"La valle dei lunghi coltelli" (1963) di Harald Reinl
LA LEGGENDA IDEALISTICA COSMICA
TRAMITE L’IMMAGINARIO – COINCIDENTE CON LA MEMORIA UNIVERSALE ANCESTRALE - DEI REALIZZATORI DEI LUNGOMETRAGGI CINEMATOGRAFICI E DEGLI SCENEGGIATI TELEVISIVI – COME DEGLI AUTORI DELLE OPERE LETTERARIE DI OGNI PERIODO – L’UNIVERSO PENSANTE, OVVERO L’UNO-TUTTO COSMICO INTELLIGENTE, TRASMETTE PARAPSICOLOGICAMENTE AI SOGGETTI UMANI GLI IDEALI ETICO-MORALI, SOCIOLOGICO-POLITICI E SCIENTIFICO-CONOSCITIVI CHE NOI INDIVIDUI UMANI E COLLETTIVITA’ DOBBIAMO SEGUIRE O RESPINGERE, OSSIA DIFFONDE LA SUA LEGGENDA IDEALISTICA, CHE ALIMENTA QUINDI LA NOSTRA CULTURA POPOLARE.
LETTERATURA FILOSOFICA, STORIA, PSICOANALISI, PEDAGOGIA E GIORNALISMO IDEALISTICI DELL’IMMAGINARIO O DELL’INTERIORITA’ UMANA.
Consigliati da LinkedIn
EDUCAZIONE IDEALISTICA DELLE MENTI UMANE A CONTRASTARE LA GUERRA E LA VIOLENZA AGGRESSIVE MATERIALI E IMMATERIALI.
FILOSOFIA IDEALISTICA DELLA TRADUZIONE E DELL'INTERPRETARIATO DALLO SPIRITO DI UNA LINGUA ALL'ESSERE SPIRITUALE DI UN ALTRO IDIOMA
“La valle dei lunghi coltelli” (1963) di Harald Reinl, con Lex Barker, Pierre Brice, Mario Adorf, Walt Barnes, Marie Versini, Ralf Walter e Dunja Rajter. Il trapper di origine tedesca Old Shatterand lavora per una compagnia ferroviaria impegnata nella costruzione di una strada ferrata attraverso il West. Deve però vedersela con lo sceriffo Santer, che fa il bello e cattivo tempo nella cittadina di Roswell, è azionista della società ferroviaria e intende impadronirsi di un terreno occupato dagli indiani Apaches, dove si trova una consistente vena aurifera. Shatterand riuscirà a prevalere su Santer, sui numerosi ‘desperados’ ai suoi ordini e sulla banda di indiani Kiowa che ha assoldato, con l’aiuto del capo Apache Winnetou e dei suoi guerrieri. Basato su un romanzo di Karl May e sceneggiato da Harald G. Petersson, “La valle dei lunghi coltelli” (“Winnetou- 1 Teil”) rappresenta l’antefatto del precedente film western “Il tesoro del lago d’argento”, sempre co-prodotto dalla Germania Ovest, dalla Francia e dalla Iugoslavia, e contrassegnato da un’ariosa spettacolarità, garantita a sua volta da un largo impiego di mezzi. Il regista Harald Reinl dirige il lungometraggio con mirabile padronanza dello strumento cinematografico, saldando l’avventura a ritmo serrato, i sentimenti romantici, i grandiosi scenari naturali della Croazia e una meticolosa attenzione etnologica alla rappresentazione dei Nativi Americani, al di fuori dei luoghi comuni e del manierismo di larga parte delle pellicole statunitensi sull’epopea del Far West. Sotto l’angolazione della filosofia, della storia, della pedagogia/didattica e del giornalismo idealistico-esoterici dei contenuti del pensiero-immaginario o dell’interiorità umana che permea la comunicazione di massa letteraria e cinematografica verbale e non-verbale dei realizzatori e di quelli che hanno visionato e visionano questo film, “La valle dei lunghi coltelli” di Reinl pone in risalto prima di tutto gli ideali/archetipi antropologico-ontologici etico-morali, sociologico-politici e scientifico-conoscitivi deteriori – coincidenti cioè con l’involuzione dello Spirito o della Ragione ossia dell’Essere spirituale dell’uomo – della volontà di potenza o di supremazia imperialistica di un individuo privato che intende appropriarsi delle ricchezze materiali di un’area territoriale e dominare le collettività umane ivi insediate, del capitalismo privato basato sull’attività predatoria al di fuori di ogni sistema di leggi che tuteli l’interesse sociale e del ridurre gli indigeni al rango di un sotto-proletariato da utilizzare e sfruttare a proprio esclusivo beneficio privatistico-individualistico (ricordiamo lo sceriffo-affarista Santer che strumentalizza e manda al massacro la banda dei Kiowa per il proprio profitto personale). Al tempo medesimo, il lungometraggio “La valle dei lunghi coltelli” di Reinl pone in evidenza le idealità-archetipi antropologico-ontologici etico-morali, sociologico-politici e scientifico-conoscitivi progrediti libertari, democratici, egualitari e socialisti – che esprimono invece il progresso della Ragione o dell’Essere spirituale o dello Spirito dell’uomo – dell’anonimo e comune operaio – dell’Ovest americano, nel caso specifico di Old Shatterand – o appartenente alle classi popolari e lavoratrici – estraneo comunque alle stanze alte del potere politico delle nazioni e al controllo delle ingenti ricchezze economiche capitalistiche private – che diventa artefice in positivo della vita collettiva e del divenire storico con una funzione dirigente di base, dei lavoratori dipendenti che si ribellano allo strapotere di un unico soggetto umano ponendosi in tal modo come costruttori di storia (rammentiamo gli operai della ferrovia che si oppongono con le armi a Santer guidati da Shatterand), dei territori emarginati rispetto ai grandi centri urbani che si ergono a edificatori di una civiltà avanzata al pari dei secondi, dell’uguaglianza nei diritti e nel protagonismo pubblico tra persone appartenenti a etnie e a culture differenti, al di fuori di ogni gerarchia socio-razziale e socio-classista (pensiamo, a tal proposito, alla relazione paritaria e imperniata sulla fratellanza tra Old Shatterand e gli indiani d’America), della società civile multirazziale e multiculturale, e della cooperazione per scopi moralmente positivi. Intorno alle suddette idealità, la pellicola “La valle dei lunghi coltelli” di Reinl ha suscitato e suscita rispettivamente il dissenso e il consenso morali dei suoi realizzatori e degli spettatori di ieri e di oggi, i quali le hanno poste e le pongono come esempi per far evolvere il pensiero-immaginario, il linguaggio verbale parlato e scritto (nella lingua tedesca, in quella italiana e in altri idiomi), e i comportamenti interpersonali e pubblici dei soggetti umani. Tra gli interpreti professionalmente impeccabili, vi è Mario Adorf al suo primo film western.