La sostenibile leggerezza dello yogurt
(la mia prima volta come Temporary Manager)
Piccola premessa: Lo yogurt mi piace molto, ma in realtà ne parlerò pochissimo.
Ho infatti intenzione di fare alcune considerazioni sulla mia prima (e non credo ultima) esperienza come Temporary Manager.
Dello yogurt, dunque, mi interessa solo l’idea della scadenza breve che nel corso dell’ultimo anno ha caratterizzato la mia vita professionale e che ha avuto un impatto inatteso e positivo.
Prima non la pensavo così, non credevo infatti di essere adatto a questo tipo di esperienze, anzi guardavo ai consulenti con un misto di invidia e di ammirazione: invidiavo loro la possibilità di conoscere realtà aziendali molto diverse tra di loro ed ammiravo la capacità di entrare in contatto velocemente con nuovi contesti.
Dico subito che per me i consulenti devono avere 2 caratteristiche fondamentali: la prima, devono essere portatori sani di una competenza che manca all’interno dell’azienda, la seconda, forse addirittura più importante, è che ad un certo punto scadono come lo yogurt e devono necessariamente uscire di scena. Hanno, quindi, poco tempo a disposizione per riuscire ad incidere il proprio segno, favorendo, nel contempo, l’emancipazione delle organizzazioni in cui lavorano senza rendersi indispensabili.
Se il rapporto di consulenza perdura c’è qualcosa che non funziona nel contratto professionale: inevitabilmente si annacqua la nitidezza di dettaglio che il punto di vista esterno garantisce e che spesso determina l’utilità stessa del consulente; il consulente “vero” poi, per definizione, non indossa quasi mai la maglia aziendale, difficilmente si sente parte del gioco in altre parole non si trasforma quasi mai in un believer, non fa mai veramente parte della squadra. Anche questa è una caratteristica fondamentale perché del consulente si apprezza soprattutto l’autonomia e la lateralità del pensiero.
Tornando a me, ad un certo punto è successo che il rapporto di lavoro con l’azienda per cui lavoravo, di cui mi sentivo parte integrante, si è improvvisamente interrotto.
Ovviamente si è trattato di una svista madornale e questa affermazione, concedetemelo, è dogmatica!
Comunque la sostanza cambia davvero poco, diciamo che ci sono rimasto male, ma come si dice l’unico vero rischio che vale la pena di non correre è quello di non cambiare, per cui qualsiasi situazione offre, sempre, alcuni interessanti risvolti della medaglia. Innanzi tutto un periodo sabbatico in cui stare con la propria famiglia non è assolutamente un’opportunità da sottostimare, poi, grazie ad un mio amico, ho iniziato a correre in montagna (19 gare in 1 anno) e questa cosa ha contribuito in modo fondamentale a ri-centrare il mio equilibrio interiore, infine ho avuto la fortuna di fare questa esperienza come Temporary Manager presso un’azienda affascinante che ha cambiato completamente la mia percezione di questa tipologia di attività e mi ha aperto a sbocchi che altrimenti, prima, non avrei semplicemente considerato.
Il primo contratto aveva una durata di 3 mesi, poi la scadenza è stata ribadita per altre 2 volte e questo mi ha consentito di arrivare all'anno.
Questa esperienza, fatta in un’azienda interessante, in un momento aziendale particolare e soprattutto con una CEO disponibile a prendere decisioni poco ortodosse, è stata molto stimolante, arricchente e ha contribuito a togliermi alcune preoccupazioni:
- Sarò capace di entrare in contatto con la realtà aziendale e sentirmi parte dell’”impresa” avendo a disposizione un orizzonte temporale limitato?
- Sarò capace di essere incisivo?
- Sarò capace di intrecciare relazioni non superficiali con il tessuto sociale del sistema azienda?
- Riuscirò a divertirmi?
Le risposte che ho avuto hanno confermato che:
- Il mindset con cui si affronta anche questo tipo di esperienze brevi rimane il proprio, non si modifica e non è influenzato dalla temporaneità del progetto, io mi sono sentito fin da subito parte integrante dell’azienda e della squadra manageriale (tanti anni di vita aziendale lasciano inevitabilmente il segno).
- La scadenza diventa uno stimolo a fare accadere le cose, sia per la persona sia per l’azienda.
- La temporaneità del progetto non è l’elemento qualitativo fondamentale per valutare un’esperienza lavorativa che invece dipende (banale dirlo) dal tipo di progetto che deve essere professionalmente stimolante e intellettualmente appagante ne tantomeno ha effetti sulla profondità delle relazioni che si riescono ad instaurare.
- Il fatto poi di sapere, fin dall’inizio, di avere una prospettiva temporale limitata, garantisce una libertà di pensiero che, per uno che in qualche modo ha sempre cercato di esprimere punti di vista indipendenti e originali, diventa un elemento di valore impagabile, credo apprezzato anche dai colleghi in azienda perché di fatto viene messa a loro disposizione.
Insomma questa storia della scadenza dello yogurt, ha avuto un effetto inverso rispetto a quello che immaginavo: poco tempo a disposizione non significa necessariamente restare sulla superficie delle cose, anzi ti spinge a sfruttare al meglio il tempo utile per entrare il più possibile in profondità negli argomenti, a non rimandare le decisioni, ad approfittare di ogni occasione per entrare in sintonia con i colleghi e con l’ambiente per portarsi a casa un’esperienza che sia il più possibile completa ed appagante sia dal punto di vista professionale sia da quello umano.
Mi sono velocemente appassionato della situazione aziendale (francamente è stato molto facile e naturale), delle persone, della storia, dei prodotti e persino delle parole utilizzate in azienda, devo dire che la dimensione temporale si è dimostrata una volta di più come un concetto relativo: 1 anno è considerato un lasso di tempo breve per un’esperienza canonica in azienda, viceversa per un temporary viene considerato un periodo di tempo lungo in cui tanto si può capire e fare.
Dunque ho apprezzato la leggerezza che si accompagna alla necessità di bruciare le tappe per entrare velocemente in risonanza con un sistema nuovo, una leggerezza più legata all’approccio che all’impegno, allo sguardo d’insieme più che all’approfondimento del dettaglio, alla progettazione di soluzioni rapide ed efficaci più che di sistemi articolati e complessi, al pensiero critico più che alla ricerca del compromesso necessario per impostare relazioni consolidabili, al focus sulla riuscita del progetto più che alla tensione testosteronica collegata alla ricerca del successo personale .
Mi sento quindi di rassicurare tutte le persone che hanno voglia di sperimentare una modalità alternativa di prestare la propria opera professionale, il temporary management è una soluzione estremamente interessante e l’orizzonte temporale breve non contiene in sé solo aspetti di tipo ansiogeno anzi direi che a prevalere sono il senso di responsabilità e l’urgenza di incidere condita da un piacevole retrogusto di libertà.
E poi, quando, come uno yogurt, hai poco tempo utile a disposizione devi necessariamente seguire l’insegnamento di Yoda l’unico vero maestro cui vale la pena di ispirarsi: “No! Try not. Do! Or do not. There is no try.”
Sales Manager | Senior Retail Consultant
4 anniGrande Beppe!!!! Belle riflessioni, mi sono piaciute!
Direzione Operativa
4 anniGent.mo Giuseppe, sebbene non ci conosciamo ho letto molto volentieri il tuo post pieno di riflessioni e spunti utili. È un po' che penso a questo tipo di cambiamento professionale e ti ringrazio x gli stimoli che questo articolo ha saputo trasmettermi. Magari avremo modo di sentirci x uno scambio reciproco di informazioni! In bocca al lupo x il futuro. Grazie
Woman Merchandising and Buying Director, OVS
4 anniBravo, bella rivincita
IT Governance & Program Manager at OVS
4 anniBravo Beppe! Non che avessi dubbi sulla tua capacità di non rimanere "ingabbiato" nella ricerca del tuo "formaggio" perduto, ma sono contento che tu abbia scoperto di avere dentro di te quella certa dose di coraggio e di spinta interiore che seguire l'insegnamento del saggio Yoda presume. A presto e in bocca al lupo!
Partner, TAM Turn Around Management
4 anniSi. Condivido questo approccio