La lotta è appena iniziata!

La lotta è appena iniziata!

"Che palle con sto femminismo, la parità dei sessi è stata già raggiunta."

Sì, come no.

Nulla di più vero ma anche nulla di più contestabile.

M andiamo per gradi.

La questione della disparità delle donne sul posto di lavoro rimane ancora irrisolta: dall’ultimo rapporto Oxfam sulla situazione del lavoro femminile in Europa, emerge che le donne lavorano in media 59 ore in più degli uomini e percepiscono lo stesso salario, inoltre una donna su quattro ricopre una posizione al di sotto delle sue qualifiche.

L’ipotesi è che sono presenti ancora dei pregiudizi nascosti (in inglese “gender bias”) e degli stereotipi radicati, che infine portano ad uno svantaggio cumulativo riguardo carriera di una donna nel corso del tempo e di conseguenza un minore accesso a posizioni di leadership, avanzamenti di carriera e più alti trattamenti economici. Non dimentichiamo che è ancora pratica diffusa quella delle “dimissioni in bianco” ed è altrettanto comune da parte dei datori di lavoro di domandare alla potenziale candidata, in sede di colloquio, se ha marito, fidanzato, cane, gatto, pesce rosso, insomma se si ha in progetto di metter su famiglia, come se questo costituisse un problema o come se fosse implicito che la cura dei figli debba essere affidata per forza alla madre. 

In realtà, quindi, è tutt'altro che raggiunta, secondo il World Economic Forum, ci vorranno 108 anni per colmare il gap tra genere femminile e genere maschile(108 anni ragazzi, mica un paio di giorni), ed afferma inoltre che in Europa nel 2018 non è stato fatto nessun passo avanti riguardo la partecipazione delle donne al mondo del lavoro e inoltre risultano in calo anche l’accesso all’istruzione e all’assistenza sanitaria. 

E no, non sto parlando dell'entroterra siciliano degli anni '50, sto parlando di adesso, sto parlando dell'evolutissima e civilissima Europa.

La disparità di genere, è purtroppo un argomento caldo, caldissimo, che scotta: basti pensare a tutti gli spot, espressioni, messaggi sessisti veicolati dalle stesse agenzie di comunicazione di massa, seppur anche velati ed a volte forse inconsapevoli.

Un esempio: nell’Ottobre del 2019, le astronaute Christina Koch e Jessica Meir effettuarono una missione spaziale veicolare, molti giornali titolarono: due donne “sole” nello spazio, avrebbero scritto lo stesso se fossero stati due uomini?

Oppure tutti gli appellativi in ambito sportivo: Atleti in gonnella, Donne con le palle e chi più ne ha più ne metta.

Per non parlare delle relazioni interpersonali, su cui davvero si potrebbe scrivere un trattato lungo una vita. Solo il fatto di essere una donna indipendente, autonoma, che vive sola, spesso la rende una donna "facile" e che non merita rispetto.

E le violenze? E i femminicidi?

Sono dati da bollettino di guerra e non addentrarmi, fa davvero troppo male.

E' una subcultura radicata, nelle menti degli uomini, ma ancor più drammatico in quelle delle stesse donne.

Nel 1981 in Italia il delitto d'onore era ancora in vigore, insomma parliamone, nel 1981 c'era già McDonald's!

Abbiamo cellulari fotonici e tra un po' avremo le macchine volanti. Ma il mondo ci vuole ancora con il grembiule in trepidante attesa dell'uomo, il sesso forte, che torna a casa da lavoro.

D’altro canto, agli uomini, fin da bambini viene insegnato che riconoscere le proprie debolezze è di per sé una debolezza. Secondo una ricerca pubblicata nel 2012 da Samaritans, nonostante le donne siano maggiormente inclini alla depressione, il tasso di suicidi è tre volte più alto tra gli uomini; le cause sono riconducibili al modo in cui, sin dall’infanzia, si insegna agli uomini ad essere “uomini”, ad un distorto concetto di virilità e a tutti gli stereotipi sul genere maschile: il sesso forte. L’uomo vero non deve piangere, non deve lavare, non deve stirare, non deve cambiare i pannolini, non deve esprimere i propri sentimenti e non deve mostrare le proprie debolezze. Queste sono cose da femmine. 

E gli altri?

Nel mondo tra il 2% e il 5% della popolazione non si riconosce nel sesso con cui nasce, la loro lotta è volta al loro riconoscimento sociale e legale: in molti paesi non è possibile cambiare nome, in altri è molto difficile ricevere trattamenti sanitari senza essere discriminati, inoltre anche trovare lavoro è molto complicato ed una buona percentuale di transgender si ritrova a vivere ai margini della società. Per cui non rimaniamo chiusi in un sistema binario in cui esistono solo uomini e donne e che gli uni siano superiori alle altre.

Insomma donne, la strada è ancora lunga. 

La lotta è appena iniziata!

Franco D'Antoni

Operations Management | Food and Cosmetics certification | Business development | International operations |

4 anni

Brava laura, lucida analisi.

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