LE START UP CHE FUGGONO DALL’ITALIA
Quello che i media non dicono sulle start up e l’attrattività dell’Italia
Altro che “grande attrattività per gli investitori esteri”, “rinascita e qualità della vita invidiabile”, “talenti e cervelli”. Che certamente sì, ci sono in Italia, ma che stanno fuggendo a frotte in cerca di lidi migliori. Come fanno le tanto coccolate start up tecnologiche.
Mi è capitato di leggere un rapporto molto interessante, pubblicato recentemente dalla fondazione non governativa EUROPEAN START UP INITIATIVE, e ho scoperto alcune interessanti verità e quanto la realtà sia diversa rispetto a come la dipingono i media.
La European Start Up Initiative è un progetto nato dall’idea di alcuni giovani ricercatori provenienti da vari paesi europei con l’obiettivo di fare una mappa dettagliata delle dinamiche localizzative caratteristiche delle nuove imprese tecnologiche. Un modo per visualizzare e identificare le Silicon Valley di casa nostra e quali città attirano più investitori e imprenditori. E quali, invece, no.
Come si legge sul sito ESI: “Il progetto ha l’obiettivo di visualizzare quali sono gli effetti positivi della competizione tra gli hub innovativi europei. Grazie ad una mappatura dettagliata dell’attrattività di questi hub in Europa, si scopre esattamente quale è la realtà, andando oltre i proclami e la cosmetica della politica. Crediamo che questo rapporto possa aiutare i decisori e gli amministratori così come i membri della comunità a prendere le misure necessari a rendere l’Europa un posto migliore per fare imprenditoria e avviare una azienda”.
Ma è leggendo il rapporto STARTUP HEATMAP EUROPE – un PDF di 28 pagine scaricabile gratuitamente sempre sulla homepage ESI – che si scopre l’amara verità.
Ne è venuto fuori un quadro molto più reale di quello che troppo spesso si ritrova nella “narrazione” dei media, che amplificano e distorcono la situazione a seconda delle necessità. Un quadro davvero triste per il nostro paese.
Ma andiamo con ordine. L’analisi condotta sui flussi in entrata nei vari paesi delle start up innovative, ha portato a questo incredibile risultato: al primo posto si sono collocati i Paesi Bassi che hanno fatto registrare nel 2015 un tasso di crescita del 31% di imprenditori in entrata provenienti da altri paesi. L’Austria, con un +20%, è al secondo posto. Terza la Gran Bretagna (+17%) e, a seguire Bulgaria (+13%), Polonia (+11%) e Germania (+11%).
Davvero significativo, invece, e forse non del tutto sorprendente, il dato sull’Italia: con un -29% il nostro paese ha avuto addirittura un deflusso di imprenditori. Un vera e propria “fuga delle start up” che hanno preferito localizzarsi altrove, viste le difficoltà che hanno incontrato e incontrano nel fare impresa nel Bel Paese.
Ma non è finita qui. Il rapporto si spinge oltre nell’analisi per verificare, attraverso un sondaggio condotto tra 700 imprenditori europei, quale location andrebbero a scegliere se potessero ricominciare d’accapo. I fattori che determinano la scelta sono la disponibilità di talenti e l’ecosistema innovativo in generale. Accesso al capitale di rischio e costo della manodopera specializzata sono fattori che, invece, incidono meno sulla scelta.
E come si collocano le singole città italiane in questa classifica? Non bene. Anzi male. Su un totale di 30 città europee, Roma è al 24mo posto e Milano viene subito dopo, al 25mo posto. Seguono Bucarest, Glasgow, Birmingham e Atene.
Un risultato davvero deludente che, oltretutto, contraddice quanto i blog della rete – quelli come Wired e TechCrunch – riportano nei loro post. Sia Milano che Roma vengono “sopravvalutate” da questi blog rispetto alla reale percezione che ne hanno gli imprenditori.
E, anzi, i ricercatori ESI hanno voluto approfondire e, sempre interpellando i fondatori di start up, hanno verificato quali sono, secondo loro, gli “astri nascenti” del panorama europeo delle città candidate a diventare hub tecnologici futuri. Anche in questo caso, attraverso una analisi di fattori che più o meno incidono sulle scelte localizzative degli imprenditori, Milano si rivela la peggiore dopo Dublino, Monaco, Stoccolma, Vienna, Copenaghen e Manchester.
Tutto ciò fa capire come, nonostante gli sforzi “pubblicitari” e di PR degli amministratori pubblici, gli imprenditori sanno benissimo dove andare ad investire e dove collocare la loro impresa.
Ma come spiegano questa débacle i ricercatori dell’ESI? Per dare una risposta alla domanda, e anche per fornire qualche spunto di intervento ai governi nazionali e locali per mettere mano alla situazione, hanno messo a confronto i dati da loro riportati con quelli dell’Index of Economic Freedom, l’indice di libertà economica di un paese.
E’, infatti, la libertà di fare business, di investire, di non dover aver a che fare con un sistema corrotto, che è strettamente correlata con la scelta localizzativa. In altre parole, il nostro basso livello di libertà economica si riflette tutto nella percezione negativa con cui gli imprenditori esteri vedono il nostro paese e la possibilità di vivere e lavorare da noi.
Organizzare “eventi” e incontri con gli investitori non aiuterà a rilanciare Milano come location per le start up innovative!
Consulenza e Formazione in Digital Marketing e Innovation. Design Thinking Professional. Investor. Forbes Under-estimated.
8 anniDel resto, tra i Paesi citati, almeno qui nell'articolo, il nostro è il più "ostile" a livello di ecosistema e di fiscalità. C'è poco da fare. Creare impresa vuol dire, anche, mettere in fila numeri e fare dei conti, se i conti non tornano è davvero difficile.
E sa quanto io sono stufo dei grillini e di chi ragiona come lei.
Forse non ha letto che io ci lavoro nel settore da 10 anni, il che non mi sembra si applichi anche a lei. Io le informazioni le prendo dalle decine di startup che seguo ogni giorno.
Articolo esageratamente e pretestuosamente negativo. Come minimo tanto negativo pro domo dell'autrice di quanto positivi possano essere altri. Io vivo nel mondo delle startup italiane da anni; che Valentina mi dia una telefonata se vuole sapere come stanno le cose visto che non mi sembra sappia niente a parte aver letto con occhi obnubilati da odio per l'italia, modello 5S, un rapporto di cui probabilmente ha letto solo qualche brano. Non solo non vedo questa situazione drammatica, al contrario con molti anni di ritardo rispetto agli USA e alle altre nazioni europee, finalmente anche in Italia c'è grande attività e soprattutto magnifico entusiasmo dei giovani. Per vostra informazione ci sono poi modelli di business, tipicamente nel cosiddetto mondo digitale, dove è interesse per le startup localizzarsi anche negli USA, ANCHE perché nella stragrande maggioranza dei casi i gruppi di sviluppo rimangono in Italia. Ma questo vale anche per le startup di altri paesi europei.