L’utilizzo delle Password dei defunti: cosa dice la legge e perché è importante comprenderlo
- Tanto ho scritto le mie password su un taccuino per i miei figli.
- Ho le credenziali della zia, quindi posso entrare nei suoi profili.
Eh no, le cose stanno diversamente. Vediamo come.
Sono sempre di più le persone che, fortunatamente, prendono coscienza del valore della propria eredità digitale e del bisogno di tutelarla e proteggere se stessi e i propri cari. Ma essendoci ancora poca educazione digitale sul tema della morte online, le cautele artigianali utilizzate per salvaguardare i propri asset risultano avere dei problemi di validità strutturali.
Molti utenti ritengono infatti che il passaggio dell'eredità digitale sia fattibile semplicemente passando le password alle persone vicine in modo informale, come a dire: "i soldi sono sotto il materasso", o "l'album delle foto è nel secondo cassetto della credenza". Nel mondo digitale le cose non stanno così. Perché?
Perché tra gli utenti e i loro eredi c'è un terzo agente di mezzo, e quel terzo non è "agito" o passivo come un letto o un mobile del salotto, ma è attivo e pronto a tutelarsi a sua volta, passando da agente ad agitato.
Il terzo agente è il provider, ovvero il servizio software con il quale ogni utente stipula un accordo di utilizzo personale, che è garantito e accessibile attraverso credenziali esclusive e non cedibili a terzi.
Che cosa significa?
La password è, a tutti gli effetti, una credenziale strettamente personale. Cioè è legata in modo univoco al titolare dell’account a cui si riferisce e ne rappresenta l’identità digitale per quel determinato servizio. Come tale, una password non può essere trasferita ad altri né utilizzata nemmeno da parenti stretti o eredi.
L'utilizzo delle credenziali di accesso di una persona deceduta, anche con le migliori intenzioni come chiudere conti o gestire attività pendenti, può violare norme legali e contrattuali, perché le password si esauriscono con la morte del titolare.
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Quindi, se stai pensando di passare le tue password informalmente a un tuo caro, o al contrario di accedere agli account di chi non c'è più con le credenziali a te fornite, fermati. Non è il modo giusto per farlo.
Inoltre, se l'obiettivo è prendersi cura dell'eredità digitale, questo è di sicuro il modo più rischioso per farlo.
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I provider non sono ingenui e sono ormai in grado di riconoscere movimenti sospetti negli account di qualcuno, soprattutto (ma non solo) se il profilo è rimasto inattivo in modo anomalo per un certo periodo. Lì la punizione dell'agente-agitato può variare: si passa da un blocco totale dell'account fino all'invio di una segnalazione alle autorità competenti.
Secondo la legislazione, in molti Paesi accedere ai profili o ai conti digitali di una persona defunta utilizzando le sue credenziali può essere considerato un ingresso non autorizzato a sistemi informatici. Questo può persino figurare tra reati come la violazione della privacy o il furto d'identità. Anche se si accede per risolvere questioni amministrative o personali, la mancanza di una chiara autorizzazione legale rende tale azione illegale.
Negli Stati Uniti, per esempio, il Computer Fraud and Abuse Act (CFAA) vieta specificamente l'accesso non autorizzato a computer e sistemi informatici. Simili principi esistono in Europa e in molte altre giurisdizioni. Questo significa che, tecnicamente, entrare in un account utilizzando le credenziali di un defunto è un reato, anche se il fine ultimo è risolvere situazioni familiari o patrimoniali.
In poche parole: cercando di tutelare l'eredità digitale, si rischia grosso e, utilizzando le password del defunto, si rischia paradossalmente di perdere gli accessi a tutti i suoi account.
Che cosa puoi fare
Questi i nostri consigli.
Che cosa ne pensi? Quali altre soluzioni si potrebbero adottare o creare in futuro?
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