LE LINEE GUIDA PER LA REDAZIONE DEL BUSINESS PLAN DELL’ODCEC DI MILANO: ANDARE OLTRE

LE LINEE GUIDA PER LA REDAZIONE DEL BUSINESS PLAN DELL’ODCEC DI MILANO: ANDARE OLTRE


Il 28 Aprile l’ODCEC di Milano ha pubblicato un corposo documento di circa 80 pagine con il quale definisce i “Principi guida” per la redazione dei Business Plan. Il documento importante e complesso per molti versi, sulla prima parte, quella decisiva a mio parere, che occupa ben 34 pagine del lavoro, non centra l’obiettivo di essere una risposta alla crisi delle imprese post COVID, efficace e al passo coi tempi.

Tranne poche eccezioni, tutte le aziende dopo la pandemia devono riprogettarsi, ripensare la propria strategia, a volte anche radicalmente, alla luce del cambiamento che si è prodotto nei mercati, nei  consumatori e in ognuno di noi.

E’ sul come si definisce una strategia in epoca di profondi cambiamenti, che il documento dà risposte buone, più per il mondo che c’era che per quello che verrà.

Le linee guida fanno una scelta univoca a favore del processo per la definizione della strategia, indicato dalla Balanced Scorecard (che da ora in poi indicherò con l’acronimo BSC), un sistema nato più di 30 anni fa che ha avuto il grande merito di aprire il mondo della pianificazione e del controllo alla valutazione di ciò che accadeva intorno all’azienda e non solo al suo interno, con un sistema di indici (KPI) che valutava fenomeni sia quantitativi che qualitativi.

Non sto qui a sintetizzarlo - per questo il documento dell’ODCEC di Milano basta e avanza - ma mi preme sottolineare che teoria e prassi dei sistemi di pianificazione e controllo, sono andati ben oltre. Rispondere ai cambiamenti con la BSC, è come andare in guerra con archi e frecce.

Vediamo perché.

La BSC se prima di altri sistemi è in grado di segnalare le difficoltà di un’impresa, non ha né strumenti né processi adeguati, per dare indicazioni su dove e su come l’impresa deve cambiare.

Da questo punto di vista non sono di aiuto le cosiddette “analisi di scenario” perché:

a)     danno indicazioni di contesto troppo generali

b)    sono le stesse che tutte le imprese fanno e tutte sono più o meno uguali in ogni periodo storico cosicché non danno indicazioni utili alla singola impresa, soprattutto se PMI, per un reale vantaggio competitivo rispetto alle altre.

La BSC è lenta nella definizione di una strategia, complessa nella sua implementazione, non molto flessibile nella sua gestione. E’ lenta perché utilizza strumenti tradizionali come ricerche su big data, e report formali che richiedono tempo sia per la loro redazione che per la loro discussione e messa a punto. E’ complessa nella sua implementazione perché per la sua definizione vengono normalmente coinvolte solo le sfere più alte delle gerarchie aziendali, pretendendo poi di estenderne gli effetti interni, attraverso sistemi premiali ed obiettivi capillari. Spesso l’effetto che si produce è quello del gioco che facevamo da bimbi chiamato “telefono senza fili”: quello che il primo bimbo dice all’orecchio di un altro, giunge all’ultimo con un significato tanto più diverso quanti più sono i passaggi. Ciò non stimola creatività e partecipazione ma solo adempimenti burocratici e raccolte dati non sempre facili da reperire. Non è flessibile perché tanto è più strutturato il sistema personalizzato che dovrebbe essere costruito, tanto più è difficile modificarlo anche radicalmente, a fronte di cambiamenti significativi.

Nella BSC i clienti sono solo lo strumento con cui l’azienda realizza i suoi obiettivi e non il trattore vero che tira l’aratro (l’azienda) che aprendo la crosta della terra – nel posto ricco di humus e con la giusta esposizione - fa sì che il seme, l’acqua e le sostanze nutritive (le risorse), vadano a fondo e permettano poi il raccolto (i risultati economici).

Tutte queste ragioni hanno fatto sì che le start up e le aziende che fanno dell’innovazione l’elemento principale del loro successo, utilizzino altre metodologie per la definizione della loro strategia ed in particolare quella che viene definita BUSINESS DESIGN, di cui il Business Model Canvas è uno degli strumenti.

Le ragioni sono semplici.

Il BUSINESS DESIGN risponde alla vera domanda che ogni impresa dovrebbe porsi in un tempo di cambiamenti radicali: “Dove devo andare?” e lo fa:

ü partendo dai clienti, i loro problemi, le loro preoccupazioni, le loro frustrazioni, a volte le loro angosce;

ü in modo estremamente partecipato a tutti i livelli, stimolando al massimo la creatività e l’innovazione;

ü con tecniche rapide e veloci, esaminando decine e decine di alternative con test continui e ripetuti, analizzando small data, per questo più facilmente gestibili e con informazioni più mirate rispetto alle analisi di scenario;

ü preoccupandosi non di essere esaustivo e particolareggiato ma di far fare la cosa giusta prima ancora che farle bene, nella convinzione che la soluzione trovata oggi, potrà cambiare di lì a poco perché i problemi e i punti di vista dei clienti sono cambiati e bisogna ancora andare altrove.

Questo modo di fare la strategia cambia il Business Plan. Lo renderà più asciutto ed essenziale ed uno strumento da usare con cura e misura. Non sarà più un tomo voluminoso, tanto completo quanto “non letto” dai più, da mettere sul tavolo ogni volta che è necessaria un’idea o un piano ma uno documento agile, da poter modificare rapidamente ed adattare a seconda dell’interlocutore a cui è rivolto.

E’ evidente che se facciamo nostre le modalità del BUSINESS DESIGN, cambia decisamente il nostro ruolo professionale. Ci trasformiamo da meri estensori di documenti e numeri legati a piani comunicati dall’imprenditore, a facilitatori del processo di costruzione della strategia e protagonisti della sua formulazione e della sua coerenza proprio perché terzi ed indipendenti. Andiamo così oltre l’ambito contabile, sempre più preda di software sofisticati, e rientriamo a pieno titolo nella consulenza strategica.

Spero proprio che queste linee guida siano solo uno stimolo per avviare approfondimenti e dibattiti, un “working in progress” che venga ampliato, anche in tempi rapidi, ad altre visioni e ad altri punti di vista, più vicini al mondo dell’innovazione economica e professionale.

Maura Chiara Cian

Dottore in Economia e Diritto | Revisore Legale | Ragioniera Commercialista | Data Management | Controllo di Gestione | Adeguati Assetti Organizzativi | Cruscotti di Controllo

3 anni

Vedo che nell'introduzione il Gruppo di Lavoro precisa che questi principi guida non si presentano come un documento teorico o esaustivo della materia; in questa prima edizione gli autori hanno cercato di essere più tempestivi che esaustivi. Poiché nel capitolo 3, che tratta del posizionamento strategico desiderato prospettico, viene citato anche il #BusinessModelCanvas ipotizzo che nella seconda edizione del documento verrà dato ampio spazio a questo strumento ed a questo tipo di approccio. Come da te suggerito Fabrizio speriamo che il dibattito sull'argomento sia foriero di interessanti idee e che la cultura del #BusinessDesign trovi ampio spazio di applicazione al fine di consentire agli imprenditori di agganciare in maniera robusta la ripresa post Covid19.

Antonio Nazaro

Dottore Commercialista

3 anni

Interessanti le osservazioni critiche sui limiti, nella definizione di una #strategia, della #BalancedScorecard! E’ necessario superare analisi “solo burocratiche contabili” diffondendo la “cultura della creatività”!!!

Claudio Berionni

Executive Manager | Consulente Direzione | ESPERTO IN: P&L & Operations Mgmt_Ingegneria Industriale_Turnaround_Cost Reduction_Lean_WCM_TCO_ Advanced Production Systems_New Plants & Re-Layout _ Automazione _ Industry 4.0

3 anni

Buongiorno, a mio avviso le due metodologie (Business Modèllini Canvas e BSC) non sono antitetiche e utilizzate in modo appropriato possono contribuire ad una migliore e più completa definizione della strategia aziendale. Ambedue cercano di renderla anche formalmente evidente. Forse il BMC per sua natura intrinseca vede un impiego più appropriato in fase di definizione e revisione del Business Plan, mentre la BSC, parte dalla definizione della mappa strategica (utile anche per il BP) ma diventa più peculiare in fase di monitoraggio e se poi la integriamo opportunamente con gli OKRs anche in fase di implementazione della strategia e delle iniziative strategiche. Reputo comunque tutte queste tecniche estremamente interessanti, sinergiche è comunque, come tutti gli strumenti, da customizzare e modulare sulla specifica situazione.

Letizia Ciuro

CFO | Controller | AFC | CRM | Analisi Funzionale | Innovazione processi | ISO | Lean thinking | Riclassificazione dati - Reporting

3 anni

Non so perché Fabrizio Salusest , il #BusinessDesign per me ha la capacità di "andare oltre", e riportare all'essenza del rapporto tra #Imprenditore e #Cliente. Per l’imprenditore, il rischio è elemento di opportunità e l'atto creativo e l’innovazione sono infatti per loro natura rischiosi. Osando con grinta si scoprono nuove idee di business e di progresso. E il cliente vuole questo, vuole essere stupito, meravigliato, portato avanti. Il resto dovrebbe essere a supporto della visione, per esplicitarla, correggerla, misurarla, dimostrarla, darle continuità...

Fabrizio Salusest

Consulente ESG, pianificazione, controllo, business designer

3 anni

Caro Simone facciamo un pò di storia. Il Business Design (BD) nasce come applicazione "Business" del “Design Thinking” "...che è un metodo, e al tempo stesso un approccio mentale. Si applica nelle sfide del problem-solving, ma esprime il suo pieno potenziale quando si applica alla sfida per eccellenza: l’innovazione." (tratto da un post di Gianluca Landone che su questo ne sa una più del diavolo). Il Design Thinking è stato sviluppato presso la Stanford University. Alexander Osterwalder nel 2004 consegue presso l'Università di Losanna , il PhD con Yves Pigneur con una tesi dal titolo "The Ontologia del modello di business: una proposta in un approccio alla scienza del design ". Nello stesso anno espone per la prima volta il suo Business Model Canvas (BMC) in un libro (in italiano "Creare modelli di business") che costituisce l'atto di nascita del BD. Il BD non si esaurisce nel BMC ma questo ne è sicuramente lo strumento fondamentale. Conclusione: il BD per origini e sviluppo, non ha niente a che fare con la BSC anche se ritengo, come ho ripetuto un’infinità di volte, che le due metodologie possano benissimo convivere. La sfida è nella loro integrazione, a patto che si riconoscano i limiti operativi di entrambi.

Per visualizzare o aggiungere un commento, accedi

Altre pagine consultate