Anatomia della fretta
Ci sono due minuti fondamentali nella mia giornata: quelli prima di uscire da casa per andare al lavoro. Se mi dimentico qualcosa di importante devo tornare indietro oppure farne a meno.
Certe mattine sembra che in quei due minuti le chiavi, il cellulare, i documenti e gli occhiali si mettano d'accordo e non si facciano trovare. Credo che loro si divertano un mondo nel vedermi andare da una parte all'altra della casa. Una sorta di bullismo nei miei confronti. Perché loro lo sanno che ho poco tempo a disposizione.
Ma cerco di essere superiore a loro.
Anatomia della fretta
Cerchiamo di vederci chiaro, e distinguiamo innanzitutto diversi elementi:
A questo punto perché mai dovremmo farci mancare un'altra dimensione, trasversale alla precedente, al fine di creare una matrice come fanno tutte le persone serie? All'uopo credo possa essere utile distinguere quanto questi fenomeni sono positivi e quando sono negativi:
La fretta è di moda
Essere "super impegnati" è considerato uno status symbol, se non corri a destra e a sinistra in continuazione con il cellulare in mano non sei nessuno. Se durante una riunione o un incontro formativo non ricevi almeno una chiamata "importantissima" sei uno sfigato rispetto agli altri che invece le ricevono. Questo è il modo di vedere più consueto, ovviamente non sono d'accordo.
Se si considera inoltre che non tutti hanno le capacità organizzative che sarebbero richieste dal contesto in cui vivono, si comprende bene come nascano sia la pressione sui tempi come aspetto organizzativo, che la fretta come vissuto soggettivo.
Ormai ho imparato da tempo a disinnescare le obiezioni che mi fanno in azienda, tipo: "Dottore, lei vive su Marte, oggi il business ci richiede di andare sempre più di corsa", dicendo più o meno così:
"Ha mai pensato che se un'alta produttività è generata da una buona organizzazione ciò rivela un'ottima capacità manageriale, contiene lo stress, migliora i risultati complessivi; e se invece la produttività è generata dallo spingere le persone a fare le cose in fretta ciò rivela una pessima capacità manageriale, aumenta lo stress, peggiora i risultati complessivi?".
In genere si mettono a pensare e tacciono.
Qualcuno invece (specialmente nei livelli più bassi della catena di comando) fa presente che loro subiscono la situazione, ma sono altri "più in alto di loro" a decidere circa i livelli di produttività e come ottenerla.
Ed ecco spiegato come si generano molti incidenti e infortuni, problemi di salute, stress negativo, problemi di qualità e di produttività, e loro conseguenze dirette e indirette: dall'incapacità di organizzare il lavoro armonizzando ciò che richiede il contesto interno (incluso benessere e ben fare) ed esterno (incluse le tensioni imposte dal mercato).
Quindi cosa fare
Il problema può essere fronteggiato da diverse sinergiche prospettive, tra cui le seguenti.
Il miglioramento della qualità del management
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Sia in senso ristretto il cosiddetto time management (matrice di Covey e tutto ciò che è lucidità e saggezza nell'utilizzo di questa risorsa preziosa), sia in senso più generale la pianificazione, la gestione degli imprevisti, la comunicazione, la capacità di leggere il contesto e di adattare l'organizzazione alle esigenze che il contesto propone.
Il miglioramento delle prassi di efficienza individuale
L'ottimizzazione del proprio operato, la giusta attribuzione delle priorità sul lavoro e nella vita.
Attenzione, non sto affatto dicendo che occorra efficientare tanto per farlo, o che sia un valore assoluto, o che occorra sempre spingersi oltre i propri limiti: bisogna invece calibrare l'efficienza con il benessere. A volte può essere di aiuto.
La gestione delle emozioni e dello stress
Comprendere e gestire i propri stati interni, sapere come rilassarsi, saper riconoscere i problemi dovuti alla presenza di stress negativo, comprendere come costruire il proprio benessere mentale , ecc.
E la formazione alla sicurezza?
Difficilmente ho visto affrontare il tema di "come lavorare in sicurezza sotto pressione temporale", salvo che si tratti di formazione alle emergenze. Ciò avviene alla luce di una maleintesa premessa che le cose vanno fatte con calma per non farsi male. Chi non sarebbe d'accordo con questa premessa? Però poi le persone non hanno sempre i tempi e la calma.
E quindi nella formazione si spiegano le procedure, le responsabilità, e si dice che le cose vanno fatte nei tempi tecnici e organizzativi necessari. Poi però nei fatti viene chiesto alle persone di lavorare in condizioni diverse.
Questa variabilità delle condizioni reali, di fronte a una sostanziale stasi delle condizioni definite nella formazione, è uno dei motivi principali dello scarto tra compito prescritto e compito realizzato (differenza messa a fuoco ormai da alcuni decenni nella tradizione ergonomica) o tra il work as imagined e il work as done (secondo la tradizione della resilienza organizzativa). Ed è uno dei fattori per i quali talvolta si ride dei contenuti trasmessi in formazione, dicendo che essi sono irrealizzabili, che la formazione è "di facciata".
Personalmente faccio sempre la premessa che le cose vanno organizzate bene prima, a evitare un eccesso di pressione temporale. Ma quando capita (ad es. non ti suona la sveglia e quanto ti alzi hai tempi diversi dal solito; oppure sul lavoro capita un imprevisto che porta ad avere a disposizione tempi stretti) allora è bene mettere in atto delle prassi sicure. Anzi, appunto perché c'è meno tempo, serve in modo specifico un margine di sicurezza più rigoroso.
Ho messo a punto e sto utilizzando quindi anche esercitazioni e attività didattiche che diano buone prassi "nella pressione temporale", senza rassegnarsi al fatto che le cose vadano fatte in fretta, ma prendendo atto che spesso ciò corrisponde alla realtà.
E' ovvio che qualcuno obietti: "Sì ma nei corsi sulla sicurezza dovresti passare il messaggio che le cose vadano fatte per bene, con calma, nei tempi richiesti, e che se non ci sono le condizioni necessarie un lavoro non va fatto". Chiaro, quella è una parte del messaggio. L'altra parte del messaggio è che se hai meno tempo del solito devi a maggior ragione attivare la tua competenza e consapevolezza verso la sicurezza.
Tale messaggio dev'essere adattato diversamente se rivolto alle parti apicali della catena di comando, al management intermedio, al personale operativo, in quanto il loro margine decisionale è molto diverso, il posizionamento rispetto a questo problema è molto specifico.
Anche se non lo meritavano, ho fatto la pace
Preso atto di tutto ciò, ho cercato di fare la pace con gli oggetti che al mattino si nascondono.
Abbiamo negoziato e siamo giunti alla conclusione che mi impegnerò a una migliore organizzazione degli spazi e dei tempi. In cambio loro non mi creeranno più difficoltà. Non so se potrò fidarmi di loro, ma proverò intanto a rispettare la mia parte.
Materiale a libero uso con citazione della fonte
Carlo Bisio, Psicologo delle Organizzazioni, è stato docente a contratto presso l'Università di Milano Bicocca e altri atenei. Ha acquisito l'International NEBOSH Diploma in Occupational Health and Safety, il Master biennale in Ergonomia presso il CNAM di Parigi. E' ergonomo registrato dal CREE (Eur.Erg.). E' Graduate Member of IOSH, socio AIAS, socio SIE. E' autore di numerosi scritti. Consulente, formatore, ghost writer.
Responsabile Sistema Gestione Qualità(SIRJO S.C.p.A. - Webuild SS106J)
1 annoComplimenti
Psicologa clinica e di comunità e psicoterapeuta in formazione
1 annoDr Bisio concordo con molti aspetti che ha evidenziato. Dalla mia personale esperienza ho rilevato che alle volte la formazione è sbilanciata sulle modalità di definizione e di raggiungimento degli obiettivi nell'illusione che il multitasking esista e che sia una prerogativa dei buoni manager. Dedicare tempo a coltivare l eccellenza, non la perfezione, nelle figure manageriali in cui al tempo stesso troviamo una vision condivisa e la capacità di essere consapevoli presenti nell'attività in cui si è impegnati, magari non farà tendenza ma potrebbe contribuire ad una crescita aziendale a lungo termine? Per dirla in altri termini le "to do list" da sole non fanno efficienza ....magari affiancati da un percorso di costruzione di una vision condivisa e di obiettivi condivisi, con un'attenzione in più alla consapevolezza e cenni di mindfulness potrebbero fare la differenza? Magari a dandosi una gestione diversa del tempo...
Grazie, Carlo. Una preziosa analisi che fa riflettere su quante cose possano essere migliorate. E non mi riferisco soltanto alle complesse dinamiche organizzative di una società multinazionale, ma anche, portando un esempio banale, al disordinato affannarsi delle cameriere nella tavola calda, che osservo durante la pausa pranzo. Personalmente vedo una grande scommessa, sia nel recepimento del messaggio nella medio-grande azienda, più strutturata e matura, sia nel cercare di veicolarlo all'interno delle piccole realtà che caratterizzano la stragrande maggioranza del tessuto produttivo nazionale.