Lavoro e felicità: un cammino possibile
Comincia a farsi largo un'idea di lavoro che fa spazio alla felicità e alla sostenibilità, ma il cammino è appena cominciato.
La Libertà è la conseguenza di un cammino. Se non ti muovi, se non cambi, non potrai mai essere davvero libero. Ci pensavo qualche giorno fa leggendo un articolo sulla festa del 25 Aprile e intitolato «Un lungo cammino di Libertà».
Oggi è la Festa del lavoro e voglio tornare sull'argomento, perché quella lettura mi da’ l’occasione per fare un discorso più ampio sul significato di liberazione. Quindi non parlerò dell’evento storico e politico, ma della liberazione da una vecchia concezione del lavoro.
L’azione del lavorare ha due aspetti: ci sono le cose che ci piace fare e quelle che siamo costretti a svolgere. Se questo è vero, allora il lavoro ha a che fare col tema della felicità, nonostante la nostra idea di lavoro sia strettamente legata a quella di fatica.
Non è solo «sudore della fronte»
È così da sempre, già la Bibbia parlava di «Sudore della fronte». Questa concezione ce la siamo portata fino ai giorni nostri, non perché quelli che ci hanno preceduto fossero dei retrogradi. Guardavano la realtà con la consapevolezza del loro tempo.
Le cose stanno cambiando, anche se il cammino è appena cominciato. Infatti non sono tantissime le imprese che cominciano a coniugare lavoro e felicità.
Eppure è un tema ineluttabile: per le nuove generazioni questo è un argomento fondamentale. Lo è anche in ottica di sostenibilità, cioè di come un’impresa sia in grado di sostenersi nel tempo.
Il lavoro è una parte centrale della nostra vita e ora abbiamo tutti gli strumenti per farlo diventare una parte bella e felice.
La felicità è una scelta strategica
Ma cosa vuol dire essere felici? Non esistono definizioni nette. Al momento consideriamo la felicità con un generico «sentirsi bene».
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Ed è già un grande risultato, dal momento che a sentirsi bene, nei luoghi di lavoro, sono in pochi. Eppure la felicità porta con sé diversi aspetti positivi come, ad esempio, una migliore organizzazione del lavoro.
Inoltre, in genere chi è felice è più fedele all’azienda. La fedeltà è importante non solo da un punto di vista emotivo, ma anche economico. Perché avere un dipendente fedele vuol dire anche evitare un costo importante nel caso in cui quella persona dovesse cercare un altro lavoro perché insoddisfatta.
E non basta, infatti non mancano gli studi che dimostrano come le aziende con dipendenti soddisfatti hanno migliori risultati finanziari e un’elevata soddisfazione dei clienti.
Come vedi, il tema della felicità, è un tema strettamente aziendale. Trascurarlo è un errore strategico clamoroso.
È una questione di contesto interno
Cosa può fare un imprenditore, un responsabile di reparto o anche solo una coppia di colleghi che lavora insieme? Possono/devono lavorare su ciò che le norme chiamano il contesto interno.
Come si fa? In questa sede sarò sintetico per ovvi motivi di spazio. Ma il nocciolo è questo: se lavori solo per il risultato, scordati la felicità. Perché insieme al risultato ognuno dovrebbe avere la possibilità di esercitare i propri talenti e di sentirsi coinvolto. Ogni persona ha bisogno di coltivare relazioni così da non sentirsi solo e in balia degli eventi.
Se non si lavora su questo puoi subito prevedere - senza bisogno di usare la sfera di cristallo - insofferenza, musi lunghi, continue lamentele eccetera. E se per caso questo dovesse verificarsi, ora sai già in quale ambito intervenire. Ma ricorda anche che ogni ambiente di lavoro è la conseguenza di «un lungo cammino di Libertà».
A presto
Nunzio