Letture (4)
Se fossi uno scrittore, io vorrei essere Gianni Rodari, non dico come lui, ma proprio lui, vorrei essere la sua persona tutta intera, un po’ come nel film che si intitola “Essere John Malkovic”, io vorrei “Essere Rodari” – magari in modo leggermente meno destabilizzante.
Rodari è per me un genio assoluto, mi sono innamorata di lui tanto da volergli rubare l’identità tanti anni fa, leggendo “C’era due volte il barone Lamberto”, una novella per ragazzi (chissà perché classificarla così…), assolutamente stupenda, una metafora delle età della vita che mai scorderò, una macchina del tempo attraverso il linguaggio e la parola, un libro, ancora una volta, sonoro, che vi invito ad ascoltare in podcast o audiolibro appena ne avrete l’occasione.
Ma non è di questa lettura che voglio parlare, vorrei invece spostare l’attenzione su “Grammatica della fantasia, introduzione all’arte di inventare storie”, che secondo me non dovrebbe mancare nelle letture di nessun insegnante – ma anche di qualunque altro professionista, dall’imprenditore all’astronauta, a dirla tutta -. Anche questo volume fa parte della collana Einaudi Ragazzi – e ancora una volta, mi chiedo perché… -. “Grammatica della fantasia” parla, attraverso il linguaggio giocoso di Rodari, di Novalis, di Propp, di Vygotskij, di tantissime cose, ma soprattutto del "binomio fantastico". Dice Rodari, di questo binomio:
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“La parola singola “agisce” […] solo quando ne incontra una seconda che la provoca, la costringe a uscire dai binari dell’abitudine, a scoprirsi nuove capacità di significare.”
Nuove capacità di significare: lo trovo semplicemente strabiliante. E lo sento così rivoluzionario perché in questa singolare capacità ci sono ancora tante cose dentro: Rodari parla dello spaesamento sistematico di Max Ernst, o ancora dello straniamento di Viktor Sklovskij ottenuto da Tolstoj nella sua narrazione; a me, personalmente, richiama alla mente i racconti di Gogol e la scrittura di Bulgakov (cft. Letture (3)); insomma, in questo binomio fantastico c’è materiale immaginativo, narrativo, lessicale, sintattico e logico che può durare all’infinito perché permette di far nascere una storia, molto semplicemente, una storia che immaginiamo, e l’immaginazione, per Rodari, non è facoltà separata della mente, ma la mente stessa.
Allora, armiamoci di binomi fantastici e immaginiamo narrazioni in grado di educare, meravigliare, sbagliare, ricominciare, estraniamo e scomponiamo in fattori primi gli elementi narrativi fino ad arrivare a quella che Rodari chiama la “sottrazione fantastica”, il minimalismo necessario per dar corpo alle cose, per isolare la loro apparenza dalla loro stessa esistenza.
Leggiamo Rodari più spesso: scomponiamo, riduciamo, rendiamo i nostri binomi fantastici leggiadri, materiali atti ad esplorazioni ambigue e pluridimensionali, per promuovere il libero vagabondaggio tra le molte storie che inventeremo a partire da ora, che leggeremo, lasceremo, troveremo e perderemo in cammino.
“Per conoscerci, bisogna potersi immaginare” dice ancora Rodari, e non c’è niente altro da aggiungere.