L'espulsione dell'Altro di Byung-Chul Han
Tratto da un'analisi di Stefania D’Amore
L'espulsione dell'Altro di Byung-Chul Han mostra la scomparsa della figura dell’Altro in un mondo dominato dalla comunicazione digitale e dai rapporti neoliberistici di produzione. La singolarità dell’Altro disturba, infatti, l’incessante circolazione di informazioni e capitali, e lasua rimozione lascia il campo al proliferare dell’Uguale, che favorisce la massima velocità e funzionalità dei processi sociali. Ma dove è promossa solo la positività dell’Uguale, la vita s’impoverisce e sorgono nuove patologie: l’inflazione dell’io imprenditore di se stesso genera angoscia e autodistruttività, l’esperienza e la conoscenza sono sostituite dalla mera informazione, le relazioni personali cedono il posto alle connessioni telematiche. Solo l’incontro con l’Altro,destabilizzante e vivificante, può conferire a ciascuno la propria identità e generare reale esperienza.
È per questo motivo che il saggio si chiude sottolineando l’urgenza della costruzione di una comunità umana fondata sull’ascolto e sull’apertura all’Altro.
"La rumorosa società della stanchezza è sorda. La società a venire potrebbe invece chiamarsi una società dell’ascolto e dell’attenzione. Oggi è necessaria una rivoluzione del tempo che dia inizio a un tipo di tempo completamente diverso. Si tratta di scoprire il nuovo tempo dell’Altro"
Un regalo coraggioso e prezioso, quello che la casa editrice nottetempo sta facendo a tutti noi lettori italiani, dopo La società della stanchezza e Psicopolitica. Il neoliberismo e le nuove tecniche del potere, traducendo non solo in maniera fedele, ma restituendo con passione e precisione il contesto ed il contenuto delle parole del pensatore coreano di lingua tedesca. Ancora una volta, infatti, Byung-Chul Han argomenta una lucida critica alla società contemporanea,contrapponendo la globalizzazione del pensiero e del corpo alla solitudine più intima: una sorta di isolamento di massa, dove tutti siamo soli, ma insieme. Un argomento molto sentito non solo dalla filosofia, basti pensare a Melancholia di Lars von Trier o alle riflessioni antologiche cariche di paura, angoscia e solitudine della serie televisiva britannica ideata e prodotta da Charlie Brooker, Black Mirror.
A partire dalla grande tradizione filosofica europea novecentesca e da Maestri come Heidegger, Barthes, Baudrillard e Lévinas, Han ci illustra il nulla della visibilità, emblema del modello anestetico che sta segnando il nostro presente, i rapporti interpersonali e la comunicazione. Il narcisismo ha trovato nell'era digitale, quindi, un importante terreno fertile sul quale erigere la supremazia dell'io.
"Si prende atto di tutto senza mai giungere a una conoscenza. Si ammassano informazioni e dati senza mai giungere a un sapere. Si bramano esperienze vissute ed emozioni eccitanti in cui però si resta sempre uguali. Si accumulano amici e follower senza mai incontrare veramente l’Altro"
Ecco che, quindi, possiamo accedere a qualsiasi informazione, in qualsiasi momento, eppure questo non ci rende esperti di qualcosa. Tra le mani abbiamo solo i granelli di sabbia di una conoscenza effimera e volatile. Rifiutiamo l'importanza ed il tempo della ricerca, della metabolizzazione delle informazioni e della cultura, rifiutiamo ciò che non sia tutto e subito. L'orizzonte dell'esperienza si fa, di conseguenza, limitato, angusto, stretto, piccolo.
Ecco che, quindi, l'illusione di essere collegati costantemente con chiunque, sempre, dovunque, comunque è la chimera di una condivisione intima e personale. Siamo sempre più portati a rinchiuderci da soli in communities che ci diano anche solo l'impressione di una comprensione, non cerchiamo un pensiero diverso con il quale confrontarci e grazie al quale crescere. Ciò che vogliamo è l'etichetta, il senso di appartenenza, l'uguale: fingiamo di comunicare, ma cerchiamo solo il nostro riflesso negli altri e la conferma di noi stessi. L'altro inteso come uguale, quindi, è solo un mezzo.
“A causa della sua positività, la violenza dell’Uguale si presenta come crescita, ma da un certo punto in poi, la produzione non è più produttiva, l’informazione non è più informativa bensì deformativa, la comunicazione non è più comunicativa bensì cumulativa”
Eppure, una soluzione è possibile: un Pensiero capace di essere coraggioso e di soffrire, laddove necessario, di gettarsi nell'abisso della riflessione e del vivere (citato anche dal poeta Lawrence Ferlighetti), “l’angoscia verticale, che si sveglia di fronte al totalmente Altro, all’inquietante, al nulla”, senza avere paura di un'idea diversa dalla nostra, di prendere una decisione anche sbagliata e, soprattutto, di fallire. Perché solo il concretizzarsi di queste paure ci condurrà ad un'esperienza reale e non sintetica, tangibile e non verosimile. Senza distogliere lo sguardo dall'Altro che abbiamo espulso