L'alba di un nuovo giorno

L'alba di un nuovo giorno

Mentre si assopiscono gli echi dei festeggiamenti natalizi, prendiamo consapevolezza che sta iniziando un nuovo decennio, col suo carico di speranze, desideri e buoni propositi.

È l'anno di Expo Dubai, la kermesse iper tecnologica, che ci permetterà di confrontare gli umori grigi della vecchia Europa, con la vivacità di un paese giovane, non solo per la sua costituzione, ma anche per l'età media della popolazione, vicina ai 30 anni.

Si tratta certamente di un paese dotato di grandi risorse finanziarie, scaturite dall'industria petrolifera, ma che ha istituito nella sua organizzazione amministrativa il Ministero della Felicità, per migliorare il benessere della popolazione, affidando l'incarico ad una giovane donna, particolare non di poco conto in un paese islamico.

Per contro il nostro paese si è dotato da decenni del Ministero dell’Infelicità, altrimenti detto delle Finanze, con progetti di rimodulazione delle aliquote fiscali, che potrebbero comportare un abbassamento delle aliquote per gli scaglioni più bassi, ed un innalzamento delle aliquote per gli altri scaglioni.

Il nostro paese è afflitto da un eccesso di debito pubblico che continua ad aumentare, e nel 2019 è aumentato a 2.447 mld (ultimo dato ottobre 2019) con una differenza di +47 mld rispetto ai 12 mesi precedenti, registrando il livello massimo rispetto al PIL del 136%, nuovo record per la storia repubblicana.

Come si può migliorare il rapporto suddetto?

Diminuendo il numeratore (il debito pubblico), attraverso il contenimento della spesa pubblica, ovvero attraverso l'incremento delle tasse; ma il contenimento della spesa pubblica appare difficoltoso, se si considera, che la centrale acquisti nazionale, la CONSIP, tratta meno del 9% degli acquisti totali delle strutture pubbliche, eppure, ad esempio, gli aghi e le siringhe arrivano a costare sino al 63% in meno, rispetto agli acquisti fuori piattaforma.

Riguardo all'incremento delle tasse, i redditi (stipendi e pensioni) hanno già un livello di tassazione tra i più alti nel panorama europeo, sino ad un massimo del 43%, mentre le rendite da investimenti finanziari sono tassate sino ad un massimo del 26%.

Altra opzione per il miglioramento del rapporto debito PIL è lo sviluppo economico dato dall'incremento del PIL stesso (il denominatore del rapporto) ma la tendenza per il nostro paese appare al momento asfittica.

In sostanza siamo come una famiglia che continua a spendere, spensieratamente, molto di più di quanto guadagna.

Una azienda che avesse avuto un comportamento del genere avrebbe dovuto portare i libri in tribunale tanti anni fa.

Per questo in Germania, culla del Protestantesimo, si tende a demonizzare il nostro debito pubblico, facendone una colpa, (d'altronde la parola tedesca schuld significa al tempo stesso debito e colpa).

Guardando con cinismo alla attuale situazione, si potrebbe ricorrere al luogo comune secondo cui un piccolo debito è un problema del debitore, mentre un grande debito è soprattutto un problema del creditore.

Ma chi sono i creditori dello stato italiano?

In buona misura siamo noi, in quanto cittadini italiani.

Secondo un rapporto di Prometeia, l’80% del debito pubblico italiano è in mano ad operatori privati, e di questi il 53% è in mano ad operatori (risparmiatori e istituzioni finanziarie) italiani.

Quindi una minima parte del debito è in mano ad istituzioni sovranazionali che, generalmente investono in maniera più stabile per il medio-lungo termine.

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Ma qual è il rovescio della medaglia che ci consente di andare avanti?

Siamo un paese caratterizzato da vizi pubblici e private virtù: siamo un paese ricco, in cui il patrimonio delle famiglie ammonta a circa 9.800 mld, un record europeo di 8,4 volte il reddito nazionale (nel 2013 era di 8,7, ma poi è sceso per il deprezzamento degli immobili), laddove in Francia e Gran Bretagna il rapporto è di 7,9 volte, ed in Germania di 6,5 volte.

Lo stock di ricchezza è investito per più del 50% in immobili (altro record europeo), per loro natura non partecipanti allo sviluppo economico del paese, e per ben 1.700 mld lasciati sul conto corrente a patire la scure del prelievo fiscale sui conti e dell’inflazione.

Ma questo è un accantonamento per il “non si sa mai” derivante dall'incertezza per il futuro e dal percepimento di possibili rischi, per i quali si potrebbe invece attingere in maniera più efficace al mondo dei prodotti assicurativi.

Siamo quindi un popolo di "formichine" con un alto tasso di risparmio, ed un livello di consapevolezza finanziaria ancora da sviluppare in maniera significativa.

Quindi all'alba di questo nuovo decennio possiamo ridefinire i nostri obiettivi di vita, i nostri sogni e desideri per questi prossimi dieci anni, e ripensare alle strategie di difesa e sviluppo del nostro patrimonio, approfittando delle tante opportunità che si stanno affacciando sui mercati finanziari, soprattutto al di fuori dell'Italia, pur in presenza di scenari politici ed economici abbastanza complicati.

 




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