Manovie o isole di montaggio?

Manovie o isole di montaggio?

tmconline.it

Dopo i tanti pareri ascoltati durante questi giorni potrei affermare che ognuno, in base alla propria esperienza lavorativa, si è espresso a favore del sistema incontrato durante il suo cammino nei vari paesi nel mondo, Italia compresa. Per le mie esperienze personali nei vari calzaturifici italiani ed esteri posso affermare di aver incontrato veramente poche realtà basate sul sistema ad isola completa, soltanto una in India ed una in Toscana. Forse nessuna realtà con il sistema misto isola di montaggio e manovia a seguire. Di conseguenza tutti sistemi con manovia di montaggio (elettrica o manuale). Anche in qualche caso sporadico di fabbriche prive di manovia, i macchinari erano disposti in linea come se di fianco ci fosse ugualmente la linea di montaggio, come accaduto circa un anno fa durante la ristrutturazione di una nota firma dove è stato adottato quest'ultimo sistema. L'isola vera e propria che tutti oggi vedono come la soluzione ai problemi della produzione odierna italiana, non è altro che una soluzione miracolosa per controllare le scarpe minuziosamente ma totalmente priva di controllo dei tempi di lavorazione. Oggi le produzioni italiane sono molto ridotte ma ugualmente è necessario qualcosa o qualcuno che scandisca i tempi. Quel qualcuno può essere il direttore di fabbrica che però non può controllare i singoli tempi di ciascun operaio ad ogni singola scarpa; proprio così, perché i ritardi, anche pochissimi secondi, si accumulano e dopo otto ore si calcolano le reali paia perse durante il giorno.

Ritengo essenziale l’uso della manovia per le produzioni di media-alta qualità dove è necessario rispettare una produzione giornaliera. Manovie costruite in base al prodotto che andremo a lavorare, con appositi carrelli, regolate alla giusta velocità e caricate con i giusti prodotti alternati in base alle difficoltà. Soltanto in questa maniera i titolari potranno trovare il giusto compromesso tra produzione giornaliera e qualità, caricando in egual misura gli operai e dando a loro gli stessi tempi di lavorazione e pause individuando quasi immediatamente il punto dove la lavorazione soffre maggiormente a causa dell’alta difficoltà del prodotto e quindi aumentando una persona oppure a causa dell’operatore poco esperto o meno attivo/rispettoso a quel sistema o mansione; anche in quest’ultimo caso sarà dovere del titolare/direttore intervenire per risolvere il problema.

Gli impianti stessi che devono seguire i macchinari sono difficoltosi da progettare quando viene a mancare la linearità della manovia; mi riferisco all’impianto elettrico di alimentazione dei macchinari, l’impianto pneumatico, di illuminazione, per non parlare di quello di aspirazione centralizzata. Ho sentito dire che senza “l’intralcio” della manovia siamo più liberi di spostare le macchine come vogliamo. Infatti, senza la manovia, rimane sempre “l’intralcio” degli impianti che in egual caso dovranno essere modificati in base allo spostamento concordato.

Quanto sopra riportato ritengo di averlo detto in base ad esperienze vissute direttamente e indirettamente e non solo perché la mia azienda vende anche le manovie, come qualcuno ha insinuato e ci terrei in maniera particolare a visitare un’azienda “terzista” che ha adottato il sistema ad isola per smentire le mie malsane idee da venditore.


Daniele Ferradini

ShoesFactoryDoctor

GIUSEPPE ROCA

Collaboratore Uff. Tecnico, Officina e Produzione presso AGR solar tecnology s.r.l. MI/CZ

6 anni

a proposito i Giapponesi sono stati precursori eccezionali nei processi produttivi e hanno messo in campo tecnici e ingegneri a studiare soluzioni e accelerazioni, fino a pensare di evitare ogni movimento superfluo delle mani-braccia dai processi di assemblaggio educando gli addetti ad assumere un giusto atteggiamento mentale adottando i suggerimenti ricevuti e non scadendo in esasperazione persecutoria; il raggiungimento degli obbiettivi è la soddisfazione di tutti  per il risultato e il contributo del singolo. Auspico però che l'industria piccola o grande che sia, sia veramente grande nel prediligere al solo lucro esasperato, la qualità e il benessere di chi vi lavora, che sono uomini e donne di ogni età, queste sono persone. Mangiano e bevono, si vestono e curano il loro corpo, si spostano e viaggiano, amano, piangono, soffrono, ridono, si ammalano.... le macchine non potranno mai essere tutto ciò, neanche potranno essere classificate come consumatori della produzione di qualsiasi cosa come solo l'uomo fa in tutte le sue attività e nel suo essere ed esistere.

GIUSEPPE ROCA

Collaboratore Uff. Tecnico, Officina e Produzione presso AGR solar tecnology s.r.l. MI/CZ

6 anni

L'articolo denota competenza e obbiettività nell'esaminare le problematiche concorrenti al miglioramento produttivo e cercando un adeguato (se pur non perfetto) compromesso fra diverse esigenze e interazioni di più fattori ed elementi, avvolte non facilmente conciliabili e integrabili fra loro al 100%. Dalla mia esperienza sia come operaio (in settori diversi) che come manutentore, come formatore e responsabile della produzione, posso considerare che le tue valutazioni vanno proprio nella giusta direzione che tutti dovrebbero considerare. Infatti per ottenere un risultato soddisfacente per quantità e qualità della produzione non si può prescindere dal tener conto di tutti i fattori e gli elementi che concorrono nei processi produttivi; dalle risorse umane alle macchine agli strumenti, alla logistica e alla movimentazione, all'ambiente, all'illuminazione o alle temperature ecc ecc fino a trovare il compromesso accettabile o la possibilità di variare opportunamente alcuni di questi fattori per adeguarli a mutate (sia pur temporanee) esigenze di processazione o produzione. Concludendo l'elasticità mentale e la flessibilità all'adattamento e riadattamento dovrebbe contraddistinguerci dalla rigidità delle macchine che pur con la mecca-tronica stanno andando verso questa mutabilità, flessibilità e adattamento plurimi e poli funzionale. Noi siamo la macchina più intelligente per eccellenza: DIMOSTRIAMOLO nei fatti. Forse il vero handicap non è il ragionare e studiare problem-solving, ma l'ottusaggine, la presunzione, il preconcetto, l'invidia, la gelosia, la malignità, l'orgoglio; purtroppo contro queste peculiarità dell'essere umano non c'è ingegneria che risolva; forse un pò di sana e curativa psicanalisi non guasterebbe

Daniele Ferradini: ti voglio bene e ti ringrazio a nome di tutto il settore.

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