L'Almanacco
Ho completato da qualche giorno la lettura de “L’Almanacco” di Naval Ravikant, che era uno dei libri che mi ero prefisso di leggere nel corso di quest’anno. Ho scelto di cominciare da questo testo probabilmente per il carattere evocativo del titolo, che mi ricordava l’almanacco di Ritorno al Futuro. E forse, a leggere il resto di questo post, un certo nesso logico potrebbe esserci.
Non posso dire che sia stato uno di quei pochi libri che mi hanno cambiato la vita, forse perché ho già avuto modo, in precedenza, di approfondire alcuni dei temi trattati e quindi in diversi passaggi mi è mancato un certo elemento di novità. Dell’autore, però, ho apprezzato la grande lucidità e finezza di pensiero, e la mia personale recensione è quindi pienamente positiva.
Vi riporto qui i passaggi per me più interessanti, e che mi hanno fatto maggiormente riflettere.
Studiate microeconomia, teoria dei giochi, psicologia, persuasione, etica, matematica e informatica.
Se ci pensiamo bene, queste discipline, alcune anche molto distanti tra loro, sono effettivamente tutte indispensabili nel mondo del lavoro e per il successo nella vita e negli affari. Personalmente ho diversi spazi di miglioramento, mel mio percorso di crescita.
Oggi è molto più importante essere in grado di diventare esperti in un settore completamente nuovo, in un periodo tra i nove e i dodici mesi, che non aver condotto i “giusti” studi molto tempo fa.
Anno dopo anno abbiamo tutti l’impressione di un continuo aumento di velocità, e molto è riconducibile a uno sviluppo tecnologico senza uguali nella storia dell’uomo. La vera sfida, a livello professionale, è non solo stare a passo con i tempi, ma anche avere il mindset giusto per cambiare rapidamente binario.
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Qual è la cosa più importante che le persone giovani che si affacciano al mondo dell’impresa dovrebbero fare? Dedicare più tempo alle decisioni importanti. Ci sono essenzialmente tre decisioni importanti che riguardano le prime fasi della vita adulta: dove viviamo, con chi viviamo e che cosa facciamo. Dedichiamo davvero poco tempo a decidere quale sarà la nostra relazione più importante. Trascorriamo molto tempo lavorando, ma dedichiamo pochissimo tempo alla scelta del lavoro. La scelta della città in cui vivere può determinare quasi completamente la traiettoria della nostra vita, ma noi dedichiamo pochissimo tempo a capire dove vorremmo.
Devo dire che questo è stato per me il passaggio chiave del libro. Arrivato a questo punto, mi sono fermato nella lettura e ho avuto bisogno di alcuni giorni di riflessione al riguardo. Mi ha toccato davvero lo stomaco e ho provato un certo senso di sgomento, come ogni volta che mi capita, quando scopro una nuova verità. Quando ero più giovane, con meno vincoli, e avevo una libertà geografica pressoché totale, ma di cui non avevo piena consapevolezza, non mi sono mai soffermato a pensare e analizzare dove mi sarebbe piaciuto vivere, in funzione di un punto di arrivo più o meno definito, al quale ambivo di arrivare. Non avevo mai riflettuto abbastanza su quanto la scelta della città in cui vivere, soprattutto nei primi anni di lavoro, possa davvero condizionare un’intera esistenza. Ad un certo punto della mia vita mi sono ritrovato ad avere la residenza a Zhongshan, nella provincia cinese del Guangdong, ma più per un elemento di casualità che come output di un’analisi e di una programmazione. Accidenti!
Più sappiamo, meno diversifichiamo.
Questa è una grande verità nel campo degli investimenti ed è il motivo per cui a volte è preferibile ammettere la propria ignoranza e comprare un indice intero, meglio se con un piano di accumulo, piuttosto che puntare tutto sul cavallo sbagliato pensando di essere grandi esperti di ippica.
Siate impazienti nell’agire e pazienti nell’attendere i risultati.
Ogni percorso di sviluppo non è mai lineare. Sarebbe bello che fosse una retta, ma i punti di discontinuità sono inevitabili.
Ho compiuto una serie di errori che hanno qualcosa in comune tra loro. Gli errori sono diventati evidenti solo con il senno di poi e grazie a un esercizio che consiste nel domandarsi: a trent’anni quale consiglio avresti dato al te stesso ventenne? E a quarant’anni, quale consiglio avresti dato al te stesso trentenne? (Magari, se siete più giovani, potete fare l’esercizio utilizzando intervalli temporali di cinque anni.)
Quando ci troviamo di fronte ad un bivio e prendiamo una decisione importante, i risultati si manifestano chiaramente e si capiscono solamente nel lungo periodo. Se ripenso al mio passato, riconosco di aver fatto degli errori, ma ammetterli, in un dialogo interiore, è anche un modo di fare pace con me stesso. A poche settimane dal mio quarantatreesimo compleanno, direi al me stesso trentenne di prendere alcune scelte opposte a quelle effettivamente prese. Ma chissà poi se Simone mi avrebbe ascoltato…
Founder | ex Tesla & Amazon | Podcast Host
10 mesiBell’analisi Simone Polese, e complimenti per l’onestà intellettuale. Anch’io ricordo il forte impatto che ha avuto il punto sul luogo in cui viviamo. Sul tema, se già non lo conosci, consiglio anche l’essay “cities and ambition” di Paul Graham.