L'insaziabile sete di e per DRACULA
DRACULA (c)Netflix/BBC

L'insaziabile sete di e per DRACULA

...e le buone storie. Dopo Sherlock, un'altra brillante reinterpretazione di un classico: quando la buona scrittura si vede (ATTENZIONE SPOILER)


Non è Sherlock, ma c'è tutto Sherlock nel Dracula targato Bbc-Netflix. Questa rivisitazione del romanzo di Bram Stocker non sarebbe mai stata possibile senza essere passati da quella geniale rilettura del personaggio di sir Arthur Conan Doyle. Come ho avuto modo di dire parlando di What We Do In the Shadow, quello dei vampiri è un mondo dalle innumerevoli declinazioni narrative, forse più di altri soggetti fantastici o sovrannaturali. In questo Dracula troviamo le caratteristiche più classiche del Conte ideato da Bram Stocker, dalla brama di sangue all'odio per la luce del sole o per i crocifissi, declinate però in chiave inedita. Il Dracula di Mark Gatiss (che si ritaglia il ruolo dell'avvocato Reinfeild, come in Sherlock quello di Mycroft Holmes) e Steven Moffat offre una spiegazione inedita e certamente moderna a quei vecchi cliché, che diventano il simbolo di una atavica paura della morte che il vampiro non ha mai saputo affrontare. Dracula non può sopportare il sole e la luce che sono simbolo di vita, di un ciclo che si apre ogni giorno con l'alba e si chiude con il tramonto, e teme il crocifisso perché simbolo dell'estremo sacrificio. Come già dimostrato con Sherlock, Gatiss e Moffat hanno una inedita e straordinaria di rielaborare i classici stravolgendoli senza però traumatizzare il lettore (o spettatore più accanito).

Vero, ogni nuovo adattamento o remake apre a considerazioni su come oggi adattare property esistenti invece di creare storie inedite sia diventata "la via più semplice". Ma lasciamo da parte per il momento le riflessioni "tecniche" e godiamoci un buon racconto....

Geniale anche il rimando a Il ritratto di Dorian Gray: Dracula può specchiarsi, ma non vuole, perché il riflesso restituirebbe il suo vero volto, quello di un essere in decomposizione segnato dai secoli vissuti. Anche l'immagine del Conte, interpretato da Claes Bang (The Affair, The Square), è un continuo oscillare tra passato e presente, riferimenti classici e moderni: l'eleganza nell'abbigliamento e nei modi del Dracula interpretato da Bela Lugosi del 1931 unita a quella orrorifica sete di sangue della versione diretta da Coppola, messo alle strette infine da una Van Helsing donna, una suora brillante e pragmatica e fine conoscitrice della mente umana. Una mente che però può essere facilmente ingannata dal vampiro, in una sorta di Inception rosso sangue. Infine, il twist della seconda puntata: se nella prima e per buona parte della seconda si pensa di essere di fronte a una brillante rivisitazione della storia di Stoker ai tempi di Stocker, improvvisamente si viene catapultati ai giorni d'oggi, i giorni di Sherlock, potremmo dire.

E anche qui i riferimenti letterari vengono contemporaneamente stravolti e conservati. Prendiamo Lucy: se finora è stata rappresentata sostanzialmente come una giovane allegra e senza troppi pensieri, diventa qui la chiave – per Van Helsing – per capire il vampiro. Ecco, Lucy vive senza temere la morte ed è per questo che il suo sangue è così delizioso per il conte, lui che più di tutti i mortali ha paura del nulla eterno. Il finale resta aperto a diverse interpretazioni, ma soprattutto lascia intendere che – volendo – ci sarebbe margine per nuovi episodi. Non sono una fan dei sequel a tutti i costi, soprattutto di fronte a una storia così ben strutturata, ma, parlando di Dracula, la mia sete di grandi storie è implacabile (mai paragone fu più azzeccato, visto che per Dracula il sangue è anche fonte di conoscenza), quindi mi auspico e temo al tempo stesso una seconda stagione. Oppure un'altra grande storia.  La Corti

Disclaimer: quanto scritto rispecchia esclusivamente la mia opinione personale


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