La mente: amica, nemica o compagna di viaggio?
Foto di Anna Piacentini. Tramonto nelle campagne modenesi.

La mente: amica, nemica o compagna di viaggio?

In questi giorni in cui siamo a stretto contatto con la nostra mente, abbiamo una grande occasione: quella di iniziare - per chi non lo fa già abitualmente - ad osservarne i movimenti, il fluttuare tra emozioni, pensieri, convinzioni, pregiudizi, contaminazioni con l'esterno. Nella quotidianità non siamo abituati ad osservarla: non abbiamo tempo per chiederci cosa sta accadendo dentro di noi, da dove arrivano quei pensieri, dove ci stanno portando, sono sani o sono tossici per il nostro benessere?

Questa mattina ho ascoltato un podcast di un medico che ricordava quanto sia importante "nutrire" la nostra mente di pensieri positivi per tenere alto il nostro sistema immunitario. E così ho pensato di condividere con voi le mie auto-osservazioni di questi giorni, alla luce dei miei studi degli ultimi 10 anni e delle esperienze che ho maturato, pensando che possa essere utile e fornire qualche spunto di riflessione a chi vorrà leggermi.

Ho già condiviso nel mio precedente articolo di qualche giorno fa, ciò che ho provato nei primi 10 giorni di auto-isolamento (iniziato per me gradualmente dal 24 febbraio quindi circa 15 giorni prima del decreto che ha fermato l'Italia a casa) e come sono riuscita, grazie al contatto continuo con i colleghi, a trovare gli stimoli giusti per trasformare questa situazione e per risalire di umore e proattività.

Oggi vorrei parlarvi degli ultimi 10 giorni - ovvero di cosa mi è accaduto da quando siamo realmente tutti in quarantena - e di quali strategie ma soprattutto di quali autosservazioni ho avuto la possibilità di fare.

Innanzi tutto condivido con voi una buona notizia:

  1. quando si trova un nuovo scopo/progetto, le cattive notizie non ci scalfiscono in profondità
  2. avere iniziato una sorta di isolamento 10 giorni prima, mi ha dato un certo vantaggio: ero già preparata a cosa significava e i pensieri negativi/il rischio apatia erano già stati dominati nel momento in cui sono arrivati i decreti.

Devo però farvi anche una confessione: due vantaggi che ho e che ho realmente focalizzato solo ieri.

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  1. l'ufficio della mia società è sotto casa mia e quindi, per me, dal punto di vista percettivo non è cambiato nulla se non che ora l'ufficio è completamente vuoto, ma le mie abitudini quotidiane non hanno subito un grosso contraccolpo
  2. abito in una corte di campagna per cui da ogni finestra di casa mia vedo costantemente il verde e posso scendere a passeggiare in libertà quando voglio... e senza la scusa del cane!

Quindi il mio racconto deve tenere in considerazione di questi fattori che sono sicuramente favorenti.

Di contro però devo anche indicare alcune fonti di frustrazione:

  • pur vivendo a 100 metri dai miei genitori, sono oltre 15 giorni che non li vedo (se non dalla finestra) e non ho neppure potuto festeggiare insieme a loro il compleanno di mia mamma che è stato il 10 marzo. E questo non per il decreto ma perché ho il terrore di essere una portatrice asintomatica e non potrei mai convivere con il senso di colpa di essere stata io a mettere in pericolo la loro vita.
  • vivo sola per cui i miei contatti con gli "umani" sono delegati totalmente alla tecnologia - se vogliamo escludere la mia esperienza traumatica di ieri sera dell'essere andata a fare la spesa per la prima volta dopo 10 giorni... ma di questo vi parlerò più avanti nell'articolo.

Bene fatte queste premesse di contesto... ora condivido con voi ciò che sto osservando in me negli ultimi 10 giorni. Come vi avevo raccontato nell'ultimo articolo, i primi 10 giorni si erano conclusi con l'aver trovato un nuovo progetto che avesse un senso: condividere con chi oggi si trova costretto a sperimentare lo smartworking c senza essere stato allenato in precedenza (e chi lo è stato a fare 24h/24h a casa in effetti??) ad affrontare questo momento senza andare in crisi ma riportando una parvenza di normalità nella sua vita.

Questo progetto ha significato da un lato ritrovare uno scopo, dall'altro vincere delle sfide ovvero superare alcune resistenze e preconcetti:

  1. posso essere creativa... anche quando si parla di webinar on line?
  2. posso combattere la mia repulsione per la telecamera?
  3. posso essere efficace nel portare le mia esperienze e competenze dei corsi in presenza, anche nei webinar a distanza?

Tecnicamente quello che stava accadendo dentro di me era una vera e propria battaglia di voci:

  • da un lato la parte di me che risolve i problemi, prendeva la parola dicendo "beh certo tecnicamente abbiamo tutte le competenze per farlo. Dopotutto è solo un modo diverso di fare il nostro lavoro. Abbiamo paura della telecamera? Ma chi non ce l'ha? Si tratterà solo di fare delle prove e superarla.. Quando poi le persone saranno on line, allora sarà come averle in aula e la spinta all'aiuto prenderà il sopravvento... come sempre in aula!"
  • dall'altro spuntava il mio critico interiore, quella vocina che è sempre pronta a ricordarmi che non sono perfetta, che questo non si fa, che quello non si fa. "Ma dai su' cosa vorresti fare? Non lo hai mai fatto prima e pensi di poterci riuscire? Ma chi vogliamo prendere in giro... così ti rovini solo la reputazione... ahhh bella figura che ci farai fare!!! Ma ti rendi conto? E chi vorrà più lavorare con noi in aula se ti impappini in diretta?"
  • poi ad un certo punto faceva capolino quella parte di me che è di servizio "Non ascoltare il critico.. certo non sarai perfetta: ma tutti hanno fatto un primo webinar una volta. In questo periodo tutti si stanno misurando con un contesto completamente diverso da quello ideale. E cosa conta di più? La tua immagine o quello che tu puoi fare concretamente per aiutare gli altri?"
  • ed infine ecco spuntare il pragmatico, quello che è orientato all'obiettivo e che, a mali estremi, entra a gamba tesa e riporta la mente sul pezzo "E va beh ora mettiamoci a lavorare, prepariamo quel che c'è da fare e mettiamoci in gioco. Valuteremo alla fine. Inutile perdersi in mille domande a cui non possiamo avere risposta finché non lo facciamo!"
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Quindi la prima settimana post decreto ero completamente assorbita nella gestione dei miei personaggi mentali e nel superare le mie resistenze... tra cui certamente la più forte era l'avversione alla telecamera. confesso di aver avuto momenti in cui inventavo qualunque scusa a me stessa per non fare la prova o per farla solo parzialmente. Sarà capitato anche a voi di trovarvi di fronte ad una sfida che proprio non vi piaceva... quasi come quando da bambini ci davano un ricostituente dal sapore cattivissimoooo e dovevamo tapparci il naso per riuscire a mandarlo giù... Bene per riuscire a superare questa resistenza ho dovuto ricercare la mia motivazione: non il ritorno economico, non la visibilità (avrei preferito nascondermi)... ma l'idea di poter essere autenticamente utile. Il venerdì sera ero scesa a patti con me stessa: il lunedì mattina mi sarei concentrata completamente anima e corpo nel progetto.

Tecnicamente ciò che ho fatto su me stessa, con la mia mente, è stato andare a ricercare il valore etico che mi agganciava, il bisogno mio profondo a cui rispondeva questo progetto, e fare leva su di esso per cambiare la mia ottica e innalzarne il valore fino a superare il peso delle mie resistenze.

Nel fine settimana ho deciso di dedicare il mio tempo ad una attività che mi rigenerasse e quindi mi alzasse ulteriormente l'energia. Ognuno di noi ha degli hobbies, delle passioni. Io ho quello del lavorare su me stessa. Da 8 mesi ho iniziato una Accademia biennale per diventare facilitatrice di costellazioni famigliari. Un percorso molto stimolante che mi sta permettendo di entrare sempre più in profondità dentro me stessa e trasformare - attraverso il togliere strati di compromessi, condizionamenti - il mio lifestyle verso una crescente autenticità e serenità. Fortunatamente l'Accademia ha portato le attività on line e quindi ho potuto dedicare due interi giorni a ciò che mi piace tantissimo.

Fin qui tutto bene, almeno in apparenza.... ma proprio tutto questo buon umore, questa energia positiva, questa carica... si è rivelata una trappola. Convinta di poter affrontare qualunque cosa, ho ceduto alla tentazione di seguire un pezzo di maratona di informazioni sul Covit19: impatti sulla salute, sull'economia, decisioni dei vari paesi, annunci dei leader politici, crollo delle borse. Insomma per farla breve... lunedì mattina mi sono svegliata DEPRESSA. Ero riuscita a debellare le tossine mentali... e invece, per troppa sicurezza, senza consapevolezza ne avevo fatto di nuovo indigestione.

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A quel punto però non potevo tentennare: il webinar era lanciato, 29 persone in poche ore si erano iscritte e io dovevo fare la mia parte: dare il valore che mi ero prefissa. Queste persone avrebbero investito un'ora del loro tempo ed io dovevo fare in modo che il valore del mio intervento fosse di gran lunga superiore al valore del loro tempo.

Così con questo pensiero, in 3 ore è nato il mio intervento che ho provato 3 volte prima di ottimizzare nei tempi, nel flusso e nei contenuti e al pomeriggio abbiamo fatto la prima prova dove il mio "critico" si è ammutolito perché non aveva più nulla da criticare, nessun appiglio da usare per smontare la mia sicurezza.

Tecnicamente cosa è successo nella mia mente?

Quello che è accaduto è che sono "entrata" in performance. Avevo superato le paure grazie alle varie prove. Ogni volta in cui mi riascoltavo, trovavo piacevole come avevo gestito l'intervento e magari coglievo qualche spunto di miglioramento ma ne uscivo con il livello di autoefficacia migliorata.

Quale lezione trarre da ciò? Che possiamo cogliere questo momento di incertezza e cambiamento delle dinamiche, come un momento in cui possiamo abbassare la nostra tensione alla perfezione, dove possiamo concederci più facilmente di accettare il rischio di sbagliare, contando anche sul fatto che gli altri avranno maggiore tolleranza trovandosi nelle nostre stesse condizioni di disagio. Partendo da questo atteggiamento mentale meno critico e più possibilista, possiamo mettere in campo le strategie di testing ed allenamento che ci permettano di ridurre ulteriormente i rischi di errore.

Com'è finita? Martedì scorso, 17 marzo, sono andata live insieme ai miei colleghi e alle persone è arrivata la mia energia: certo non era come essere nello stesso posto e potersi guardare negli occhi, ma loro mi hanno sentito, hanno partecipato con molte domande e questo mi ha dato un boost di energia incredibile. Da qui stanno nascendo altre idee e progetti e sto scoprendo che, tutto sommato, fare webinar on line potrebbe non essere così male... anzi potrei perfino prenderci gusto!

Quindi alla domanda iniziale - la mente è amica, nemica o compagna di viaggio - direi che, per quanto mi riguarda, è una compagna di viaggio. Non è né buona né cattiva. Semplicemente è abitata da tanti personaggi che sono nati e si sono sviluppati in relazione alle nostre esperienze di vita e che hanno la funzione di proteggerci. Non sempre però il loro modo di proteggerci è funzionale. E soprattutto non sempre siamo in grado di riconoscerli e quindi di disinnescare i meccanismi automatici che sono in grado di innescare.

Per questo è importante riconoscere che noi non siamo i nostri pensieri e che a volte possono sorgere pensieri che non sono sani né perfettamente rappresentativi della realtà. Se riconosciamo tutto questo, possiamo imparare a mettere una distanza tra noi e la nostra mente... e questo ci aiuterà sempre, in qualunque circostanza ma oggi più che mai a fare pulizia dei nostri pensieri e delle emozioni che sono in grado di scatenarci.









Isa Delledonne

Responsabile risorse umane presso CGI - Gas Sales

4 anni

Grazie per avere condiviso un’esperienza di vita vera che può essere di stimolo ad un’auto analisi costruttiva

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