichico, crescente distruttività del progresso e restrizione della libertà. Proprio quando sembra che le conquiste materiali e intellettuali dell’umanità consentano la costruzione di un mondo finalmente libero, proprio quando la civiltà appare al suo culmine, diviene massima anche la subordinazione dell’uomo all’uomo. Dunque il progresso è ambivalente perché produce sempre più benessere e sempre più oppressione, cioè infelicità. Per sopravvivere, gli uomini sono costretti a lavorare alle dipendenze di qualcuno, controllati da un apparato che essi non controllano.
Nel 1964 Marcuse proseguì la sua esplorazione della società repressiva e il suo progetto di società non livellata con un libro che, nel 1968, diventerà la "Bibbia" dei giovani contestatori. L'uomo a una dimensione inizia così: “Una confortevole, levigata, ragionevole, democratica non-libertà prevale nella civiltà industriale avanzata, segno del progresso tecnico”.
Il trionfo del neoliberismo
Anche la Scuola economica di Vienna, come quella sociologica di Francoforte, fu una galassia di studiosi che vi si aggregarono nel corso degli anni. Francofortesi e viennesi venivano tutti da ricche famiglie ma, a differenza dei primi, i viennesi hanno privilegiato, nelle loro teorie, l’accrescimento della ricchezza rispetto a quello della felicità. Pionieri della Scuola furono Carl Menger, Eugen von Böhm e il cognato Friedrich von Wieser; poi arriveranno Ludwig von Mises, Joseph Schumpeter e, sprattutto, Friedrick von Hayek. Lo stretto legame con la Scuola economica di Chicago assicurerà al neo-liberismo il successo planetario dei principi fondanti del neoliberismo: primato del mercato, libera concorrenza, privatizzazioni, rischio e precarietà.
Fin dal 1933 von Mises delineò la mission di quel liberismo che sarebbe diventato neo-liberismo. A suo avviso, in un primo momento la borghesia, per fronteggiare l’ideologia dei lavoratori, ha avuto a sua disposizione l’ideologia del liberalismo fornita dagli economisti classici ma, dopo la pubblicazione del Capitale di Marx, il proletariato “ha avuto una dottrina corrispondente alla propria collocazione sociale” mentre la borghesia è rimasta inchiodata alla sua vecchia ideologia, incapace di fare breccia nei lavoratori ormai scaltriti e compattati dalla coscienza di classe.
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Dunque la borghesia aveva bisogno di una teoria che “le offrisse la possibilità di avere sempre a sua disposizione i mezzi più idonei per la grande e decisiva lotta di classe”. Dal momento che i lavoratori erano diventati classe proletaria, anche la borghesia aveva bisogno di una “dottrina adeguata alla sua esistenza come classe, che servisse meglio i suoi interessi”. Questa teoria gliel’avrebbe fornita la Scuola di Vienna e si sarebbe chiamata neo-liberismo, contrapposta sia al liberismo ottocentesco, sia ai sistemi pianificati che i viennesi identificavano con il socialismo ma anche con le idee di Keynes.
Lobbying e fondazioni
Von Hayek e la Scuola di Vienna fornirono nerbo e legittimità alle idee e all’attivismo intellettuale che produssero in tutto il mondo la grande svolta conservatrice degli anni Settanta con cui la lotta di classe dei ricchi contro i poveri prese il posto della lotta di classe dei poveri contro i ricchi.
Secondo von Hayek, che riceverà il Nobel nel 1974, “nessuno può essere un grande economista, se è soltanto economista”. Nel paradigma professionale della Scuola ciò ha significato più cose: che la conoscenza dell’economia richiede un sapere interdisciplinare capace di metabolizzare matematica, sociologia, psicologia, filosofia, storia e politologia; ma anche che l’economista, oltre a studiare, insegnare e pubblicare, deve battersi per affermare le sue idee ("che vanno reclamizzate come fossero detersivi"); deve inoltre sporcarsi le mani per testarle nei posti di comando delle banche, delle Camere di Commercio e dei ministeri. In fine significa che, per portare avanti una scuola, fittare una sede, formare degli allievi e pagare dei professori occorrono soldi; i soldi richiedono finanziamenti statali o di mecenati; per trovare questi e quelli occorre un assiduo esercizio di lobbying e pubbliche relazioni, oltre che uno stretto rapporto con fondazioni denarose come la Rockfeller o la Ford.
La deriva fascista
Fin dall’inizio la Scuola condusse una serie di brillanti battaglie teoriche in nome del liberismo contro il socialismo e della borghesia contro il proletariato. Maturò inoltre la convinzione che la coesistenza pacifica fosse possibile solo in economie capitaliste, che battersi anche in modo aggressivo contro il socialismo e in favore delle politiche economiche liberiste fosse un dovere civile, che la Scuola viennese avesse i numeri per farsi baluardo della destra conservatrice nel mondo e che le spettasse il compito storico di salvare la borghesia dalla minaccia marxista e i ricchi dalla minaccia dei poveri.
Partendo da queste premesse, la deriva verso il fascismo fu quasi inevitabile. Secondo von Mises il fascismo era utile per salvare il liberismo e combattere il socialismo: “Non si può negare che il fascismo e tutte le tendenze dittatoriali analoghe siano animate dalle migliori intenzioni, e che il loro intervento per il momento abbia salvato la civiltà europea. I meriti acquisiti dal fascismo con la sua azione rimarranno in eterno nella storia”. Qualche anno dopo, anche von Hayek proporrà “un liberismo che relegasse a un piano secondario le libertà politiche e i diritti civili”. Al libro Società libera di von Hayek il dittatore Pinochet ispirò la sua Costituzione liberticida. Von Hayek fece visita al dittatore e poi dichiarò: “Una dittatura può essere un sistema necessario per un periodo di transizione". Tornato in Inghilterra, consigliò alla Thatcher di adottare riforme analoghe a quelle cilene.
Intanto l'economista Orlando Letelier, ministro di Allende, veniva arrestato e torturato. Poi, costretto a vivere in esilio, codusse da Washington una lotta coraggiosa contro la colonizzazione neo-liberista del suo paese. Nell’agosto del 1976 Letelier pubblicò The “Chicago Boys” in Chile. Economic freedom’s awfull toll. il 21 settembre 1976 l’auto su cui Leterier viaggiava insieme alla sua collaboratrice e attivista Ronni Karpen Moffitt, saltò in aria per una bomba.
Da Vienna a Chicago
Il termine neoliberismo fu coniato da Alexander Rüstov nel 1938. Nel 1947 si tenne nella cittadina svizzera di Mont-Pèlerin, la riunione inaugurale dell’omonima società presieduta da von Hayek e che tuttora riunisce personaggi ricchi, potenti e prestigiosi, accomunati dall’intento di promuovere una società aperta e sconfiggere il totalitarismo in tutte le sue forme, a cominciare dal comunismo sovietico per finire ai sindacati.
Tra i fondatori della Mont-Pèlerin Society vi erano alcuni professori della Scuola di Chicago, compreso il fondatore Milton Friedman, per consolidare gli stretti contatti che si erano creati già prima tra questa potente istituzione americana e gli economisti viennesi. La Scuola di Cicago oggi conta ben 22 premi Nobel e le sue idee portanti sono che, in economia, il cittadino è protetto molto più dal mercato che dallo Stato; a livello planetario gli Stati Uniti restano campioni di libertà salvaguardata dal neoliberismo; in quanto tali, essi hanno la missione storica di esportare il loro modello economico in tutto il mondo.
La lepre vince sul cane
La lizza tra la Scuola di Francoforte e quella di Vienna è durata molti decenni e, allo stato attuale, risulta vinta dal gruppo viennese, con conseguenze devastanti per il benessere e la felicità di milioni di esseri umani. La guerra tra neoliberismo e socialdemocrazia non è conclusa una volta per tutte. Ma come mai, allo stato attuale, è vincente la Scuola di Vienna? I motivi sono molti, e vengono elencati nel libro La felicità negata.
Una prima spiegazione può essere suggerita dal proverbio che dice: “La lepre vince sul cane perché corre in proprio”. I componenti della “costellazione” di Francoforte non correvano in proprio, erano borghesi antiborghesi, vi era cioè una contraddizione intrinseca tra la classe sociale cui appartenevano e quella per la quale lottavano. Mentre i francofortesi, marxisti, nutrivano “un’avversione estetica e politica per la società borghese” e ponevano le loro genialità al servizio della rivoluzione che avrebbe dovuto distruggerla; i viennesi, neo-liberisti, “correvano in proprio”, cioè si ponevano al servizio di quella stessa borghesia in cui erano nati e in cui vivevano a proprio agio, affinché essa trionfasse sulla classe antagonista.
Giornalista professionista Free Lance
2 anniQuesto si' è parlar chiaro e andare alle questioni essenziali! Grande Mimmo 😊
Sociologist at Antares, Società per lo Sviluppo dei Sistemi Organizzativi
2 anniRivoluzionario nell’accostare l’impegno morale dello studio, della riflessione, dell’approfondimento, alla comprensione del presente. Grazie per la Vita, Professore Domenico De Masi.
Adviser on Mechanical Engineering [Structural Integrity / Failure Analysis, Materials, Lifing, Quality]
2 anniHo avuto il privilegio di ascoltare la presentazione del libro del prof. De Masi a Torino, in occasione del Festival Internazionale dell'Economia. Si tratta di una sintesi chiara ed essenziale, fondamentale per capire il presente e concepire un futuro diverso. La Newsletter mi pare una bella iniziativa per diffondere e sviluppare i contenuti del libro "La felicità negata", utile mezzo per contrastare l'ideologia egemone ed evitare ulteriori disastri. Grazie Professore.
Human Resources Professional
2 anniPiù passano gli anni e più mi rendo conto che senza una lente sociologica è impossibile dipanare la complessità dell’evoluzione politico-sociale che, in molti modi, ci domina. Sarò sempre grata alla me stessa che tanti anni fa decise di scegliere questo impagabile corso di studi che tutt’oggi mi rende un grandissimo servizio. Sempre un piacere leggerLa, prof. De Masi!
Marketing & Communications Manager na Chem-Trend
2 anniSpettacolare! C'erano molto tempo che non leggevo algo che mi ricordava le mie letture nella Facolta di Communicazione. Cuando era giovane, non c'era maturita sufficiente para capire come capisco oggi. Desidero leggere questo livro in portoghese para um miglior comprensione. Grazie mille da Brasile!