Le idee e il diritto d'autore. Ibrahim Mahama vs. Christo (Collezione da Tiffany, 4 aprile 2019)
Un paio di settimane fa passando da porta Venezia, vicino allo studio in cui lavoro, ho visto che era in corso l’“impacchettamento” di uno dei due Bastioni. Il pensiero è andato immediatamente all’art week milanese e a Christo, anche se per una serie di motivi qualcosa mi faceva intuire che l’autore dell’opera non era l’artista statunitense (un po’ per lo stile diverso, un po’ perché l’impatto mediatico si sarebbe avvertito già da tempo). Mi sono quindi, come si dice, “fiondata” all’interno del Bastione ancora “libero” e ho chiesto di che cosa si trattasse, scoprendo così che era in corso l’installazione A Friend dell’artista ghanese Ibrahim Mahama fatta per la Fondazione Nicola Trussardi in occasione della settimana dell’arte. Ora l’opera è terminata e fino al 14 aprile prossimo entrambi gli ex caselli daziari rimarranno ricoperti da centinaia di teli di juta cuciti tra loro.
Quando si pensa a monumenti imballati il collegamento con Christo è immediato. Il celeberrimo esponente della land art, assieme alla moglie Jeanne-Claude, impacchetta infatti monumenti sin dalla fine degli anni sessanta un po’ in tutto il mondo (dalla Kunsthalle di Berna nel 1968, al Pont Neuf di Parigi nel 1985 al Reichstag di Berlino nel 1995). Christo lavorò anche a Milano: nel 1970 impacchettò infatti il monumento a Vittorio Emanuele II in piazza Duomo e quello a Leonardo da Vinci in piazza della Scala, ricoprendoli entrambi con grandi teli bianchi. Purtroppo l’installazione in piazza della Scala rimase visibile per poche ore, perché meno di due giorni dopo la sua creazione i neofascisti le diedero fuoco.
Qualcuno potrebbe chiedersi quindi se l’opera di Ibrahim Mahama non sia un plagio dell’opera dell’artista statunitense. La risposta è NO.
Un principio fondamentale, banale se vogliamo ma bellissimo, del diritto d’autore è infatti quello per cui le idee in quanto tali non sono proteggibili. Ed è ovvio che sia così, perché la creatività e la libertà di espressione devono rimanere patrimonio di tutti, devono essere libere di circolare, di fungere da spunto per altre opere, di unirsi a idee diverse per creare qualcosa di nuovo. Proteggibile, come si dice, è solo l’estrinsecazione formale di una determinata idea.
Il principio è stato espresso tantissime volte dalla giurisprudenza, secondo cui “le idee, anche se uguali, possono essere diversamente rappresentate e attuate e non sono di per sé oggetto di protezione con il diritto autorale” (così Tribunale Milano, 25 luglio 2017).
Il problema allora diventa quello di stabilire quando vi sia da parte di un artista la mera ripresa dell’idea di un altro o quando invece vi sia plagio dell’opera.
In punto di tutela dell’idea vs. plagio molto interessante è la Sentenza della Cassazione sul caso Emilio Vedova (n. 2039/2018). La Corte ha ripreso il principio già espresso con la sentenza n. 3340/2015, secondo cui non può esserci plagio quando l’opera contestata evidenzi “in modo chiaro e netto, uno scarto semantico” rispetto all’opera precedente “idoneo a conferirle … un proprio e diverso significato artistico”. Dal momento che la tutela va offerta all’espressione concreta dell’idea e non al contenuto dell’idea come tale, “è esclusa la sussistenza del plagio, allorché la nuova opera si fondi sì sulla stessa idea ispiratrice, ma si differenzi negli elementi essenziali che ne caratterizzano la forma espressiva”, ovvero “qualora due opere, pur avendo in comune il cd. spunto o motivo ispiratore, differiscano quanto agli ulteriori elementi caratterizzanti ed essenziali”. Viceversa, perché sussista il plagio è invece “necessario che l’autore … si sia appropriato degli elementi creativi dell’opera altrui, ricalcando in modo pedissequo quanto da altri ideato ed espresso in forma determinata e identificabile”.
Questi principi non sono affatto semplici da applicare ai vari casi concreti (dimostrazione ne è la profusione di pronunce in merito) e molto spesso è difficile dire quando dall’ispirazione si sconfina nel plagio.
Nel caso di cui ci stiamo occupando, possiamo affermare con una buona dose di certezza che l’idea di impacchettare un monumento, che forse per primo ha avuto Christo, non è di per sè tutelabile. Tutelabile è solo una determinata installazione, con tutte le sue caratteristiche specifiche. Per esempio l’opera realizzata a Milano nel 1970 che è consistita nell’impacchettare uno specifico monumento (quello a Leonardo da Vinci in piazza della Scala) con determinati materiali (grandi teli bianchi in polipropilene legati con funi rosse)
Ibrahim Mahama è dunque libero di riprendere l’idea dell’“impacchettamento” dei monumenti e di rielaborarla a suo modo, imballando però un edificio milanese diverso e con materiali diversi, così come ha fatto.
Possiamo anche chiederci un’altra cosa. Come abbiamo visto, la Cassazione parla di “scarto semantico”, cioè di uno scarto di significato poetico/artistico, tra un’opera e l’altra. Il fatto che le due installazioni vogliano esprimere un significato differente (la poetica di Christo è più concettuale, e gioca sul significato di presenza/assenza dell’oggetto alla vista, mentre l’installazione di Ibrahim Mahama agli ex caselli daziari della città si interroga sul significato dei confini e sulla circolazione delle merci e delle persone); il fatto che le due opere esprimano un significato differente, dicevamo, può escludere il plagio?
Applicando la teoria dello scarto semantico (relativamente nuovo, avendone parlato la Cassazione per la prima volta solo nel 2015) verrebbe da dire di sì.
Le critiche a questo principio non sono però mancate. A esempio, la sentenza sopra citata del Tribunale di Milano si discosta dalla Cassazione e afferma che “la protezione cade esclusivamente sulla forma rappresentata, ed è solo a questa che deve farsi riferimento, non al contenuto o all’idea, di talché non assumono rilievo le interessanti e, peraltro, controverse discussioni sui significati e sui messaggi comunicati dagli artisti nelle loro opere, giacché la protezione va verificata e accordata in concreto sulla base delle sole forme rappresentate e non degli ipotetici contenuti, dei significati volta a volta soggettivamente attribuiti e delle sottostanti idee”.
Insomma, siamo di fronte a problematiche complesse e dai confini labili, a principi che comunque vanno sempre calati nel caso concreto, e ci sarà ancora molto da dissertare sul punto.
Articolo pubblicato su Collezione da Tiffany il 4 aprile 2019.