LA SINDROME DI ICARO
Il sole del potere fa bene all’epidermide? E cosa succede se te ne avvicini troppo? Un tuffo nel mito per sostituire le ali a piedi ben piantati per terra.
Manager che guardano all’Olimpo del Board di Direzione come al luogo naturale dal quale sono stati defraudati, all’arrembaggio e in continua rincorsa nel tentativo di scalare la piramide alimentare del potere.
Assistiamo in azienda - ma anche in negozio, a scuola, al bar, in ospedale, a teatro, in piscina, ovunque ci sia un gruppo di lavoro, un capo e un collega - a scene di prevaricazione, sgomitate, calcolati tentativi di conquista del potere, a volte grossolani e diretti, altre volte più sottili, carichi di sotterfugi, con manovre tattiche non immediatamente intellegibili, talora subdole, intricate, pregnanti.
È la sindrome di Icaro, viva e vegeta lungo i corridoi lavorativi, in cda, al board di direzione, stagnante addirittura in sala mensa tra una porzione di patate al curry e la zuppa ai legumi e gorgonzola.
Ne parlavo l’altro giorno con l’amico Marco, un collega di lunga data che da poco ha cambiato lavoro. In una chiacchierata telefonica di aggiornamento sulle reciproche vite mi raccontava di come si trovi bene sul nuovo posto di lavoro anche se non mancano gli arrivisti.
Quando gli ho chiesto dove queste persone volessero arrivare, Marco mi ha chiarito che la meta degli ambiziosi è
“il sole, il sole del potere. Novelli Icaro in cerca di calore, satelliti che spesso non brillano di luce propria, affamati di quella degli altri di cui alla fine non si curano. E più si avvicinano a quel Sole più ne vogliono ancora”.
Interessante, mi sono detta. Eppure, la sindrome di Icaro, di cui una parte di un certo management potrebbe essere affetta, racchiude in sé non solo la patologia ma anche le sue fatali conseguenze, comportamento insano e sintomi da un lato e triste epigono dall’altro, fino all’inevitabile tracollo - la bruciatura fatale, la caduta - se non se ne guarisce in tempo.
Ma è poi possibile guarirne?
Icaro nel mito
Per comprendere meglio di cosa si tratta, ci viene in aiuto il mito.
Nella mitologia greca Icaro è figlio di Neucrate - schiava del re di Creta Minosse - e dell’architetto Dedalo, il più grande inventore dell’antichità e costruttore del labirinto di Cnosso destinato al mostro Minotauro, figlio di un toro e della regina di Creta Pasifae, moglie dello stesso Minosse.
Le tristi gesta di Icaro sono narrate da Omero nell’ “Iliade”, Euripide nei “Cretesi”, Apollodoro nell’ “Epitome” e Diodoro Siculo nella “Biblioteca Storica”, Ovidio nel libro VIII delle “Metamorfosi” e Virgilio nel VI libro dell’“Eneide”, Orazio nelle “Odi”, Svetonio nella “Vita dei Cesari”, Luciano di Samosata nell’“Icaromenippo”, e sono riprese nelle epoche seguenti da autori come Iacopo Sannazzaro (“Icaro cadde qui: queste onde lo sanno”), Ludovico Ariosto (“Rime”), Giordano Bruno (“Gli eroici furori”), Francis Bacon (“De Sapientia Veterum”), e Bruegel il Vecchio (“Caduta di Icaro”) in un’epoca, quella tardo rinascimentale, in cui l’uomo si interroga sui suoi limiti, fino ad arrivare a Charles Baudelaire, autore de “I lamenti di Icaro” a fine '800. Di Icaro, insomma, se ne parla un sacco da tempo a conferma della pervicacia del mito.
Per farla breve, ecco la storia: il Minotauro è morto, ucciso da Teseo. Dedalo e Icaro vengono imprigionati da Minosse nel labirinto presumibilmente perché Dedalo ha aiutato Arianna e Teseo a fuggire.
Accortosi che gli unici esseri viventi in grado di accedere al complesso labirinto sono uccelli e api, Dedalo costruisce per sé e il figlio ali compattate con piume e cera utili alla fuga, con un’unica raccomandazione:
"Vola a mezza altezza, Icaro, mi raccomando, in modo che l’umidità non appesantisca le penne se vai troppo basso e il calore non le bruci se vai troppo alto. Vola tra l’una e l’altro, ti avverto” scrive Ovidio nelle "Metamorfosi".
In preda all'entusiasmo giovanile e all’ebbrezza del volo, Icaro invece si avvicina troppo al sole. Le ali si sfaldano e il giovane perisce in mare.
Il messaggio è chiaro:
il mito ci suggerisce di guardarci dal pericolo dell’ubris e della tracotanza umana e ci invita ad abbracciare il giusto mezzo, tanto caro ai classici latini e greci, rispettando i nostri limiti. Né troppo in alto, né troppo in basso.
"In medio stat virtus" si diceva in epoca scolastica medioevale rifacendosi all' "Etica Nicomachea" di Aristotele.
Icaro in psicoanalisi
Ad ispirarsi per primo a questo racconto mitologico per tratteggiarne una sindrome del moderno e descrivere un particolare tipo di carattere nella teoria della personalità è stato lo psicologo statunitense Henry Alexander Murray.
Murray attribuisce il complesso di Icaro a persone con un’ambizione che eccede i propri limiti fino al collasso
- tendenzialmente narcisisti
- ascensionisti, con la convinzione che il futuro non sia determinato dal presente e dal passato e che non ci siano obiettivi irraggiungibili
- con un forte investimento affettivo e fascinazione per l’elemento del fuoco
- con possibili episodi di incontinenza e enuresi nell’infanzia
Tutte caratteristiche che, stando agli studi di Murray, si esaspererebbero in
- desiderio di immortalità
- concezione delle donne come oggetto da possedere
- sfide edipiche
- stato di adolescenza perpetua
Icaro in azienda
Abbandonando l’ambito clinico e 'psicanalichese' e rapportandoci alla realtà lavorativa, Manfred F. R. Kets de Vries, Clinical Professor di Leadership Development & Organisational Change all’INSEAD Business School e Professore di Leadership Development all’Emeritus school, sostiene nei suoi studi che i sintomatici
- hanno un’eccessiva confidenza nel loro giudizio
- manifestano sentimenti di onnipotenza
- sono imprudenti e irrequieti
- disprezzano i consigli e le critiche degli altri
- ignorano le conseguenze pratiche e il costo del loro comportamento sugli altri.
Icaro in sintesi
Irresistibile attrazione per il potere, disagio che li porta ad affermare narcisisticamente se stessi, noncuranza per le conseguenze e per gli altri se non utili ai propri pratici fini, eccesso di ambizioni combinate con ignoranza dei propri limiti, una fatale propensione a bruciarsi e un’eccessiva sottomissione alle alte cariche sono quindi alcune delle idiosincratiche caratteristiche degli Icariani perfetti.
Ne conoscete qualcuno?
Icaro in cura
Come fare per guarire da questo mortale complesso prima di collassare in mare e mandare alla deriva l’intera azienda?
Les McKeown, fondatore e CEO dell’associazione “Predictable Success”, suggerisce di procedere in un graduale percorso di consapevolezza partendo da semplici assunti.
- Quello che sai potrebbe essere corretto, ma spesso quello che non sai è come impatta ogni altra cosa, non conosci le alternative per conseguire l’obiettivo, non immagini quanto il nuovo progetto possa cannibalizzare gli altri e come possa incidere sulle sorti dell’azienda
- Ci sono un sacco di cose importanti che nessuno ti dice e il dare per scontato di conoscere tutto è estremamente rischioso
- Chiediti con onestà intellettuale e lucido giudizio se le tue recenti decisioni hanno effettivamente funzionato. Scoprirai che il tuo istinto non è onnipotente.
Dopo un primo esame di coscienza McKeown propone quindi di
- iniziare ad ascoltare gli altri
- delegare chiedendo feedback specifici sull’andamento dei progetti che mettano a tacere la smania di controllo e la presuntuosa certezza di essere meglio degli altri
- prendere le decisioni in team, ascoltando i pareri di tutti con attenzione
E se tutto questo non dovesse bastare, non resta che affidarsi al supporto di un coach che magari ci aiuti a dismettere le ali e a camminare, piedi a terra, fianco a fianco agli altri.
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Icaro sugli altri
Come fare a preservare la nostra serenità mentale se o quando abbiamo a che fare con un manager Icarico?
- Acquisire lucida consapevolezza che il soggetto è affetto da sindrome è sicuramente il primo passo da fare per prenderne le dovute distanze.
- Solidarizzare con gli altri colleghi per gestire questa relazione difficile e trovare nella forza del gruppo una via d’uscita è un’altra azione da non sottovalutare.
Laddove queste operazioni non fossero attuabili, immaginarsi l’Icarico mentre bagna ancora il letto - appellandosi all’identikit tratteggiato da Henry Alexander Murray - può quanto meno regalarci un inaspettato, soddisfacente, liberatorio momento di sollievo.
Icaro dillo a qualcun altro
Ma facciamo attenzione.
Come esplicita il drammaturgo italiano Dario Fo in uno splendido monologo del 1977 - trovate il video negli approfondimenti -,
non facciamo di Icaro l’alibi per castrare le ambizioni positive e rispettose degli altri, mantenere lo status quo e non osare cambiare le carte in tavola anche quando c’è fame di rinnovo, c’è necessità del nuovo.
Quello è un altro mito e si chiama ostruzionismo.
Per approfondire
Omero, “Iliade”, 18, 590-592, VIII sec. A. C.
Euripide, “Cretesi”, Frammenti, 5, 7 e 9, V secolo a. C.
Erodo, “Le Storie”, 7, 169-170, V sec. A. C.
Senofonte, “Memorabili”, IV, 2, 33-35, 430-355 a.C.
Diodoro Siculo, “Biblioteca storica”, Libro I, Libro IV, I secolo a.C.
Apollodoro, “Epitome”, I, 12-15, 180-115 a.C.
Apollodoro, “Biblioteca”, Libro II, Libro III, 180-115 a.C.
Ovidio, “Ars Amatoria”, 1 a.C. – 1 d.C.
Ovidio, “Metamorfosi”, Libro VIII, 1 a.C. – 1 d.C.
Ovidio, “Tristia”, Libro I, 1 a.C. – 1 d.C.
Virgilio, “Eneide”, Libro VI, 29-19 a. C.
Orazio, “Odi”, Libro II, Libro IV, 23 a.C.
Svetonio, “Vita dei Cesari”, Libro VI (Nerone), 70-126 d.C.
Luciano di Samosata, “Icaromenippo o l’uomo sulle nuvole”, II secolo d.C.
Iacopo Sannazzaro, (“Icaro cadde qui: queste onde lo sanno”, 1457-1530
Ludovico Ariosto, “Rime”, VIII, 1474-1533
Giordano Bruno, “Gli eroici furori”, 1585
Francis Bacon, “De Sapientia Veterum”, XXVII, 1609
Bruegel il Vecchio, “Caduta di Icaro”, 1558
Charles Baudelaire, “I lamenti di Icaro”, 1868
Michael A. Sperber, “Albert Camus: Camus' la caduta: The Icarus complesso”, americano Imago, 1969
Daniel Ogilivie, “The Icarus Complex” in “Psychology Today”, dicembre 1968
Henry Alexander Murray, “Explorations in Personality”, 1938
Carl Builder, “The Icarus Syndrome”, Routledge, 1994
L’articolo di “Storica” del “National Geografic”
L’articolo della giornalista Edit Sanchez
Lo studio di Manfred F. R. Kets de Vries
L’analisi di Les McKeown
Il monologo di Dario Fo del 1977
Foto by Pixabay
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Presidente del @CLUBTI Milano
10 mesiCiao Angela Deganis - sempre un piacer leggerti. riflessioni che fanno pensare e ripensare. Un guardarsi allo specchio e pensare: mi sa che con Icaro ho avuta una 'certa' corrispondenza e frequentazione. Come non essere d'accordo della incapacità di conoscere i propri limiti che lo rendono molto vicino a Faust. E comunque come fai notare non si può 'bruciare' Icaro senza lasciarlo provare a liberarsi nel cielo. Grazie ancora
Credo che il lavoro, intellettuale o manuale non fa differenza, sia sempre dignitoso se è gratificante per la persona | Blogger | Content writer | Specialista operativo | Addetto tecnico
10 mesiBellissimo articolo Angela! Per prima cosa la Sindrome di Icaro mi fa pensare a certi nostri personaggi politici sopravvalutati anche da se stessi, che, una volta raggiunto il potere, hanno ecceduto nella hybris e sono crollati a una velocità direttamente proporzionale alla loro velocità di ascesa e al loro delirio di potenza. Si può dire che il manager Icaro sia la versione patologica del manager dittatore? In fondo il manager dittatore un po’ il senso del limite lo mantiene. Se passo invece al livello biografico, non mi è mai interessato il potere, ma casomai puntare ad una posizione che rispecchiasse le mie attitudini ma, al tal proposito, ritengo di essere soggetto più alla sindrome dell’ostruzionismo (se si può chiamare sindrome) che a quella di Icaro. Ma nel senso che, la maggior parte delle volte, sono stato io stesso a praticarla su di me.