L’effetto lungo della pandemia sui giovani e il lavoro

L’Istat ha cominciato a svolgere qualche ricerca per la misurazione degli effetti causati da lockdown e pandemia, che hanno colpito, tra gli altri, anche i giovani studenti.

Ritengo che riguardi ogni persona il pensiero fisso che resta alla base delle tante incertezze, nel capire cosa è accaduto e cosa accadrà alle giovani generazioni.

Il tentativo di razionalizzare un’analisi di un tema così grande può avere obiettivi di puro approfondimento di dati, oppure tentativi di prospezione di idee per cercare di aiutare a trasformare il trauma subito in un punto di forza, non per cancellare ma per trasformare il possibile.

Penso che tre punti siano fondamentali per l’analisi:

• Cosa è mancato di più
• Cosa non si può più recuperare
• Ipotizzare esperienze per aiutare a intensificare passaggi formativi.

È interessante analizzare quali siano state le maggiori carenze sentite dai giovani studenti.

L’indagine ISTAT, identifica tre carenze in particolare: sport, uscite con gli amici e vacanze. Si direbbe che la sofferenza da mancata formazione non appare neppure nella lista, ma in ogni caso è stata la sfera esistenziale quella più sensibile e pertanto le risposte non fanno che confermare ciò che ognuno di noi poteva in qualche modo presumere.

Sempre dalla stessa indagine emerge che circa il 50% degli studenti non aveva una connessione stabile e quindi è molto probabile ipotizzare la stessa percentuale anche sulla concreta presenza remota al momento delle spiegazioni o degli approfondimenti su materie anche complesse.

Con due anni di formazione a distanza, credo che si sia fissata la netta distinzione tra contenuti da imparare e soggetti deputati ad accompagnare l’apprendimento. È risultato meno centrale il ruolo di professori e insegnanti, almeno nel subconscio dei ragazzi, e questo ha certamente ispirato la formazione fai-da-te o, in tanti casi, la “non-formazione”.

Ciò che non si può recuperare è certamente il tempo e i momenti passati rinchiusi in casa anziché con compagni e insegnanti, ma questo è un passaggio che la mente tende a cancellare velocemente. Piuttosto, la vera carenza è la parte esperienziale: non sono state allenate la capacità di relazionarsi, la capacità di gestire le criticità di una conversazione, la difficoltà nell’esporre un concetto davanti ad una platea di coetanei giudici.

Il tempo non recuperabile è anche quello di chi non ha, per condizioni o per voglia, cercato di condurre un regolare percorso di raccolta di nozioni e informazioni. Nell’era in cui si usa Wikipedia per tutto, potrebbe risultare poco significativo parlare di carenza di nozioni, tuttavia i metodi di studio e l’integrazione ordinata di concetti e informazioni non sono facilmente o spontaneamente dei percorsi che un giovane fa naturalmente.

Ipotizzare di trovare, per questa situazione, possibili soluzioni o tentativi di supporto integrativo dello stato d’animo e della maturazione di ogni individuo, è un’opera certamente complessa.

Esperienze lavorative dove sviluppare relazioni con gli altri, esperienze sportive con sport di squadra o comunque in contesti dove è obbligatoria l’interazione, introduzione di giochi di cultura per dare la possibilità, anche successivamente alla fascia scolastica persa, di tornarne in possesso.

Non ci sono formule magiche applicabili, tuttavia la generazione di chi oggi è nel mondo del lavoro e delle imprese, si deve interrogare su questa generazione di ragazzi che tra breve saranno lavoratori. 

È essenziale interrogarsi perché, già in questi anni, abbiamo il dovere di prepararli ad una serie di sfide che passano anche da una cultura di base minima. Insomma, sarebbe davvero un problema se un giovane cameriere di un importante ristorante di Roma avesse difficoltà a distinguere il Foro Italico dal Colosseo.